Kari Rueslåtten
To The North

2015, Despotz Records
Folk Pop

Recensione di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 10/10/15

C'è un fatto che circonda la fase 2.0 della carriera solista di Kari Rueslåtten (quella che, con "Time To Tell", ha posto fine a quasi un decennio di lungo silenzio), una caratteristica che non si può ignorare nel momento in cui si è chiamati a valutare "To The North", settimo inciso in studio della cantante norvegese.

 

La Nostra, difatti, ha percorso con fierezza, agli inizi della sua avventura post-The 3rd And The Mortal, un sentiero estremamente tortuoso: iniziando con l'esplorazione del folk su "Spindelsinn" (unico album cantato in norvegese sinora), mettendo poi maggiore enfasi sul pop col successivo "Mesmerized" e salvo poi ricredersi con la glaciale elettronica minimale di "Pilot", la Rueslåtten ha trovato la quadratura del cerchio di tutti questi elementi all'apparenza così distanti con "Other People's Stories", disco di 10 anni fa e su cui tutte le poliedriche anime musicali dell'artista danzavano all'unisono in splendida armonia.

 

Troppo ebbri nel veder tornare in scena una voce ed un'interprete unica del panorama musicale, non ci eravamo accorti, solo un anno fa, che "Time To Tell" nulla aggiungeva e nulla toglieva ad un manifesto sonoro già dipinto troppi anni addietro; oggi, però...oggi non possiamo far finta di nulla e dobbiamo fare i conti con una dura realtà.

 

Ad un primo ascolto, "To The North" è disco che riesce per un momento a sorprendere l'ascoltatore grazie ad un'attitudine maggiormente elettrica e "post", una vibrazione rock che si manifesta nelle chitarre elettriche del singolo "Battle Forevermore", nella scelta della cover di "Turn, Turn, Turn" dei The Byrds e, soprattutto, su quella "Mary's Song", vera e propria elegia country-blues ammantata da una morbida ritmica di spazzolati.

 

Tuttavia, al procedere degli ascolti e tolto quel sempre meraviglioso effetto speciale che è la voce della Rueslåtten (un ideale punto di incontro tra la algida severità di un'austera soprano e la più carezzevole, calda e delicata voce pop), quell'entusiastica impressione iniziale si placa inesorabilmente, e ciò che rimane in sua vece è una sensazione davvero troppo ingombrante - e non più ignorabile - di déjà-vu. 

 

E' proprio una questione di sound - e del paesaggio emotivo e naturale tratteggiato con esso: gli afflati di flauto di "Three Roses In My Hand", la danza lisergica del richiamo vocale della titletrack, la luce che si intravede nelle foreste plumbee di "What We Have Lost" e "Letting Go": sono tutti elementi già abbondantemente esplorati e proposti dalla Nostra. Giusto l'intenso ed inestricabile abbraccio tra rock e folk riservato alla chiusura di "Dance With The King" (una delle tracce meglio riuscite del lavoro) suonano come fresche, il resto manifesta una lieve ispirazione di fondo che, forse figlia della scarsa attesa tra questo inciso e lo scorso "Time To Tell", non riesce ad esprimersi appieno, e questo nonostante la Rueslåtten faccia di tutto col suo migliore strumento (la voce) a convincerci del contrario.

 

Si uniscano, quindi, la scarsa durata del lavoro unita ad una manciata di brani non propriamente riusciti (l'innocua "Arrow In My Heart", la non troppo comprensibile e già citata cover di "Turn, Turn, Turn"), ed ecco che "To The North" si rivela essere forse l'inciso meno incisivo di tutta la carriera solista di Kari Rueslåtten.

 

Anche il tema del disco, l'invito ad esplorare il Nord, non può propriamente dirsi elemento inedito della Nostra, in quanto - seppur non esplicitamente dichiarato - la Norvegia è sempre stata lì, in ogni disco in cui la cantante ha prestato la voce, sia come solista che con i seminali 3rd And The Mortal.

 

Ciò scritto, possiamo comunque tranquillamente affermare che questo è un lavoro che il fan più smaliziato troverà comunque discretamente gradevole, così come il suo essere un punto di ingresso accettabile riservato ai puri neofiti al meraviglioso, oscuro e malinconico al contempo, mondo sonoro della cantante norvegese (orecchie "ingenue" che, presto, si accorgeranno di quali ben più ricchi preziosi racchiuda questo forziere del Nord).

 

Nel mezzo di questi due estremi, "To The North" è disco che non è in grado di smuovere nulla all'interno non si pretende tanto dell'universo della musica, quanto del mondo più personale della sua autrice. E con l'indulgenza dell'entusiasmo lontana da queste orecchie e da queste dita, non si può che concludere l'analisi con una discreta punta di delusione ed una consapevole urgenza per la Rueslåtten di ridimensionare o arricchire il proprio panorama sonoro al più presto.

 

Ma senza troppa fretta, stavolta.





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