DAY 1 – 09/06

Altro giro altra corsa. Inizia il secondo fine settimana di Primavera Sound, stavolta con alcune seconde occasioni importanti (Gorillaz, Tame Impala, Jorja Smith) e tanti artisti che non vediamo l’ora si esibiscano. Dopo un primo weekend di fuoco, non ci aspettiamo di meno questa volta.

DRY CLEANING

Morivamo dalla voglia di ascoltare dal vivo il quartetto londinese, dopo che il loro LP d’esordio “New Long Leg” è entrato di diritto tra i migliori dischi dello scorso anno proprio tra le nostre pagine. E la prova live non ci ha delusi affatto: estranianti, ieratici, drammatici e a tratti vulcanici, i Dry Cleaning dimostrano di aver lavorato sodo durante questo anno. Il carisma di Florence Shaw incolla lo sguardo sulla band e, a parte i pochi veri fan, gli altri presenti si stanno domandando cosa stanno ascoltando. I soli di chitarra sono come una scossa ad altissima tensione, di estrazione black sabbathiana e suonano come sul disco. Psichedelici e brillanti, realizzano un’esibizione all’altezza della loro crescita musicale.

INTERPOL

Quando fanno il loro ingresso sul palco principale gli Interpol si ha l’impressione di essere di fronte a dei giganti. Paul Banks e i suoi iniziano il set con una “Untitled” suonata dal profondo del loro cuore, professionali e caldi, sembra che ogni nota porti con sé uno stato d’animo. Suonano anche i due nuovi brani “Toni” e “Fables” che sicuro spiccano per diversità rispetto ai classici di repertorio e che convincono abbastanza bene dal vivo. Ogni momento passato con la band è un macigno e al contempo un sollievo, inspiegabile questa contraddizione insita nella loro musica che sa in qualche modo essere catartica e unisce in un unico abbraccio.

SLOWDIVE

Al Cupra splendono come poche altre volte i mesmerici Slowdive, una band che ci mette anima e cuore in ogni secondo di esibizione. Incredibile vederli dal vivo in una nuova veste, mentre conserviamo di loro il ricordo di cinque ragazzi promettenti e proto-emo come nella copertina di “Souvlaki”. Ora invece i cinque sembrano non essersi mai separati. Molto concentrati vanno sempre avanti anche quando ci sono problemi tecnici molto percepibili. La loro musica è impattante, melliflua e in qualche modo purificatrice. Suonano i classici “When The Sun Hits” e “Alison”. Nonostante la chitarra sia in primo piano rispetto alla voce – al contrario di quanto accada nei dischi – l’effetto è sicuramente interessante. Chiudono con una cover spaziale di “Golden Hair” di Syd Barrett e sorridono mentre salutano il pubblico. E noi ancora increduli da ciò che abbiamo sentito e visto, rimaniamo ad applaudire.

Slowdive Primavera Sound

Slowdive, credits: Gaelle Beri

10/06 – DAY 2

Il gran giorno è arrivato. Quello che aspettavamo dal we1, l’esibizione sul palco dei The Strokes.

BRITTANY HOWARD

La frontwoman degli Alabama Shakes si esibisce sul palco principale Estrella Damm, accompagnata da un ensamble invidiabile, e si viene subito trasportati in una di quelle chiese cattoliche del sud degli Stati Uniti. L’attitudine tipicamente soul insieme a voce da vendere sono gli ingredienti di uno show di gran classe, degno di una vera performer. Suona per lo più brani dal suo album solista “Jaime”, per un set che dura meno di un’ora. La sua voce porta con sé gioia e dolore, estasi e graffio, come la Nina Simone di cui esegue una cover in chiusura del suo show. E se ci chiediamo come sia possibile avere i brividi con 30°, bisogna assistere a un’esibizione di Brittany Howard per capirlo.

THE STROKES

Quando arrivano le 23.00 non crediamo ancora che i The Strokes si faranno vedere, dopo la triste notizia della settimana precedente. Qualcosa ci fa pensare che non accadrà. E invece le luci si spengono e Julian Casablancas e i suoi salgono sul main stage del Primavera Sound 2022. L’attacco è con una “Bad Decision” rovinata da problemi di audio nei primi secondi, ma poco importa, la band va avanti e suona ancora più forte. Poi salutano il pubblico, Casablancas si prende il suo tempo, troppo, forse per lasciare lo spazio di cambiare l’attrezzatura, ma è una pratica costante durante tutto il concerto. Gilet, occhiali da sole e guantini da motociclisti sembra la skin di un personaggio di Tekken 3. Scherza sul covid, accenna qualche colpo di tosse, fa lo sbruffone tra una canzone e l’altra con l’atteggiamento tipico di chi prenderesti a pugni se foste in un pub. Però è il frontman degli Strokes, quella band di figli di papà di cui tutti vorremmo far parte, ed è anche per questo che li amiamo. Quando si suona non ce n’è per nessuno, molta interpretazione, tanta intenzione, grande scaletta e grandi canzoni. Si prosegue con “Hard To Explain”, e poi ancora “Selfless” dal nuovo album e a metà scaletta il momento che tutti aspettiamo: “Reptilia”. E si fa fatica a sentire la band tanto è forte il coro del pubblico. Casablancas preciso e diretto nel canto tranne qualche sbavatura nei falsetti. Si rotola sul palco, si trascina da una parte all’altra del palco e da spettacolo. Il resto della scaletta è semplicemente perfetta: “The Adults Are Talking”, sempre dall’ultimo album vincitore di un Grammy Awards, “You Only Live Once”, “Take It Or Leave it” e una inaspettata “New York City Cops”. Dopo un’ora e venti la band fa per andarsene, ma tutti sappiamo che l’encore è in arrivo. I 5 fanno il loro ritorno e suonano per la prima volta in 5 anni “Threat of Joy”. Esclusa solo “Last Nite”, suonata dai Tame Impala la settimana precedente sullo stesso palco. I The Strokes lasciano la scena acclamati da un pubblico mai visto così presente da inizio rassegna, confermandosi così la band che ogni festival dovrebbe avere.

