Behemoth, Kataklysm, Aborted, Lyfthrasyr
03/11/07 - Rainbow Club, Milano, Milano


Articolo a cura di Stefano Risso

Una serata coi fiocchi al Rainbow Club di Milano, una serata da ricordare a lungo. Protagoniste alcune delle migliori formazioni della scena, che avrebbero fatto la gioia di ogni amante della musica estrema, premiate da un pubblico "sorprendentemente" numeroso. La speranza è che questo non sia un episodio isolato, viste le scarse affluenze che solitamente affliggono questi tipi di eventi. Ecco il resoconto del concerto. Buona lettura.


LYFTHRASYR

p1000043_01Tocca ai tedeschi l'onore e l'onere di aprire la serata, presentandosi sul palco con buona parte del pubblico ancora fuori dal locale e con i pochi gia all'interno non così partecipi all'esibizione. Del resto i nostri non fanno molto per attirare su di sé l'attenzione dei presenti, presentando il proprio black metal melodico in modo impeccabile, ma senza impressionare nessuno per capacità tecniche e presenza sul palco, e non per ultimo, per la qualità dei brani prodotti, abbastanza canonici e privi di particolari spunti. A difesa dei Lyfthrasyr bisogna dire che confrontarsi con i tre gruppi che seguiranno non è facile per nessuno e l'attesa per le successive esibizione avranno sicuramente fatto passare in secondo piano i nostri, seppur volenterosi. Venti minuti circa di musica ed è ora di lasciare libero il palco.

ABORTED

p1000061Sven de Caluwe aveva lasciato il pubblico italiano, dopo l'ultima esibizione nel bel paese, con la promessa di rivederci tra un anno e con un nuovo disco. Fedele alle proprie parole, ritroviamo gli Aborted freschi del quinto album e con una formazione nuovamente rivoluzionata, apparsa molto più precisa e compatta di quella un po' improvvisata della prima parte del 2006. Per fortuna, l'unica certezza indiscussa rimane la bravura del frontman, anche questa volta vero mattatore dello show, dimenandosi come un ossesso in lungo e in largo e sfoderando grugniti e urla di prim'ordine. Dopo un breve soundcheck si parte con Meticulous Invagination (da Goremageddon: The Saw and the Carnage Done) che saggia subito le qualità dei "nuovi" musicisti, con un Dan Wilding alla batteria a dir poco fulmineo. A dispetto di quanto mi sarei aspettato, il nuovo materiale non viene proposto in apertura, ma per attendere la prima traccia estratta dall'ultimo Slaughter & Apparatus: A Methodical Overture, Avenious, bisogna attendere un paio di pezzi. Nuovi brani che rendono bene dal vivo, ma non come i classici storici della band, a dimostrazione che anche in sede live, l'ultima fatica dei nostri si attesta (a mio avviso) leggermente sotto lo standard a cui la band ci ha abituato negli anni. Anche il pubblico in un certo senso sembra di questa idea, inaugurando il primo pogo della serata con The Saw And The Carnage Done, a cui ne seguiranno moltissimi altri, con Sven a far da regista in un paio di occasioni, incitando i presenti a disporsi sui due lati del locale, lasciando uno spazio vuoto al centro, per poi scontarsi violentemente al suo segnale. Un'esibizione pienamente soddisfacente, condita da una buona resa sonora, si chiude dopo tre quarti d'ora circa con una devastante Dead Wreckoning, e con l'arrivederci di Sven al prossimo anno. Sarà un piacere accoglierli nuovamente.

KATAKLYSM

p1000070Pochi minuti di attesa e i Kataklysm sono gia pronti sul palco. Precisi, rabbiosi, coinvolgenti, buonissimi suoni, insomma, c'è ben poco da obiettare alla prestazione dei canadesi, con un Maurizio Iacono spietato e all'occorrenza simpaticissimo nelle pause tra un brano e l'altro, intrattenendo il pubblico con argomenti cari a noi italiani, come il calcio (ha ammesso di essere juventino... "Non mi impiccate se dico di essere juventino?"), la famiglia ("Come diceva mio padre dalla Sicilia... Minchia!"), e con altri siparietti divertenti, incitando continuamente gli accorsi a scatenarsi il più possibile. Consiglio preso alla lettera, a vedere la "tonnara" che si scatenava sistematicamente a ogni brano. Una scaletta incentrata principalmente sugli ultimi lavori della band canadese, estraendo dall'ultimo In The Arms of Devastation, Like Angels Weeping (The Dark), Let Them Burn e Crippled and Broken. Grande merito ai nostri nel rendere molto più efficace la propria musica dal vivo piuttosto che su disco, lanciando bordate di "Northern Hyperblast" e stacchi melodici a profusione. Nessuna sbavatura o calo di energia, con le ottime 1999:6661:2000 da The Prophecy (Stigmata of the Immaculate), In Shadows and Dust, Beyond Salvation, Where the Enemy Sleeps... e Face the Face of War da Shadows and Dust, omaggiando Serenity in Fire con The Ambassador Of Pain, The Resurrected, As I Slither e la title-track Serenity In Fire. Anche per loro quarantacinque minuti abbondanti per un concerto tutto sostanza e passione.

