Fuoco, fiamme e orgoglio pagano in quest’appuntamento oscuro di fine aprile.

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Antichrist Siege Machine – Vengeance Of Eternal Fire (Profound Lore Records)

Negli ultimi anni, gli Antichrist Siege Machine hanno consolidato la propria posizione di spicco nell’underground estremo sia grazie a un paio di album di indubbio valore come “Schism Perpetration” (2019) e specialmente “Purifying Blade” (2021) sia per una serie di date live negli USA e in Europa con Demilich, Emperor, Miasmatic Necrosis, Full Of Hell Spirit Possession. Il duo formato da RZ ed SB non rappresenta certo una band adatta ai deboli di cuore, visto che il loro caustico war metal continua ad accatastare prigionieri pure nel nuovo “Vengeance Of Eternal Fire”, la cui fisionomia sonora, di primo acchito e in maniera superficiale, richiama alla memoria le gesta di Beherit, Black Witchery, Blasphemy, Diocletian, Revenge. In realtà, benché la sostanza rimanga fondamentalmente la medesima di sempre, si nota innanzitutto qualche lieve differenza a livello di produzione, che, pur restando grintosa e tranciante, presenta un nitore capace di far apprezzare la raffinatezza di una proposta caotica soltanto in apparenza. A ciò si aggiungono degli hook carichi di groove, ritmiche di varia foggia e brevi rallentamenti doomy in modalità Archgoat e Incantation, aspetti che rendono l’approccio dei virginiani diverso da quello di molti colleghi, spingendo un sottogenere così ferale verso lidi un pizzico meno prevedibili e dogmatici. Un graditissimo ritorno.

Tracce consigliate: “Son Of Man”, “Piled Swine”, “Lysergic War Psychosis”

Baron Beneath The Blazing Abyss

Baron – Beneath The Blazing Abyss (Transcending Obscurity Records)

Profondi gorgoglii gutturali, muri di chitarre che ondeggiano e sbuffano, bassi capace di divellere intere città, assalti ritmici di inusitata violenza, melodie di impatto colossale, il tutto racchiuso in un’atmosfera dolorosa e lunatica: il death-doom finlandese ha un suono così distintivo nel mondo del metal da consentirne la subitanea riconoscibilità. Nell’alveo di tale contesto stilistico emergono i Baron, combo di Helsinki con alle spalle un paio di EP e una demo, che esordisce ora sulla lunga distanza in virtù del rilascio, sulla sempre attiva label indiana Transcending Obscurity Records, di “Beneath The Blazing Abyss”. Un debutto atteso nove anni, ritardato da qualche cambio in seno alla line-up, ma che, forse, arriva al momento giusto: il quintetto, infatti, dimostra una grande padronanza dei propri mezzi tecnici e compositivi, confezionando sette brani quasi del tutto privi di lacune, a parte una certa ridondanza rinvenibile nelle sezioni più meditabonde. Se da una parte i finnici pestano duri e serrati, incorporando, nel metallo della morte di fine ‘90/inizi Duemila, il groove e la fisicità dell’hardcore, un po’ sul modello dell’attuale scuola texana, dall’altra amano decelerare con fare lugubre e solenne, occhieggiando al percorso già intrapreso dai brasiliani Fossilization e dagli statunitensi Spectral Voice. Che l’Inferno si spalanchi fiammeggiante.

Tracce consigliate: “Primordial Possession”, “Infernal Atonement”, “Bound To The Funeral Pyres”

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Dauþuz – Uranium (Amor Fati Productions)

