Gus G. (Gus G.)
Expect the unexpected: ovvero dimenticate quello che pensavate di sapere a proposito di Gus, virtuoso della chitarra classe 1980 e una vita da film hollywoodiano, e lasciatevi stupire dal suo debutto solista.
Articolo a cura di Mia Frabetti - Pubblicata in data: 17/03/14

Quando e come è nata l'idea di "I Am The Fire"?

 

Penso sia iniziato tutto verso la fine del 2012, mentre ero in tour con la mia band, i Firewind. Avevo voglia di sperimentare sonorità diverse (dall'heavy metal) e di esplorare zone più vicine al rock classico, così mi sono rivolto a Mats Levén (che l'anno precedente aveva sostituito Apollo Papathanasio, oggi ex-cantante dei Firewind, nel corso del tour "Defiance Over Europe", ndr). Ovviamente Mats ha accettato, ma a questo punto i contorni del progetto erano ancora incerti - di fatto, avevamo solo un paio di canzoni e niente più. Solo quando Apollo ha lasciato i Firewind e il resto della band ha deciso di prendersi una pausa di riflessione ho avuto il tempo di prendere seriamente in considerazione l'idea di un disco solista... Ed è così che è cominciato tutto.

 

Come hai scelto i tuoi ospiti?

 

Non avevo una vera e propria lista di persone con cui mi sarebbe piaciuto collaborare - chiaramente sapevo che Mats sarebbe stato uno di loro, ma il resto dell'album ha preso forma poco alla volta, passo dopo passo. La mia seconda telefonata è stata per un altro amico, Tom Englund degli Evergrey, ma i restanti ospiti di "I Am The Fire" sono entrati a far parte del progetto uno per volta in base alle necessità del momento. Devo ammettere che Jay Ruston, che si è occupato del mixaggio dell'album, è stato fenomenale nell'aiutarmi a trovare le persone giuste, presentandomi parecchi amici, colleghi e persone con cui ha lavorato in passato... È stato lui, ad esempio, a suggerirmi i nomi di Jeff Friedl (batterista degli A Perfect Circle) e di Jacob Bunton (cantante della band di Steven Adler), mentre altri musicisti si sono uniti al progetto con l'intermediazione della mia casa discografica (la Century Media).

 

gus_g_2014_1_04Da altre dichiarazioni che hai rilasciato, mi sembra di capire che dietro la scelta di Jay Ruston come addetto al mixaggio ci fosse il desiderio di ottenere un suono imponente, caldo e un po' sporco, come quello dei grandi dischi rock di un tempo. Hai mai pensato di essere nato nella generazione o nell'epoca sbagliata?

 

Sì, suppongo di sì... Anche se non so dove sarei, o che fine avrei fatto, se la mia carriera fosse decollata nel 1984 anziché nel 2004! (ride) Ma se devo essere sincero non me ne sono mai fatto un cruccio: la mia vita e la mia generazione sono queste. Suonando con Ozzy in arene strapiene ho comunque avuto un assaggio di cosa significhi vivere in prima persona il grande sogno del rock'n'roll, e quanti musicisti della mia generazione possono dire lo stesso? Non molti. Non posso certo lamentarmi!

 

Hai scoperto qualcosa di nuovo su te stesso, lavorando a "I Am The Fire"?

 

Scrivere e suonare questo disco è stata un'esperienza catartica: in un momento in cui la mia vita privata stava subendo alcuni scossoni, mi ha dato l'opportunità di incanalare l'emozione in musica, e penso che il risultato sia appassionato, profondo e autentico... Anche un po' dark, in un certo senso. Ero abituato a scrivere canzoni completamente diverse da quelle contenute in questo disco: sono stupito del risultato, e anche molto orgoglioso.

 

A livello di testi, c'è un filo conduttore?

 

I testi di "I Am The Fire" provengono da persone ed esperienze diverse, anche se a volte avevo un'idea piuttosto precisa delle atmosfere o degli argomenti che volevo toccare. Ma le parole non sono la mia specialità, e desideravo che anche i miei ospiti dessero il loro personale contributo alle canzoni, mettendoci il cuore... Quindi penso che l'unico vero filo conduttore a livello tematico sia la vita - tutti i testi di "I Am The Fire" sono personali e al tempo stesso universali, capisci cosa intendo? Chiunque ci si può immedesimare.

 

Pubblicare un disco solista significa prendersi la libertà di fare ciò che si vuole, nel modo in cui si vuole. Com'è un disco fatto alla maniera di Gus, allora?

