Ancora una volta lo staff della Tsunami Edizioni si mostra lungimirante e per certi versi coraggioso nella scelta delle pubblicazioni, a differenza del colpevole ritardo o voluta cecità del resto degli editori italiani: scritta nel 2012, ma giunta tra le nostre mani qualche mese fa, "Confessioni di un Eretico - Tra sacro e profano nei Behemoth e oltre" (collana I Cicloni) si rivela una biografia trasversale ed imprescindibile per comprendere scelte e vissuti di Adam Darski, artista e uomo complesso, sprezzante, ironico, quasi mai scontato. Vera anima dei Behemoth. Celato (ma non troppo) dietro lo pseudonimo di Nergal, il musicista si mette letteralmente a nudo in un'intervista scritta a quattro mani dagli amici di vecchia data Krzysztof Azarewicz e Piotr Weltrowski e curata da Mark Eglinton per la versione estera, leggermente più ampia e particolareggiata rispetto all'originale polacca: gustoso corredo la prefazione di D. Randall Blythe, frontman dei Lamb Of God, personaggio scomodo e oggetto di molteplici vicissitudini e di cui sarebbe auspicabile un'operazione redazionale simile a quella testè analizzata. Ed è davvero singolare la sincerità che trapela dalle pagine del volume: confessione senza peli sulla lingua, qualche volta stereotipata, spesso sorprendente. Ne viene fuori un autoritratto che può lasciare probabilmente anche perplessi, ma sarebbe bugiardo negare il fascino e il carisma che emana l'indiscusso protagonista.
La musica senz'altro rappresenta un punto fermo, filo rosso che attraversa sin dall'infanzia la vita di Darski, dagli eroici e precocissimi furori punk al percorso che lo ha condotto, poco più che adolescente, dal black metal ribelle e rivoluzionario di matrice scandinava ("Facevi partire una cassetta, leggevi i testi e scoprivi che in qualche luogo del mondo esisteva qualcosa di simile a te. Non c'era distanza tra te e un ragazzo norvegese di cui ascoltavi la musica. Era a portata di mano. Gli scrivevi una lettera, e lui ti rispondeva. Su questo si basava la certezza di quella scena metal underground. Tutti eravamo teenager, al massimo ventenni. Eravamo tutti della stessa stirpe, ci legava. Quella era la nostra musica, e di nessun altro") a un death estremamente tecnico e brutale (e di successo), seguendo le orme, nei testi come nella quotidianità, di un satanismo filosofico senza compromessi, violentemente anticristiano e lievemente misantropico, teso all'affermazione dell'estrema libertà individuale e assetato di nuove sfide esistenziali. Sorta di narrazione distesa lungo tredici capitoli dai titoli fortemente evocativi e metaforici, che marciano non in ordine cronologico, ma alternando piani temporali intrecciati, la lunga chiacchierata affronta tematiche disparate, tra il frivolo e il profondo, testimonianza delle molte anime dell'ex ragazzino di Gdynia. L'odio verso la religione, i pericolosi sbilanciamenti giovanili in direzione nazionalsocialista, le complicate e numerose relazioni con l'altro sesso venate di misoginia ("Incontri qualcuno e inizialmente ne sei affascinato, e poi quando ti ritrovi in una situazione estrema, ti rendi conto che hai a che fare con una stronza. Niente te lo lascia presagire. È un'autentica oasi di pace, ama i bambini, gli animali ed è empatica... e poi di colpo esplode. Diventa cattiva e vendicativa"), il rapporto inesistente con il fratello maggiore Pawel ("Abbiamo la stessa madre, ma - sono semi-serio - non sono sicuro di nostro padre. Eravamo agli antipodi. Eravamo diversi in tutto, a cominciare dal carattere, fino al nostro stile di vita in generale. Io ero un bravo studente; non creavo grossi problemi a casa o a scuola. Mio fratello invece era un vero teppista"), quello tenero nei confronti dei genitori, l'influenza decisiva di Glen Benton dei Deicide sul mutamento di stile musicale, i momenti curiosi nei tour dei Behemoth, l'odio/amore verso la Polonia, la beghe legali, la cura del corpo, l'edonismo smisurato, la lotta vincente contro la leucemia, posta non a caso nella sezione centrale, raccontata senza alcun eroismo né pudore, il sofferto parto dell'album "Evangelion", il ruolo di giudice nel The Voice locale, i pettegolezzi sulla liaison con la popstar Dorota Rabczewska: ogni aneddoto, ogni tassello permettono di ricostruire, senza alcuna ritrosia o imbarazzo, i diversi livelli della personalità di un uomo intelligente e problematico, VIP apostata ed elegante. Nemmeno alcuni punti dove l'invenzione e l'esagerazione bizzarra prendono il sopravvento sull'onestà del resoconto, rovinano di certo uno stream of consciousness ininterrotto e seducente, capace di attrarre una fetta di lettori vasta ed eterogenea, non limitata ai soli metalheads e Behemoth-dipendenti. Forse tanti non apprezzeranno le sferzanti opinioni del buon Adam, ma attenzione: Nergal, re degli inferi, signore del fuoco e delle pestilenze, potrebbe amaramente punirvi.
"Perché la malattia dovrebbe modificare il mio punto di vista? È vero, questo è un periodo difficile per me, ed è dura non pensare ai massimi sistemi. Ma l'idea che io possa cambiare le mie opinioni, priorità e i miei valori a causa della malattia farebbe pensare a un'infermità della mente e non del corpo... quindi vorrei dire a quelle persone che intravedono la possibilità che possa infrangere le mie regole e andare contro me stesso a causa della malattia: neanche morto!" [Nergal]