Rage
The Missing Link

1993, Noise Records
Power Metal

"L'anello mancante nell'evoluzione del power metal"
Recensione di Luca Ciuti - Pubblicata in data: 06/01/18

Sulla carta il 1993 non era certo l'anno migliore per chi aveva voglia di metal. Discorso già fatto, lo sappiamo: mentre il nuovo decennio si stava portando via i punti di riferimento di un intero genere, Bruce Dickinson, Michael Kiske, Rob Halford, persino i Metallica prima maniera, nel vecchio continente il fuoco covava silenziosamente (si fa per dire) sotto la cenere: in Germania erano i cosiddetti "Noise Years", l'era della famosa etichetta di Berlino in cui band come HelloweenRunning Wild, Kreator, Voivod, Grave Digger, Celtic Frost avrebbero gettato i semi degli anni a venire.
 
Un po' in sordina, in mezzo a tutto quel ben di dio, figuravano anche i Rage, che nell'annus horribilis per il metal pubblicava il suo disco in studio numero sette dal titolo "The Missing Link": niente male per un combo capitanato da un cantante/bassista neanche trentenne, al secolo Peavey Wagner, il cui nome lasciava già intravedere una passione per la musica classica che sarebbe tuttavia esplosa poco tempo dopo. Nei primi anni di vita, i Rage erano passati da un rozzo speed/thrash a un power granitico, ragionato, che definiremmo "evoluto", lo stesso che più o meno ascoltiamo oggi. Nel 1988 la band passa alla formazione a tre elementi e rilascia dischi di tutto rispetto come "Perfect Man", "Secrets In a Weird World" e "Trapped" che contribuiranno a creare un nome e a imbarcarli in tour importanti fino al Giappone. "The Missing Link" è l'opera che convince del tutto anche la critica e resta ad oggi ancora uno dei dischi più amati dai fan. L'opener "Firestorm" ha tutte le caratteristiche del Rage sound, tellurica, quadrata, perfetta in ogni sua singola componente dai fraseggi del solo alle rauche melodie di Peavey. Gli echi thrash che ancora affiorano, vedi i riff di "Nevermore" e Certain Days", rendono il disco ancora più variegato, il paragone con certo power che avrebbe preso il sopravvento anni dopo resta impietoso, per profondità e tratti distintivi. "Refuge", "From The Underworld" e "Wake Me When I'm Dead" rappresentano invece la trazione anteriore dell'opera, laddove invece "The Pit And The Pendulum" e "Lost In The Ice" descrivono il lato oscuro del Rage sound, introdotte da sinistri arpeggi e accompagnate da testi evocativi. Già i testi, fra i vari meriti di Peavey e soci l'essersi lasciati alle spalle i cliché di un genere a favore di tematiche personali o di attualità, come nella stessa "Who Dares?" che, su un riff e un'andatura da applausi a scena aperta, punta apertamente il dito sul ritorno delle forze nazionaliste di stampo fascista.
 
I Rage rappresentano un anello decisivo nell'evoluzione del power metal e "The Missing Link" ne è stato, per un curioso gioco di parole, la prova concreta, al punto che oggi quella formazione si riunisce per sporadici show tributo sotto il moniker "Refuge". Dopo circa venti dischi in studio caratterizzati da una qualità soprendentemente costante, il minimo che possiamo fare è rendere loro merito riscoprendo autentiche gemme come appunto "The Missing Link".




Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool