Steven Wilson
Grace for Drowning

2011, Kscope Music
Prog Rock

Se non fosse ormai inflazionata, potremmo azzardare la parola capolavoro
Recensione di Stefano Risso - Pubblicata in data: 22/05/12

Infaticabile. Rimanere aggiornati sulla produzione di Steven Wilson, sia come musicista che come produttore, potrebbe rientrare in una nuova disciplina olimpica. Tanto vasto è l’impegno dell’artista inglese che potrebbe scappare qualcosa, a furia di leggere il suo nome ci si potrebbe fare quasi assuefare all’idea del suo zampino... Per questo vogliamo mettere le cose in chiaro: “Grace for Drowning” è uno di quei capitoli che non si possono dimenticare o passarci sopra con disattenzione, nella maniera più assoluta.

Il secondo album solista del leader dei Porcupine Tree, a tre anni da “Insurgentes”, è un’opera mastodontica, molto probabilmente il full-length che più riconcilia col talento di Mr Wilson, negli ultimi tempi forse troppo impegnato per concentrarsi a dovere sulla propria musica. Anche se a onor del vero, il seme del successo di “Grace for Drowning” potrebbe rientrare in una delle attività collaterali del nostro, ovvero la rimasterizzazione dei dischi dell’epoca d’oro dei King Crimson, oltre che di "In The Land Of Grey And Pink" dei Caravan e "Acqualung" dei Jethro Tull. Insomma, dischi di poco conto, che devono aver messo la pulce nell’orecchio a Steven, spingendolo a creare il lavoro più smaccatamente prog rock della carriera, instillandogli una vena creativa impressionante per quantità e qualità.

Un album vintage, dai toni caldi e rilassati, echi jazz e psichedelici, un personale omaggio al prog che fece storia, senza scadere in uno sterile citazionismo. Certo la figura imponente di Robert Fripp c’è e si sente tutta, dall’utilizzo dei flauti e del sax, alle progressioni di un brano capolavoro come “Raider II” (un mini album nell’album), oltre al mood generale di chiara derivazione crimsoniana (e non solo, gli immacabili Pink Floyd e Genesis non rinunciano a pervenire). Tutto questo senza rinunciare al proprio personale stile, in modo da non creare un delta troppo importante con la band madre Porcupine Tree. Un’opera divisa in due, più calda la prima parte, più sperimentale e più prog (nel senso etimologico del termine) la seconda, un cammino di oltre ottanta minuti non esente da “lungaggini”, che in una visione unitaria di “Grace for Drowning” non sminuiscono minimamente il risultato.

Il secondo tassello dell’ideale trilogia formata con “Heritage” degli Opeth e col debutto “Storm Corrosion”, “Grace for Drowning” riesce maggiormente nella rivisitazione personale di un determinato e importantissimo periodo storico/musicale, arrivando a penetrare quel sound dalle radici e renderlo se possibile moderno e attuale (se non fosse già attuale di suo), in una parola “wilsoniano”. Come se Steven fosse riuscito nell’opera di restauro rimanendo al contempo più fedele e propositivo allo stesso tempo. Un disco destinato a segnare in modo importante la scena prog dei giorni nostri, mastodontico nella lunghezza, nella profondità, nella line-up coinvolta, nella cura degli arrangiamenti (ecco come si dovrebbe sempre utilizzare un’intera orchestra) e dell’artwork. Se non fosse ormai inflazionata, potremmo azzardare la parola capolavoro.

 

NB: è disponibile anche una versione Deluxe con un terzo cd aggiuntivo.





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