Elvenking
Wyrd

2004, AFM Records
Power Metal

Recensione di Gaetano Loffredo - Pubblicata in data: 31/03/09

20 aprile 2004…
Attendevo questa data dal giorno in cui assorbii completamente Heathenreel, primo e fantastico album dei nostrani Elvenking fautori di un folk metal di altissimo livello stilistico e volevo essere sicuro che il loro lavoro potesse essere bissato da un altro album all’altezza del precedente.
20 aprile dunque, il mio negoziante di fiducia da tempo aveva la mia prenotazione riguardo quel cd e, sborsati i miei 19 euro, mi accinsi verso casa per spulciarmi ogni singolo componente del prodotto finale ed indeciso tra un buon fumetto di carattere medioevale, un libro fantasy e l’immancabile rivista “Medioevo” presi in mano uno dei tre e cominciai a leggere non senza aver premuto il tasto play del mio lettore cd ed aver ancor precedentemente inserito Wyrd.


La sensazione che provai ascoltando l’introduzione The Loser’s Ball leggendo in contemporanea di gesta di Cavalieri di altri tempi è praticamente impossibile da descrivere: invito ognuno di voi che mi legge a immergersi nel passato come ho fatto io e, come vedete, è semplicissimo.
La danza celtica alterna il canto soave di una fanciulla a quello del nuovo singer del gruppo, Kleid, che ricalca abbastanza fedelmente la prova del precedente Damnagoras anche se preferisco di poco quest’ultimo causa una duttilità più ampia.
La “ballata dei perdenti” è una chiara protesta contro l’immoralità imperante nella società moderna ed è un elogio sperticato della semplicità del vivere…
I testi del gruppo italiano virano decisamente verso coordinate “Skycladiane” anche se non riescono a replicare l’ironia pungente di Martin Walkirie e perdono l’incredibile vena poetica che aveva contraddistinto il primo disco (testi comunque ampliamente superiori alle banalità scritte dalla maggioranza delle power metal band italiane).


Poco male, passiamo alla seconda Pathfinders che brilla per il suo incalzante incedere e per la sua “melodia aggressiva” che esplode con furenti growls al centro del pezzo. Ahimè anche gli Elvenking non riescono ad evitare uno di quegli auto-elogi così tanto diffusi oggigiorno nel power: il buon Aydan propone se e il resto della band come “coloro che trovano il sentiero” delle emozioni e dell’immaginazione tramite la musica auspicando la nascita di un nuovo “tipo” di uomo… singolare, non credete?

Jigsaw puzzle è un’altra critica contro la società ma, l’assoluto protagonista di questa track, è indubitabilmente il violino di Elyghen che ci regala una ficcantissima melodia suonata a velocità della luce che costituisce l’asse portante dei quattro minuti e diciassette secondi che ci separano dalla successiva Silk dilemma e dal suo tanto lento incedere quanto ancestrale melodicamente con lo scrittore che ci racconta di un periodo della sua vita dove, tra ispirazioni artistiche camuffate da viaggi sciamanici e incontri con la “madre luna” della tradizione celtica, trova ispirazione per la composizione di quello che abbiamo sotto gli occhi.

La vera sorpresa del disco è proprio la prossima Disappearing Sands che è inserita nella posizone numero 5 ma come prima delle due Bonus Track dell’album. Cosa c’è di strano? Se questo non è il pezzo più bello dell’album davvero poco ci manca e trovo inusuali ben 2 cose: la già citata posizione all’interno del prodotto e soprattutto il fatto di non aver mai sentito una bonus track così brillante! Una pura iniezione di adrenalina che racconta di antiche strade (intese come vie) spazzate via dall’avvento di una nuova era. C’è un chiaro riferimento alla tradizione pagana ma, il testo è troppo nebuloso per capire se si riferisce al nostro mondo od all’oscura letteratura fantasy.

Disappearing Sands lascia velocemente “il campo di battaglia” per essere sostituita dalla magica Moonchariot che colpisce per l’alternarsi di parti veloci e aggressive a parti lente e melodiche. I miei personali complimenti al nuovo arrivato Kleid per l’interpretazione vocale ampliamente sopra le righe dove traspare sentimento legato a questo inno alla luna, catalizzatrice della fantasia e fonte di forza per i neo-pagani Elvenking. (da apprezzare in particolare qualche verso davvero ben scritto).

Ormai completamente inabissato tra testi e musiche mi diverto a leggere la descrizione del viaggio attraverso il mondo degli spiriti nella successiva The perpetual Knot viaggio che potrebbe tranquillamente apparire come metafora della vita e la candida melodia ci accompagna in “un altro paradiso” (Another Haven) e dai suoi testi amareggiati e delusi dall’uomo e dalla sua cattiveria, che non impara dai propri errori ma, gli Elvenking lasciano un barlume di speranza con la conclusione che prima o poi, un giorno dovrà pur imparare a farlo…
Track nove, A Fiery stride, introdotta dalla doppia cassa di Zender e dalla splendida sezione ritmica dettata dalle chitarre di Jarpen e di Aydan è una efficace speed metal song che ripropone al centro di essa un estratto acustico preso da un pezzo del precedente Heathenreel; semplicemente geniale!

La fantasia del volo è un leit motiv dello speed, dagli Helloween ai Gamma Ray. Il volo qui descritto non è quello furioso di Beyond the black hole o quello maestoso di Eagle fly free; è piuttosto il volo della mente e dell’immaginazione, lontano da una realtà che va stretta! (come vedete, la ripetitività di questo concetto la fa da padrona).
Un altro testo riguardante la fuga della realtà introduce la penultima e positiva (da punto di vista stilistico) Midnight Circus che però in quanto a personalità non brilla particolarmente e risulta un pezzo appena carino e nulla più.

Eccoci giunti alla fine del viaggio ed alla conclusiva suite “A poem for the firmament” di ben dodici minuti di allegria ma anche di tristezza, di aggressività ma anche di dolcezza, infatti Aydan associa a vari momenti del giorno una distinta meditazione poetica che unisce stati d’animo e memorie vaghe. Strana la malinconia che pervade il “ciclo del giorno” descritto: i toni non sono mai allegri e diventano via via cupi con l’avvicinarsi della notte senza migliorare con l’arrivo dell’alba del nuovo giorno. Lascio scoprire a voi tutti le meraviglie musicali che i nostri ci lasciano in questi minuti finali.

Delizioso, preciso, rilassante, squisito Wyrd, capace di conquistare sin dall’inizio ma che necessita di svariati ascolti per apprezzarne tutte le sfacettature presenti.

Dopo Domine e Vision Divine, in attesa dei nuovi Rhapsody, il power metal italiano innalza le bandiere tricolori con gli Elvenking: acquisto obbligatorio per gli amanti del genere!





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