Per coloro che li conoscono ancora poco, sarà una piacevole sorpresa imbattersi nei Dauþuz, coppia alemanna il cui black metal dalla natura atmosferica e dai tratti pagan opera da sfondo a liriche incentrate sul mondo e la mitologia delle miniere europee, tematica decisamente originale in ambiti del genere. Uno stile rigoroso ed emotivamente carico, che da sempre trova terreno fertile in Germania, patria di formazioni come Eïs, Imperium Dekadenz, Infestus, Lunar Aurora, dalle quali la creatura di Aragonyth S. e Syderuth G. appare distante soltanto per questioni anagrafiche e non certo a causa del suo scarso valore artistico. Nell’aprile del 2022, la band pubblicò un quarto lavoro in studio, “Vom Schwarzen Schmied – Bergkgesænge”, che rappresentava la trasposizione pulita di “Vom Schwarzen Schmied” (2021), ricevendo plausi unanimi per la nuova versione. Con “Uranium”, ora, i teutonici raccontano alcune drammatiche vicende storiche intorno all’estrazione del metallo pesante che dà il titolo al lavoro, scandendo le varie tragedie attraverso dei suoni caldi, ma dai risvolti inquietanti, perfetti per riprodurre il microclima delle cave di bismuto. Arrangiamenti sobri e aperture acustiche contribuiscono a definire nei dettagli l’ennesimo ottimo album del duo tedesco, un’esperienza radioattiva da suggere senza alcun timore.

Tracce consigliate: “Radonquell 1666”, “Wüst Die Heimat”, “Uranfeuer 55”

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Kawir – Κυδοιμός (Soulseller Records)

I Kawir sono una delle band storiche che proviene da quella che rappresenta, con la Norvegia, la culla del metallo nero europeo, ovvero la Grecia, nazione madre di Rotting Christ, Varathron, Necromantia, Zemial, Nighfall e via dicendo. Della formazione del 1993, però, resta il solo Thertonax, visto che, a parte il cantante Porphyrion, in line-up dal 2005 con una lunga pausa nel mezzo, gli altri musicisti, tra cui il tastierista Dis Pater, mastermind dei Midnight Odissey, fanno parte del gruppo soltanto dallo scorso anno. Questo nuovo “Κυδοιμός”, il titolo del quale si riferisce a una delle personificazioni demoniache della guerra rintracciabili nella mitologia locale, mostra una gruppo già estremamente coeso, alfiere di un pagan black metal piuttosto orecchiabile e dal melodismo sanguigno, come tradizione mediterranea comanda, con spunti letterari presi dall’Iliade e influenze che vanno dai Falkenbach ai Marduk, senza dimenticare i Bathory del periodo viking. In generale, rispetto al passato, gli ellenici sembrano aver aumentato il tasso di aggressività, soprattutto nei passaggi più battaglieri, e gli stessi ospiti vocali, il tenore Ilias Zervas e il singer degli Yoth Iria Jim Mutilator con il suo ruggire collerico, costituiscono le due facce complementari di un album, se non olimpico, quantomeno fresco, epico e vigoroso. Bentornati!

Tracce consigliate: “Fields Of Flegra”, “Centauromachy”, “Echetlaeus”

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Korpituli – Pohjola (Korpituli Productions)

Dietro il monicker Korpituli si nasconde, in realtà, il solo Joonas Juntunen, padrone della Korpituli Productions e conosciuto con lo pseudonimo di Sovereign quando suona in altre formazioni (Alkuharmonian Kantaja, Iku-Turso, Khanus, Nachtvrucht, Universal Disorder, Wrathage). L’ultimo lavoro di questa valida one man band, “As Infinite Shadows Of The Night Sky” (2021), era un platter di metallo nero incentrato sul cosmo, ricco di effetti da studio capaci di trasportare la mente dell’ascoltatore in una galassia ignota, lontanissima dalla Via Lattea. Ma con il nuovo “Pohjola” si compie un viaggio a ritroso, già palese dall’artwork scelto per la cover, ovvero un dipinto di Albert Edelfelt, pittore finnico del XIX secolo che ottenne un grande successo in Francia prima di tornare nella nazione d’origine, dedicandosi a illustrazioni riguardanti vicende storiche locali. Il medesimo approccio di recupero delle radici, dunque, viene utilizzato dal musicista e compositore di Oulu, che infarcisce i dieci brani del lotto con un pagan black metal dagli intarsi folk, spesso vicino alla proposta dei Moonsorrow, irrorandoli di testi tratti dal Suomen Kansan Vanhat Runot, un’antica raccolta di canzoni finlandesi di varia tipologia e destinazione. Un disco davvero affascinante, figlio di un artista che ama a dismisura la propria terra e le sue tradizioni.

Tracce consigliate: “Pohjola”, “lalli”, “Sottajapaimen”

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