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Electric Callboy – Tekkno

Facciamo un gioco: proviamo per un attimo a toglierci i panni di recensori/ascoltatori (o quello che più vi aggrada), ed indossiamo quelli del divulgatore televisivo. Fate partire la sigla (l’Aria sulla Quarta Corda di Bach fa sempre la sua figura) e guardate dritti in camera: il vostro pubblico di rockettari e metallari è lì, sul divano, ad attendervi in religioso silenzio; ma voi dovete parlare degli Electric Callboy, una band decisamente lontana dai canoni del genere trattato su queste frequenze, ed una parola fuori posto potrebbe porre fine alla vostra corsa ai Telegatti (sempre che esistano ancora, ovviamente). Lo sappiamo, si tratta di un duro lavoro, ma qualcuno deve pur farlo, e quindi vi domandiamo: come iniziereste la puntata? Quali parole scegliereste per dare il via al vostro discorso?

Ebbene, se dovessimo scegliere una parola per introdurre la band in questione, quella parola sarebbe “eccentricità”. Gli Electric Callboy sono delle “bestie strane”, dall’aspetto vistoso, dal portamento stravagante, emettono dei versi tanto melodici quanto rumorosi ma, soprattutto, sanno come arrivare sulla bocca di tutti.

I mesi a cavallo tra il 2021 ed il 2022 sono stati decisamente ricchi di eventi: dalla rimozione dei brani degli esordi da tutte le piattaforme di streaming (a causa dei testi irriverenti ed offensivi) al cambio di nome, dalla volontà di partecipare all’Eurovision (con un pezzo di cui vi parleremo a breve) alla loro clamorosa esclusione (a cui è seguita una petizione online di più di 100.000 firme per farli riammettere), senza ovviamente dimenticarci dei tanti videoclip che avevano lo scopo di prepare il terreno a “Tekkno”, il sesto album dei tedeschi. Per farla breve, delle due l’una: o avete vissuto in una caverna senza connessione ad internet, oppure vi sarete sicuramente imbattuti in una delle folli produzioni del gruppo.

Un avviso ai naviganti: chi avesse conosciuto la band attraverso i primi dischi, si ritroverà davanti una creatura completamente diversa, molto più rumorosa, tamarra, caciarona ed appariscente.

Come? Non ci credete? “Tekkno” è qui per farvi ricredere!

Avete mai visto una band metal presentarsi all’Eurovision con una canzone dalla una melodia catchy, ma con chitarre distorte e cantato in growl? A memoria d’uomo, non crediamo di ricordare niente di simile, neanche nei nostri sogni post-peperonata più arditi. Eppure, “Pump It” è esattamente questo: una hit radiofonica mascherata da pezzo metal (o un pezzo metal mascherato da hit radiofonica, fate voi). Se dopo pochi secondi i vostri piedi ed il vostro bacino inizieranno vivere di vita proprio, facendovi sfoggiare movenze da ballerino, non preoccupatevi: questo è solo l’inizio di un viaggio pieno zeppo di sorprese, ricco di momenti in cui ballare e/o lanciarvi nel mosh più selvaggio. “We Got The Moves”, numeri alla mano, è il primo vero successo del disco, e le sue 21 milioni di visualizzazioni su YouTube sono lì a testimoniarlo. La ricetta segreta è sempre la stessa: riff aggressivi e scream in quantità, a cui si contrappone un chorus che si piazza in testa e non va più via, con delle melodie da far invidia ai gruppi electro-pop più navigati e consumati.

Se, arrivati a questo punto, pensavate di aver individuato le coordinate artistiche di “Tekkno”, “Fuckboi” è qui per confondervi un po’ le idee. I primi due pezzi ci davano l’impressione di un ibrido tra pop elettronico e metalcore, mentre il terzo pezzo della tracklist sembra catapultarci nei primi anni 2000, in cui Avril Lavigne, Blink 182, Green Day e compagnia cantante dominavano le classifiche mondiali. Ebbene, “Fuckboi” si muove proprio in questa direzione: tanta melodia (molti meriti in questo senso vanno alle Conquer Divide, che hanno collaborato alla stesura del pezzo), qualche accenno di distorsione, un ritornello che è un marchio a fuoco ed una struttura semplice semplice. Si tratta sicuramente della nota più radiofonica del disco, ma la sua presenza fa capire chiaramente le intenzioni del gruppo: ghermire tutte le sfumature del mainstream.

