Sono passati oltre quattro anni da quando abbiamo pubblicato il primo episodio de L’angolo oscuro. La rubrica, nata nel maggio del 2020, durante il primo lockdown, per tutto questo tempo, due volte al mese, ci ha deliziato con la proposta e l’analisi bimensile di cinque album di metal estremo usciti nelle due settimane precedenti. Per festeggiare il centesimo episodio della rubrica, abbiamo pensato di porre alcune domande sulla rubrica e sulla sua formazione direttamente a Giovanni Ausoni, redattore di SpazioRock e autore de L’angolo oscuro, per il quale ha, a suo dire, stretto un patto direttamente con il Maligno…

Ciao Giovanni, benvenuto! Per prima cosa, come ci si sente ad essere per una volta dall’altra parte del microfono?

Di getto, potrei utilizzare l’espressione di Diego Armando Maradona prima di Napoli – Milan del 1988, partita decisiva per l’assegnazione dello scudetto. Ai microfoni di un trafelato Giampiero Galeazzi che gli chiedeva cosa sentisse nel cuore, il fuoriclasse argentino rispose: “Una gioia immensa per essere qui”. A parte le citazioni calcistiche, capaci di riportarmi al fausto periodo della fanciullezza, direi che rappresenta un onore immenso parlare come ospite sulle pagine del magazine musicale per il quale scrivo da anni con grande piacere, anzi, visto il contesto, con “estremo” piacere. Certo, passare da intervistatore a intervistato risulta piuttosto singolare, ma, allo stesso tempo, è anche molto elettrizzante, dal momento che ho l’opportunità di sciogliere la lingua su ascolti personali spesso simpaticamente controversi.

Sono passati più di quattro anni da quando hai iniziato a scrivere L’angolo oscuro, la tua rubrica su SpazioRock dedicata alle migliore uscite in ambito metal estremo e siamo arrivati al centesimo episodio, quindi congratulazioni! Prima di tutto vorrei chiederti come è nata la tua passione per la musica e soprattutto per il metal estremo?

Grazie mille per i complimenti! Beh, la passione per la musica è nata verso la metà degli ’80 quando, ancora bambino, usufruivo dei dischi dei miei genitori, il cui contenuto, come puoi immaginare, non aveva nulla da spartire con il metal. A cinque anni la mente è ancora molto permeabile e – inconsapevolmente – ho imparato a memoria centinaia e centinaia di canzoni, per la maggior parte legate alla tradizione della musica italiana, specialmente quella a cavallo tra gli anni ’50 e ‘70. Un’esperienza d’ascolto formativa che, con il passare degli anni e grazie ad amici, conoscenze varie e ricerche personali, mi ha portato ad approfondire tutto ciò che andava oltre i confini nostrani. Ho bevuto alla fonte del passato, ma senza perdere di vista ciò che di nuovo veniva nel frattempo prodotto, anche in Italia. C’è da dire che, parallelamente, lo studio e la pratica del pianoforte mi avevano spalancato le porte della musica classica e, soprattutto, di una delle mie più grandi passioni ancora oggi, ovvero l’opera lirica. A tal proposito, sono stati i capolavori di Richard Wagner a favorire la mia attitudine auricolare verso determinate manifestazioni soniche. All’epoca, in tarda adolescenza, mi chiedevo dove avrei potuto ritrovare, nel contesto della forma canzone moderna, la complessità, la potenza sonora, la forza evocativa e il Romanticismo del teatro wagneriano: ebbene, il death e il black metal, pur in maniera diversa, risposero appieno alla mia domanda. Da lì in poi, è stato inevitabile l’inabissamento nel ventre marcio dell’estremo.

Nella vita di tutti i giorni sei un insegnante di storia e lettere. Anche considerato i lati storici, mistici e leggendari di cui, in alcune occasioni, sono pregni questi album, come si lega questa tua passione al tuo lavoro?

Il mio lavoro di docente è un osservatorio privilegiato per comprendere quali sono e come evolvono nel tempo gli interessi delle nuove generazioni e ho quasi sempre constatato che utilizzare i testi e la musica delle band per affrontare determinati argomenti può risultare, se ben calibrato, un metodo molto efficace, capace di canalizzare l’attenzione e la curiosità dei ragazzi. Spiegare la poetica di Charles Baudelaire attraverso l’opera omnia dei Mütiilation, uno dei gruppi decisivi per la nascita del black metal francese, parlare di Prima guerra mondiale con il death-doom dei 1914, unire la storia dell’Antico Egitto e il brutal dei Nile, è una sfida stimolante sia per i discenti che per il sottoscritto. E ho spesso assistito a delle conversioni musicali difficili da immaginare solo qualche mese prima l’avvio di queste particolari lezioni didattiche.

Ogni due settimane attraverso L’angolo oscuro ci suggerisci le migliori cinque uscite in ambito estremo. Ma quanti album ascolti ogni settimana per fare questa selezione? E quali sono le caratteristiche che ti colpiscono maggiormente in un album di questo tipo?

