Rage
Strings To A Web

2010, Nuclear Blast
Heavy Metal

Tornano i Rage e lo fanno con l'ennesimo capolavoro della loro discografia
Recensione di Marco Ferrari - Pubblicata in data: 17/02/10

Se è vero che la virtù della perseveranza può essere definita come quel dono che rende l’uomo costante nel bene e lo sostiene nelle difficoltà, è probabile che il mastodontico Peavy Wagner sia caduto in giovane età in un pentolone pieno zeppo di tale qualità. I venticinque anni di storia della band tedesca ci hanno insegnato, in più di un occasione, che si può costantemente migliorare anche quando la grandezza dei propri lavori pare insormontabile.


Lasciata alle spalle la gemma non proprio splendente di “Carved In Stone “ i Rage hanno ritrovato il giusto spirito di squadra che li ha resi grandi e grazie a questa nuova intesa tra i membri della band (ricordiamo che alla vigilia dell’incisione di Carved In Stone Mike Terrana aveva lasciato il gruppo)  la musica presente in "Strings To A Web" non può altro che essere definita sublime.
Il disco è un concentrato di tutte le sfaccettature della band teutonica che non teme di esplorare i campi più vari che vanno dall’hard rock sino al thrash, passando per il power metal sinfonico ed il prog. La naturalezza e l’armonia di tali passaggi è stata gestita, ancora una volta, dalla maestria di Victor Smolsky, la cui importanza in fase compositiva è evidente. Tale presenza, fondamentale in seno alla band, evidenzia tutta la sua classe e la propria conoscenza della materia nella incredibile suite di diciassette minuti che caratterizza la parte centrale dell’album. “Empty Hollow” è difatti un brano di rara bellezza in cui alla  maestosità della Lingua Mortis Orchestra vengono alternati momenti di grande potenza e melodie vincenti. La parte strumentale del brano è senza dubbio la più sorprendente in quanto le  progressioni musicali presenti arrivano a lidi mai sperimentati con tale convinzione dai Rage.
Se “Empty Hollow” rappresenta il fiore all’occhiello del disco bisogna ammettere che anche il resto dell’album è particolarmente ispirato sia nei brani più aggressivi che nelle digressioni più melodiche come le accattivanti “The Beggar's Last Dime” ed “Hellgirl” nelle quali il sapore dell’Hard Rock californiano è forte.

Ovviamente non si può trascurare la produzione che, curata da Charlie Bauerfeind aggiunge ulteriore forza ad un disco al quale è praticamente impossibile muovere critiche e in cui tutti i musicisti coinvolti dimostrano doti superiori alla media e che convergono alla funzionalità dei brani e non nel mero esercizio stilistico (in tal senso è da applausi la prova di Andrè Hilgers alla batteria).


Ennesima grande conferma per i Rage che danno vita ad un disco emotivamente intenso e qualitativamente superbo che entra di diritto tra i migliori album di una delle discografie più importanti della scena metal.





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