“Spaceman” ci riporta sui territori che avevamo già esplorato in precedenza, ma con le rime sghembe ed apparentemente sconclusionate del rapper tedesco FiNCH che, nonostante la notevole differenza di generi proposti, si amalgamano alla perfezione, creando il primo di una lunga serie di saliscendi in queste assurde “montagne russe musicali” che rispondono al nome di “Tekkno”. L’elettronica, come avrete ampiamente compreso, è un elemento imprescindibile nella formula proposta dagli Electric Callboy , e “Mindreader” e “Parasite” ne sono l’ennesima riprova. Tuttavia, se le canzoni finora in esame vantavano una caratterizzazione maggiormente techno, i pezzi in questione potrebbero essere tranquillamente definiti un esperimento di trance-core… sempre ammesso che il termine esista!

Dopo un piccolo ed appagante tour in tutta una serie di generi musicali stupendamente vandalizzati dai nostri sei eroi teutonici, è ora arrivato il momento di tuffarci nel cuore pulsante di “Tekkno”: la doppietta “Arrow of Love” e “Tekkno Train”. Le due canzoni rappresentano lo spirito del nuovo corso degli Electric Callboy, esprimendone al meglio le caratteristiche e sprigionando un potenziale unico nel suo genere, capace di generare moshpit furibondi tanto ad un Festival Open Air quanto in una discoteca. Aggiungete a quanto finora detto dei testi a metà strada tra il demenziale ed il tamarro, e comprenderete quanto il gruppo non voglia prendersi sul serio, anzi: i Callboy prendono in giro tutti i cliché della musica più smaccatamente radiofonica e da classifica.

L’ultimo singolo estratto, “Hurrikan”, è lo specchio dell’anima del gruppo, capace tanto di toccare le melodie più ruffiane quanto di spingersi nel deathcore più estremo. Se non avete idea di cosa stiamo parlando, seguite il nostro consiglio: recuperate il videoclip ufficiale del pezzo su YouTube, cliccate il tasto “Play” e… preparatevi alla sorpresa! Sul finire dell’album credevamo che “Tekkno” non avesse più cartucce da sparare, ma ci sbagliavamo ancora; “Neon” chiude le dieci tracce del disco mettendo in mostra la vena più melodica della band, sfoggiando un euro-pop che lancia un messaggio inconfondibile: l’appuntamento con l’Eurovision è solo rimandato.

Volendo trarre le conclusioni da questo viaggio tanto breve quanto intenso, vogliamo essere chiari e diretti: la formula degli Electric Callboy la si ama o la si odia. L’album di cui vi abbiamo parlato è frutto di esperimenti musicali molto azzardati, un po’ come mescolare maionese e nutella, come schiaffare l’aceto balsamico sulla mozzarella, come mettere sul mercato un cornetto al gusto di pistacchio, salsa barbecue e avocado: o fai fuggire tutti o diventi il nuovo chef Cannavacciuolo. Proprio in base a quanto ora scritto, rimane chiaro che “Tekkno” non sia il disco del mese o dell’anno, questo dipenderà solo dai vostri gusti; quello che possiamo assicurarvi è che, tra i vari ascolti che questo settembre ci ha riservato, gli Electric Callboy sono quelli che dimenticherete con più difficoltà. Perché un’elettronica pacchiana alla Gigi D’Agostino con le chitarre distorte del metalcore e canzoni d’amore cantate in growl non si scordano facilmente, soprattutto se farcite da tonnellate di ironia. Per questa ragione, ci sentiamo di consigliare a chiunque almeno una corsa sul Tekkno Train, ma fate attenzione: potrebbe portare dipendenza… tanta dipendenza!

Tracklist

01. Pump It
02. We Got The Moves
03. Fuckboi (feat. Conquer Divide)
04. Spaceman (feat. FiNCH)
05. Mindreader
06. Arrow Of Love
07. Parasite
08. Tekkno Train
09. Hurrikan
10. Neon

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