Steven Wilson - Hand. Cannot. Erase. Tour 2015
30/03/15 - Teatro dal Verme, Milano


Articolo a cura di Stefano Risso

Come descrivere una serata perfetta? O meglio, quanto è difficile descrivere una serata perfetta senza abusare di superlativi assoluti o frasi fatte volte ad enfatizzare una prestazione eccezionale? Se siamo andati coi piedi di piombo per l’analisi del recente “Hand. Cannot. Erase.”, definendolo “solamente” un buonissimo disco, altrettanto dobbiamo farlo con la data milanese (da tempo, e non la sola del tour, sold-out) dell’"Hand. Cannot. Erase. Tour 2015" cercando di mantenere tutto l’aplomb del bravo redattore.

Anche perchè se dovessimo lasciarci prendere dall’entusiasmo a poche ore dalla conclusione del concerto, potremmo scrivere solamente “figata inenarrabile” e chiudere tutto senza rimpianti. Del resto gli ingredienti per una serata speciale c’erano tutti: un’esibizione attesa con trepidazione e altissime aspettative e una venue, il Teatro Dal Verme di Milano, perfetta cornice per soddisfare la necessità di intimità, di eleganza e di rigore richiesta dalla musica del buon Steven. Se a questo vi aggiungiamo un tardo pomeriggio primaverile, caldo e ventilato, senza dover fare code o attese particolari e un pubblico (almeno la metà oltre la soglia degli “anta”) finalmente pienamente educato e rispettoso, non possiamo che annoverare la serata tra le migliori performance che ci sia capitato di vedere.

swuk01081322_01Perchè va bene il contorno, ma la musica? Semplicemente giù il cappello. Se la meticolosità in studio di Wilson è cosa nota, lo stesso perfezionismo viene portato sul palco. Tutto finemente studiato eppure così naturale, senza forzature, riuscendo a far convivere una prestazione tecnica cristallina, da studio di registrazione, e il calore tipico che deve scaturire da un’esibizione live. In questo modo i numerosi estratti di “Hand. Cannot. Erase.”, protagonista assoluto della setlist, hanno dato davvero il meglio di sè, mostrando nuovamente tutto il ventaglio espressivo in dote a Wilson. Un concerto vibrante, giocato su buoni ritmi, incalzante quanto basta, spettacolare dal punto di vista visivo, ma con discrezione.

Forse la cosa più impressionante del concerto di ieri sera è stato apprezzare quanto la “semplicità” possa essere sufficiente per allestire un concerto memorabile. Certo a questi livelli artistici tutto deve essere perfetto e curato maniacalmente (la semplicità non è mai semplice), l’importante è donare al pubblico una sensazione di naturalezza, di una leggerezza figlia di una totale padronanza di ogni aspetto dell’esibizione. Un palco coi soli strumenti posti al punto giusto, un grande pannello alle spalle (dalla definizione delle immagini spettacolare) su cui sono state proiettati dei mini video inerenti al concept del nuovo album, oltre che degli altri brani presentati e un impianto audio/luci adeguato. Pochi elementi scenici ma di grande effetto, vedi il classico tendone semitrasparente calato tra palco e platea durante il primo encore (“The Watchmaker” e “Sleep Together”) usato sia per evidenziare le figure dei musicisti, sia  come tela per proiettare video, che hanno fatto da contorno a una band che ha saputo valorizzare al meglio quanto concepito per lo show.

Anche in questo caso un elogio alla misura, alla pacatezza, alla serenità, lasciando che l’enorme talento della band arrivasse con calma, senza la necessità di mettersi in mostra più del dovuto, certi che tante grandi piccole finezze (ad esempio i numerosi assoli di Govan sono stati pura magia) fanno alla lunga più effetto di una conduzione sopra le righe. Del resto mettersi infatti a giudicare musicisti del calibro di Adam Holzman (tastiere), Nick Beggs (basso e champman stick), Marco Minneman (batteria) e Guthrie Govan (chitarra solista), oltre che del “tuttofare” Steven Wilson, potrebbe quasi sembrare irrispettoso (per la serie “chi siamo noi per giudicare”), quest’ultimo come sempre a piedi nudi, davvero dentro l’esibizione, simpatico nell’intrattenere il pubblico e così attento ad ogni dettaglio da arrivare a scusarsi se la mancanza della cantante Ninet Tayeb, assente per maternità, non avrebbe fornito la miglior prestazione possibile, dovendo affidarsi a una registrazione sul suo fido laptop.

 

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Una serata perfetta dicevamo, che giustifica pienamente la sempre crescente considerazione di Steven Wilson nel panorama prog odierno, un guru sia un studio che on stage. Applausi scrocianti e una lunga standing ovation, speriamo un arrivederci a presto per un nuovo grandissimo evento.




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