Cinque ore al giorno di musica non mancano mai, per un totale che più o meno raggiunge le trentacinque settimanali, di fatto un secondo lavoro. Questo quantitativo di tempo mi permette di ascoltare un buon numero di album che, però, seleziono in partenza secondo parametri ben definiti. Il tasso di violenza è di aggressività è un requisito certo gradito, ma non necessario a tutti i costi, dal momento l’estremismo può palesarsi in diverse modalità e seguire percorsi spesso sorprendenti. Le commistioni stilistiche hanno ormai abbattuto le differenze di genere, e se questo aspetto da un lato può far arricciare il naso ai puristi e ai conservatori, che in generale nel metal rappresentano un gruppo piuttosto cospicuo, dall’altro permette all’estremo di reinventarsi continuamente, una nicchia che, in quanto a freschezza, forse ha eguali soltanto nelle tante sfaccettature del post punk. L’originalità più di tutto, dunque, è ciò che in definitiva mi colpisce maggiormente e rappresenta la chiave per entrare tra le scelte della rubrica.

Quali sono i cinque album che consiglieresti a un neofita per avvicinarsi a questi generi?

Cinque album sono davvero pochi, ma proverò a dare una risposta soddisfacente. Per il black metal “Under A Funeral Moon” dei Darkthrone e “Paracletus” dei Deathspell Omega, due album che, volendo sintetizzare al massimo, rappresentano un po’ l’alfa e l’omega del genere. In ambito death senz’ombra di dubbio i Morbid Angel di “Altars Of Madness” e gli Ulcerate del nuovo “Cutting The Throat Of God”: anche in questo caso, suggerisco un paio di lavori che coprono un lungo lasso di tempo, in modo da far comprendere determinate sviluppi e mutazioni. Come ultimo disco consiglio quello di un gruppo che ho trattato ultimamente in rubrica, ovvero gli Oxygen Destroyer, che, in “Guardian Of The Universe”, frullano alla grande i generi estremi mentre la furia di Godzilla si abbatte sulla civiltà.

Da ultimo, sappiamo bene che sei esperto non solo di metal estremo, ma anche di moltissimi altri generi e tipologie di musica. Quindi, che tipo di musica ti piace ascoltare maggiormente quando Satana non ti sta chiamando a sé?

Come puoi immaginare, è difficile divincolarsi dalle spire voluttuose del Maligno, ma il patto che ormai ho stretto con Lui da anni e anni conserva delle clausole che mi permettono di divagare spesso e volentieri, sia nel mare magnum dell’estremo sia tra post punk, post rock, progressive, stoner, sludge, industrial e sue ramificazioni varie, soprattutto power electronics, harsh noise e neofolk, senza dimenticare l’heavy metal classico e il rock in generale. Ecco, a tal proposito faccio mia la massima del grande maestro Pino Scotto: “Non esistono i generi, esiste la musica buona e la musica di merda”. Ricordatevi sempre, però, che Satana origlia e prende appunti…

La tracotanza della cifra piena promette ulteriori nefandezze sonore.

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Concrete Winds – Concrete Winds (Sepulchral Voice Records)

È ancora una volta sotto i colori dell’etichetta tedesca Sepulchral Voice Records che il terribile duo dei Concrete Winds firma la propria ripresa delle attività con un platter omonimo parente stretto della cattiveria degli scorsi “Primitive Force” (2019) e “Nerve Butcherer” (2021). A questo giro, Jonatan Johansson e Mikko Josefsson hanno usufruito della sapienza di Lawrence Mackrory dei Rorysound Studios di Uppsala per la produzione, una collaborazione che, pur potendo sembrare, all’apparenza, un po’ singolare per il death parossistico e dai tagli grindcore dei finlandesi, riesce a infondere profondità e ampiezza a un radicalismo sonoro davvero con pochi eguali. Beninteso, le differenze restano sottili e non arrecano danno all’esito della campagna di distruzione di massa promossa dalla coppia di Helsinki, anzi, il tutto si carica di un’intransigenza ancora più robusta, come se un’isteria infernale avesse trafitto la carne e la psiche dei Morbid Angel, facendoli regredire a uno stadio di azione e reazione primitiva. Un disco non rivolto alle anime sensibili e ai puri di cuore né a coloro che amano una musica costruita attorno a strutture leggibili e dall’applicazione rigorosa: qui si distrugge, senza badare al peso e agli effetti della violenza.

Tracce consigliate: “Permanent Dissonance”, “Subterranean Persuasion”, “Demented Gospels”

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Gravenoire – Devant Le Portes Des Étoiles (Season Of Mist)

I Gravenoire non sono certo un’associazione di novellini, visto che la band è nata nel 2022 dell’incontro di diverse musicisti della scena oscura francese. A dire il vero, Maximilien Brigliadori, Emmanuel Zuccaro e RMS Hreidmarr costituiscono il nucleo centrale dei BÂ’A e, oltre a suonare già in numerose band locali, hanno deciso di fondare questa nuova formazione invitando l’ex vocalist dei Seth Vicomte Vampyr Arkames. Dopo aver trascorso, forse, una notte a pasteggiare vini e formaggi vari, i quattro moschettieri transalpini sono stati assaliti dalla nostalgia per il metallo nero della fine degli anni ’90 e dei primi Duemila, mettendo su così una formazione che potesse rievocarne, con testi in lingua madre e una produzione secca e priva di artifizi, la mistica e l’intransigenza. Ne viene fuori l’EP “Devant Le Portes Des Étoiles”, un lavoro che esplora le tradizioni spirituali del suolo francese attraverso un black metal furioso e dalle melodie fiammeggianti, allo stesso tempo malsano e imperiale, con pianoforte, tastiere e violino a punteggiare d’atmosfera malinconica e misteriosa i venticinque minuti del lotto. Nell’attesa di un album sulla lunga distanza, uno stuzzichino da non perdere per nulla al mondo.