 

Il metodo di lavoro è sempre lo stesso: componi nel tuo studio, registri un demo, lo spedisci agli altri. Stavolta, però, non stavo scrivendo un nuovo disco dei Firewind, quindi non dovevo scendere a compromessi con nessuno e non c'erano limiti stilistici né regole da seguire. Quando formi una band vuoi creare qualcosa di unico, e vuoi diventare famoso per il tuo sound, il tuo stile; è quello che è successo con i Firewind, il che significa che i fan hanno determinate aspettative e che queste non possono essere tradite con cambiamenti radicali. Certo, se ascolti in sequenza "Between Heaven And Hell" e "Few Against Many" (rispettivamente primo e ultimo album dei Firewind, ndr) avrai quasi l'impressione di trovarti di fronte a due band diverse, ma al tempo stesso noterai una cifra stilistica di fondo che non è mai cambiata. Con questo voglio dire che, quando diventi famoso in tutto il mondo per un determinato motivo, devi rispettarlo: non puoi deludere i fan o voltare loro le spalle. Sono orgoglioso dei Firewind e dei risultati che abbiamo raggiunto, e non avrei mai voluto spingere la band nella direzione in cui si muove "I Am The Fire". Ma è vero che lavorare a un disco solista ti permette di fare quel che vuoi, come vuoi: un pezzo acustico, uno di shredding, un brano strumentale, una classica canzone rock - per "I Am The Fire" non mi sono posto limiti, e ho suonato qualsiasi cosa mi venisse in mente.

 

gus_g_2014_2Vista dall'esterno, la tua vita sembra quella del protagonista di "Rock Star" (film del 2001 con protagonista Mark Wahlberg in cui compare anche un giovane Myles Kennedy, ndr). Come ci si sente quando i propri sogni più selvaggi diventano realtà?

 

(ride fortissimo) Hai ragione, mi immedesimo in quel film, nel protagonista che fa un provino per gli Steel Dragon e si ritrova rockstar da un giorno all'altro! Anche la mia vita è cambiata per sempre quando sono diventato il chitarrista di Ozzy (nel 2009, ndr) - avevo una carriera anche prima, sai, suonavo già in giro per il mondo, ma non allo stesso livello. Ozzy è un tipo divertente, macina una battuta dopo l'altra, e ha una scorta inesauribile di aneddoti da raccontare - ovvio, con la vita che ha vissuto! È un tipo rilassato, di questi tempi: la gente pensa che conduca ancora chissà quale folle stile di vita, ma quando l'ho incontrato era sobrio, ed è sempre animato dalla stessa passione per la musica degli inizi.

 

Una volta raggiunta la vetta, hai mai guardato giù? Hai mai avuto paura di rovinare tutto ed essere costretto a tornare alla vita che conducevi prima di tutto questo?

 

Se devo essere sincero, mi sono sempre mantenuto con la musica; ho sempre fatto quello che volevo fare. Quando dico che Ozzy ha cambiato la mia vita per sempre non intendo dire che prima non fossi nessuno o non facessi niente: anche allora suonavo la chitarra e vivevo di quello. Certo, mi trovavo a tutt'altro livello, e con Ozzy ho vissuto un sogno a occhi aperti... Ma penso che in un modo o nell'altro avrei comunque dedicato la mia vita alla musica.

 

È vero che la fama non ti cambia, ma cambia le persone attorno a te?

 

Dipende dalle persone, prima di tutto. Personalmente non penso di essere cambiato, ma alcuni diventano delle grandissime teste di cazzo, è vero. Ed è vero che, nel mio caso, a cambiare è stata un sacco di gente intorno a me. Il mio stile di vita è sempre lo stesso, e io sono ancora il ragazzo che ero una volta - okay, adesso ho soldi a sufficienza per procurarmi tutto ciò che voglio, ma frequento gli amici di sempre, faccio ancora le stesse cose. Penso che all'inizio molte persone a me vicine abbiano avuto paura e che per questo mi abbiano trattato in modo diverso per un certo periodo... Ma poi le acque si sono calmate, e tutto è tornato alla normalità.

 

Dopo tutto quello che hai vissuto e sperimentato, è rimasto qualcosa sulla tua "bucket list" (lista di cose da fare prima di morire)?

 

Ovviamente! C'è sempre un altro disco da scrivere, un altro concerto da suonare. Mi piacerebbe incidere un altro album con Ozzy, ad esempio, e comporre delle canzoni con lui - ai tempi di "Scream" cercava solo qualcuno che suonasse le parti di chitarra, era già tutto scritto, quindi sarebbe grandioso tornare a lavorare gomito a gomito con lui. Ma chi lo sa? A maggio porterò "I Am The Fire" in giro per l'Europa, e per ora cerco solo di vivere il momento, di cogliere l'attimo e godermi quello che ho. È quello che dovremmo fare tutti, no? Il successo nel music business non è qualcosa che si possa dare per scontato.




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