BEHEMOTH

p1000217Tocca agli headliner porre il sigillo a una serata fin qui piacevolissima. Il palco viene allestito con la poca scenografia necessaria: il bellissimo microfono di Nergal, due loghi della band sugli amplificatori ai lati della batteria, e un tappeto ben assicurato sul palco. Minuzioso soundcheck, col solo Inferno a farsi vedere in borghese alle prese col proprio strumento (lasciando poi il posto a un roadie per andarsi a preparare). Finalmente le luci si abbassano e tuona trionfante l'intro Rome 64 C.E., i nostri si dispongono sul palco, per primo Inferno, in seguito Seth, Orion e infine Nergal. Gambe divaricate, sguardo verso il pubblico e via... Di lì a breve comincerà una delle migliori performance a cui abbia avuto il piacere di assistere. Per quanto convincenti possano essere state le formazioni che li hanno preceduti, i Behemoth hanno spazzato via tutti quanti, dimostrando di appartenere a una categoria superiore. Quattro invasati che non si sono risparmiati neanche per un istante, sprigionando un'energia e un'onda d'urto spaventosa, perfetti sia nell'esecuzione dei brani, quanto nella "spettacolarità" delle loro movenze, con la capacità di tenere il palco con grande carisma, coinvolgendo il pubblico ma rimanendo sempre cattivi, a dir poco indiavolati (giuro che in alcuni momenti lo sguardo di Orion faceva impressione), mantenendo quel giusto distacco che, a mio avviso, è essenziale in un concerto del genere. I sorrisi, i siparietti, e le battutine non sono nelle corde dei polacchi, i nostri si calano completamente nella parte, e lo fanno a meraviglia. L'inizio non poteva essere dei migliori, con Slaying the Prophets Ov Isa (tratta dal recente The Apostasy) subito si percepisce che tutta la band gira a perfezione, senza lasciare al frontman le maggiori incombenze sul palco (come era capitato con i gruppi in precedenza), ma spartendosi il compito sia con efficaci backing vocals sia in fatto di pura presenza scenica, mantenendo viva l'attenzione su tutti i lati del palco. Antichristian Phenomenon (da Thelema.6), e Demigod (dall'omonimo album) sono spettacolari, a cui segue l'immancabile From the Pagan Vastlands dedicata ai fan del repertorio più classico (parole di Nergal) della band.

 

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Con un salto di dodici anni si passa da Sventevith (Storming Near The Baltic) a The Apostasy con Prometherion, passando da Conquer All, per arrivare alla fantastica Christgrinding Avenue. A questo punto i nostri si prendono una piccola pausa, lasciando Inferno a esibirsi in un breve assolo di batteria, che non verrà ricordato certo per la fantasia espressa, quanto piuttosto per la velocità sempre maggiore dei blast beat eseguiti (con tanto di headbanging incorporato). Giusto per non far calare la tensione, alla ripresa i Behemoth sparano una delle cartucce più esplosive della propria discografia, ovvero Slaves Shall Serve, con un brutalissimo triplice assalto vocale sul finale. Non poteva mancare dalla setlist un album come Zos Kia Cultus (Here and Beyond), che echeggia nelle vesti di As Above So Below, per poi ritornare al passato con Summoning (Of The Ancient Ones), un estratto dall'ormai mitico e introvabile demo ...From the Pagan Vastlands. A questo punto Nergal annuncia l'arrivo di una lezione di storia con Christians To The Lions, a cui seguono la distruttiva Decade Of Therion e Chant For Eschaton 2000, entrambe da Satanica. Come da consuetudine, prima di eseguire quest'ultimo brano, i nostri si sono ritirati per qualche secondo, lasciando ancora da solo Inferno in versione "mangiafuoco", per ripresentarsi sul palco sputando sangue finto (schizzando ahimè chi gli stava davanti) e con un Nergal mascherato con la maschera adottata per il nuovo disco.

 

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Stiamo per giungere alla fine e i nostri non sembrano per nulla sentire la fatica, presentando una maestosa Sculpting The Throne Ov Seth e sul finale, una cover dei Turbonegro, I Got Erection, unica divagazione divertente a uno spettacolo di rara violenza e ferocia. Poche parole e gesti di ringraziamento e i nostri spariscono dietro le quinte. Un'ora circa in cui i Behemoth hanno dato l'impressione di aver trovato la quadratura del cerchio, con una line-up finalmente stabile e completa sotto tutti i punti di vista, e con una dimensione musicale ormai ben delineata e personale, perfetta sia su disco che in sede live, dove i vari tecnicismi sfoderati durante i brani venivano eseguiti con una naturalezza imbarazzante. Un leggero disappunto per i suoni, che a volte hanno penalizzato specialmente la chitarra di Nergal, raggiungendo l'apice in Sculpting The Throne Ov Seth, durante la quale il frontman ha redarguito pesantemente gli addetti alla consolle alla sua destra. Poco male comunque, dal momento che si è sentito di molto peggio in altre circostanze. Rimane poco altro da dire, tranne constatare che attualmente i possono considerarsi la migliore band estrema del pianeta.




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