THE SMILE

Spostandoci al Cupra è triste vedere come il parterre di fronte ai The Smile, sia poco affollato. Forse se sulla locandina ci fosse stato scritto Thom Yorke e Jonny Greenwood sarebbe andata diversamente? Rimane il fatto che i neonati The Smile, di cui fa parte anche Tom Skinner dei Sons Of Kemet, suonano incredibilmente bene a livello di sound. Sanno quello che vogliono e lo raggiungono ogni volta. Se vogliono la pesantezza sanno darla come nella devastante “Thin Thing”, se vogliono ipnotizzarci ci riescono come in “Pana-vision”. I tre sono totalmente padroni della resa finale, mostrando un’esperienza davvero invidiabile. Il concerto è perfetto da ascoltare sugli scalini del Cupra stage: i riff di Johnny Greenwood ti entrano nelle ossa, la voce di Yorke è irriproducibile e puntuale. L’unica cosa richiesta è l’attenzione, ma dandogliela si viene ripagati di tutto. Fenomenali dalla prima all’ultima canzone.

The Strokes, Primavera Sound 2022

The Strokes, credits: Christian Bertrand

11/06 – DAY 3

YEAH YEAH YEAHS

I primi headliner rock della serata sono gli Yeah Yeah Yeahs, trio newyorkese che nei primi 2000 ha avuto il suo exploit per poi sparire dai riflettori per qualche anno dopo l’uscita dell’ultimo album “Mosquito” (2013). Con un nuovo singolo e un album in arrivo a fine settembre, il trio capitanato da Karen O è pronto a un grande ritorno sul palco del Primavera Sound per far scatenare i presenti. La loro è energia da vendere: creano un live perfetto e non chiudono con Maps. Fanno ancora “Y Control”, la mega hit “Heads Will Roll” e rientrano con “Date With The Night”. Karen è un po’ una Johan Jett post Walkman, dallo stile pop punk e dall’animo assetato di musica. Ci lasciano senza fiato ed è esattamente quello che speravamo.

MOGWAI

Qualche ora prima della loro esibizione, abbiamo incontrato Stuart dei Mogwai per un’intervista e la voglia di vedere la band al completo sul palco era ancora più grande. Un live set preciso, emozionante e totalizzante quello del gruppo di Glasgow, alla sua seconda performance di questo Primavera Sound. Non sbagliano un colpo ed emozionano con la forza delle loro composizioni strumentali. Maestria e ingegno nella creazione del suono sono le loro carte vincenti.

VIAGRA BOYS

Altra band inclusa nei migliori lavori dello scorso anno, eravamo trepidanti nel vedere i Viagra Boys sul palco Plenitude. Un’apparenza super minacciosa nasconde in realtà un’attitudine che invita allo stare insieme, come detto dal frontman Sebastian Murphy: “Ieri non volevo suonare, ma poi mi sono ricordato di tutti voi ‘freaks’ e ho ritrovato le energie”. La loro musica è un concentrato sanguigno di potenza e stranezza, loop ossessivi e sregolatezza in cui basso, batteria e drum machine giocano la parte del leone. Il pit è scatenato e il pogo selvaggio, come si addice a concerti del genere. Puro divertimento, di quello che sogni vivere quando nessuno ti guarda.

MOLCHAT DOMA

Quando sono passate le due, eccoci catapultati nel mondo oscuro e jangly-wave dei Molchat Doma: un mondo fatto di synth ipnotici, bassi totalizzanti e la voce, monoespressiva e quasi robotica, di Yegor Shkutko. Un sottopalco pienissimo per il terzetto bielorusso, che non spende grandi parole ma va dritto al sodo, suonando pezzi dall’ultimo “Monument” e dal piccolo capolavoro “Etazhi” che i nativi digitali conoscono benissimo dai video su TikTok. Quando arriva il momento di “Sudno” e “Na Dne” cantiamo tutti le prime note. Loro scavano nell’industrial e nella new wave per cercare di ricavarne il loro posto nella musica, e lo trovano in una certa “freddezza calda”, una performance asettica nella sua esecuzione ma in un certo senso emotivamente impattante, che non può non farli entrare nelle grazie del pubblico e soprattutto dei più giovani vittime della sindrome dell’età dell’oro per una new wave che suona loro neo-vintage.

Yeah Yeah Yeahs Primavera sound 2022

Yeah Yeah Yeahs, credits Christian Bertrand

Finisce così un’avventura lunga tredici giorni, fatta di musica, spettacolo, sorrisi, sole e tanta allegria. Un festival sorprendente per la sua grandezza e affluenza, ma anche per un cartellone di tutto rispetto e, anche se l’organizzazione non è stata sempre perfetta, sempre divertente. Incredibile pensare a contesti del genere fino a pochi mesi fa. Finisce guardando l’alba dal Parc del Forum, tra le luci della scritta “Primavera Sound”, questa full immersion totale alla scoperta di generi e artisti del momento, alcuni noti, altri meno, e di una città capace di sorprenderti quando meno te l’aspetti.

¡Hasta la próxima!

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