Kari Rueslatten
Spindelsinn

1997, GMR Music Group
Folk

Recensione di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 27/05/10

Kari Rueslåtten è stata la prima vocalist dei The 3rd And The mortal, pionieri dell’atmospheric metal, dal 1993 al 1995. Kari fu una delle prime donne a calcare la scena gothic metal e la sua figura ha sicuramente contribuito a dar vita a quella scena oramai arcinota di female fronted metal band che, oggi come oggi, affollano l’universo musicale. Evidentemente Kari non si riteneva in grado di esprimere la musica che realmente le apparteneva, confinata in un ruolo che non si sentiva addosso (nonostante i The 3rd And The Mortal fossero una band altamente sperimentale ed artisticamente molto libera) ed è per questo che, dopo due anni di silenzio dallo split con la band (siamo nel 1997) rispunta sulla scena in veste di solista con questo “Spindelsinn”. In realtà, l’esordio solista di Kari risale al 1995, anno in cui cominciano a circolare delle demo, raccolte dalla GMR nel 1997 in un vero e proprio album denominato “Demo recordings”; tuttavia, è Kari stessa ad affermare che il suo esordio vero e proprio è rappresentato da “Spindelsinn”.

Si parte subito alla grande con “I Manens Favn”, dove una sezione ritmica inquieta ed un arpeggio di chitarra acustica nervosissimo ci trascinano subito nel personale mondo di Kari. La successiva titletrack prosegue lungo la strada dell’eccellenza: un violino tutto elettronico e campionato ci accompagna verso un ritornello così coinvolgente, da rendere “Spindelsinn” una delle hit più grandi di tutta la carriera solista di Kari. Già con queste due tracce iniziali, la voce si dimostra versatile, ricca di colori e sapori, dotata di un ampio spettro e di grande capacità interpretativa. Sebbene i testi siano tutti in norvegese, si riesce comunque a percepire con chiarezza l’emozione che governa la canzone, ed è tutto merito di una questa voce che sa essere, all’occorrenza, sia decisa e determinata, che dolce e carezzevole. Con “Skogens Kjole” riprendiamo il discorso musicale introdotto dall’iniziale “I Manens Favn”, seppur con risultati meno convincenti. Tempo quindi di rallentare i ritmi, e con “Agatha” Kari riesce, con la sua struggente interpretazione, a renderci partecipe dei tormenti di questa donna.


“Trollferd” è la traccia più oscura dell’album, quella più simile ai “Demo Recordings” e, quindi, più vicina forse al passato di Kari. Qui la foresta è umida, fredda, abitata da oscure figure riunite attorno ad un fuoco, dedite ad un affascinante rito pagano. “Vintersol” è un’altra canzone che, sebbene ben riuscita, non convince fino in fondo, merito forse di una costruzione musicale troppo semplice e lineare rispetto a quanto sinora proposto. Con “Jeg Kommer Inn” la parola capolavoro non viene usata a sproposito: una ballata per solo piano, violino e voce, di una dolcezza così struggente, che Tori Amos ucciderebbe oggi per avere un decimo dell’ispirazione e dell’intensità emotiva espressa con questa canzone. “Hor Min Sang” è un magnifico crescendo tessuto in un caldo tappeto di elettronica, dove la sezione ritmica si inserisce con chirurgica precisione durante il ritornello per una canzone di grande impatto, mentre con “Som Av Meg” ritorna il pianoforte come protagonista ed ancora non è possibile rimanere impassibili di fronte a questa voce, così sussurrata eppure così carica di un dolore straziante. “Nordnatt” è una conclusione puramente folk, ed ancora una volta il nome 3rd And The Mortal torna alla mente, nonostante la traccia prosegua forse in modo eccessivamente dilatato. Come bonus track della riedizione della GMR, troviamo quindi due brani live: “Spindelissin” e “I Manens Favn”, che ci fanno rimpiangere il fatto che Kari non varchi quasi mai i freddi confini della sua terra natia durante i suoi (brevissimi!) tour promozionali.

Possiamo quindi affermare che la musica di Kari Rueslåtten è al contempo emozionale come la più sanguigna Tori Amos, fredda ed elettronica come la più glaciale Björk e folkloristica come la più dispettosa fata di un bosco della sua Norvegia (no, non una di quelle fatine carine alla Peter Pan; parliamo di una fata terrosa ed arcigna, come vuole l'antica tradizione nordica). Questo album, il più folk di tutta la sua carriera (tant’è che il cantato norvegese è un esperimento che rimarrà confinato a questo “esordio”), è il miglior biglietto da visita che si possa desiderare per un’artista che sa comunicare molto, soprattutto a chi cerca emozioni nella musica che ascolta.





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