Tracklist: “France De L’Ombre”, “Ordo Opera Cultura”, “Granit”

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Spectral Wound – Songs Of Blood And Mire (Profound Lore Records)

La scena musicale estrema canadese ci regala, da sempre, band tanto violente quanto catartiche, imbattersi nelle quali equivale un po’ a vivere quelle sensazioni che montano quando stacchiamo la crosticina da una ferita in via di guarigione. Tra le realtà più interessanti del suolo nordamericano spiccano gli Spectral Wound, quintetto in grado di portare avanti la rabbiosa tradizione underground della propria nazione per mezzo di un black metal nelle fondamenta gelido come la pietra, eppure, durante gli anni, capace di aprirsi a diverse sfaccettature. Il volto crudo di “Terra Nullius” (2015), le suggestioni melodiche di “Infernal Decadence” (2018), la mostruosità artica di “A Diabolic Thirst” (2021): tre ottimi LP grazie a cui il gruppo di Montréal si è ritagliato una buona porzione di consensi, con il brano “Frigid And Spellbound” a superare la soglia di un milione di riproduzioni sulle piattaforme di streaming. I québécois tornano, ora, con il nuovo full-length, “Songs Of Blood And Mire”, disco al solito intriso di richiami a vecchi Dark Funeral, Misþyrming, Sargeist, ma che si arricchisce di un’epicità occulta e orecchiabile in stile Bathory e Windir responsabile di ampliare ulteriormente il loro spettro sonoro. Il lavoro migliore dei negromanti del metallo nero.

Tracce consigliate: “Fevers And Suffering”, “Aristocratic Suicidal Black Metal”, “Twelve Moons In Hell”

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Sur Austru – Datura Străhiarelor (Avantgarde Music)

Situato al crocevia tra black, progressive e folk metal, “Datura Străhiarelor”è un concept album sull’Apocalisse innescata da esseri magici della mitologia rumena, scritto da dei Sur Austru che profondono grande cura dei particolari, musicali e narrativi, nel raccontare una storia popolare, vero frutto della propria nazione d’origine. Visto che il gruppo è figlio dei dai membri dei Negură Bunget, dismessi dopo la morte di Negru nel 2017, qualcuno potrebbe pensare a una stretta consanguineità tra le due entità, ma, a parte qualche somiglianza a livello atmosferico, il loro modo di interpretare il metafisico risulta piuttosto diverso, con la “nuova” band interessata a presentare un uomo che combatte furiosamente contro gli dei, mentre i tentacoli del soprannaturale cercano di insinuarsi nel cuore scavando crepe amare e pericolose. Un conflitto che dà vita a un album terroso, dalle chitarre dense e crostose, su cui impera la voce secca e talvolta gutturale di Tibor Kati, laddove bucium, flauto, toacă e strumenti tradizionali vari provvedono, con i synth a corredo, ad ammantare il tutto di un misticismo tanto antico quanto ancora tangibile. Evocativo al cubo.

Tracce consigliate: “Arartarea”, “Farmacarea”, “Ispravirea”

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Vomitrot – Emetic Imprecations (Personal Records)

Nati nel 2019 per volontà di tre musicisti che suonavano insieme nella formazione black/funeral doom dei Gravkväde, i Vomitrot, dopo aver fatto le prove generali con una demo, esordirono sulla lunga distanza grazie a “Rotten Vomit” (2022), un disco capace, a partire dal titolo e da canzoni come “Apex Vomit”, “Vomiting Unholy Gore” e “Upheaval Of Vomit”, di mantenere le nauseabonde promesse. Un debutto DIY che non è passato sotto silenzio nel mondo dell’underground estremo, suscitando gli interessi della label messicana Personal Records, responsabile, oggi, del patrocinio del secondo album degli svedesi, “Emetic Imprecations”, nel quale la band, rispetto al primo full-length, oltre ad assottigliare il numero delle tracce e del running time, ricama liriche che alternano la passione per il rigurgito al trasporto emotivo confronti degli uomini preistorici e delle loro aberrazioni plasmatiche. Ventisei minuti abbondanti in cui il gruppo percorre quella sottile linea di confine tra il war e il death metal, quasi degli Antichrist Siege Machine ancora più sporchi e disgustosi, con un gusto per il dettaglio cavernicolo davvero piacevole. I clan di Neanderthal si scontravano, evidentemente, a colpi di acido gastrico.

Tracce consigliate: “Envomited”, “Emptophilic Cro-Magnon”, “Heinous Sulphuric Phlegm”

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