Leaves' Eyes
Meredead

2011, Napalm Records
Folk/Symphonic Metal

I Leaves' Eyes bissano il successo di "Njord" partorendo il suo gemello folk metal
Recensione di Marco Belafatti - Pubblicata in data: 07/05/11

Sulle fascinazioni nordiche e tutto ciò che ad esse è correlato, i Leaves' Eyes hanno costruito un'intera carriera. Per chi non ricordasse il corso degli eventi, è giusto ricordare che i Nostri nacquero come un progetto musicale che alla line-up degli Atrocity, capitanata dall'austero Alexander Krull, affiancava la moglie di quest'ultimo, la leggiadra Liv Kristine, poco prima di essere cacciata dai Theatre Of Tragedy, band-icona del gothic metal scandinavo. Con “Lovelorn”, album d'esordio datato 2004, Liv Kristine e compagni ci regalarono la storia di una sirena narrata secondo gli stilemi del symphonic metal; l'anno successivo si imbarcarono su un drakkar vichingo e cominciarono a cantarci di amori perduti tra i mari del Nord, dando inizio alla propria scalata al successo. “Njord” fu la consacrazione definitiva della band, giunta a coronare i suoi primi cinque anni di attività con un album che racchiudeva in sé tutte le caratteristiche di un sound peculiare, emozionante e sempre più curato nel dettaglio.

Tornando alle fascinazioni nordiche alle quali accennavamo in apertura, qualcuno si starà sicuramente domandando com'è stato possibile per il quintetto teutonico riuscire a bissare il successo dell'album precedente dopo che in questo campo sembrava aver già detto praticamente tutto? Semplice, senza modificare di una virgola il concept lirico alla base della loro quarta fatica discografica, i Leaves' Eyes hanno optato, piuttosto, per un decisivo cambio di rotta a livello di sound. Niente più tentazioni gotiche ma tonnellate di melodie riconducibili alla musica tradizionale celtica o scandinava: ecco la chiave di svolta che ha portato alla pubblicazione di “Meredead”, un album che potremmo tranquillamente definire come un ottimo esempio di folk metal orchestrale.

I Leaves' Eyes non hanno mai badato a spese, ma per questo nuovo album hanno semplicemente superato sé stessi, chiamando attorno a sé una schiera di ospiti di prim'ordine come Maite Itoiz e John Kelly degli Elfenthal, Carmen Elise Espenæs dei Midnattsol, la cantante norvegese Anette Guldbrandsen e la Lingua Mortis Orchestra di Minsk diretta dal maestro Viktor Smolski. Grazie anche a queste collaborazioni gli orizzonti dei Nostri si sono completamente dischiusi, lasciando trasparire una capacità di scrittura raffinata che, forse, fino ad oggi è stata adombrata da una ricerca talvolta ossessiva della perfetta atmosfera romantica. Non che in questo disco vengano a mancare i momenti di pura passione sentimentale ai quali i Nostri ci hanno abituato, sia chiaro; diciamo piuttosto che, tra episodi smaccatamente Leaves' Eyes trovano oggi spazio composizioni molto più dinamiche e articolate, nonché passaggi folk degni delle migliori formazioni del genere. Volete degli esempi lampanti? Nei ritmi dell'oscura danza macabra intitolata “Spirits' Masquerade”, alla quale è affidato il compito di aprire il disco, si infiltrano cornamuse e cori magniloquenti che ricordano le atmosfere dell'Inghilterra medievale, oppure nella rilettura del celeberrimo brano tradizionale norvegese, “Kråkevisa”, troviamo un delizioso violino solista ad accompagnare la voce di Liv Kristine, incredibilmente duttile, interpretativa ed abilissima nel dar voce a liriche scritte in norvegese, inglese antico, irlandese ed altre lingue dell'Europa del Nord.

Tra i dodici brani che compongono la tracklist di “Meredead” troviamo tante altre sorprese, come la cover in chiave folk di un classico di Mike Oldfield, “To France”, trasformato per l'occasione in un tripudio di note di flauto, mandolino e violino, un episodio incentrato sul rincorrersi di cori maschili e femminili (“Meredead”) che farebbe invidia agli ultimi Therion, oppure una suite epica e monumentale cantata interamente in norvegese (stiamo parlando di “Sigrlinn”, l'unica canzone in tutto il disco ad essere fregiata dal growl di Alexander Krull, un tempo molto più importante nell'economia della band). Ma non è tutto: “Étaín” recupera gli elementi mitologici tanto cari a Liv Kristine e si trasforma in un'energica cavalcata folk metal, così come la scanzonata “Nystev”, rilettura di un altro tradizionale della terra natia della cantante. “Velvet Heart” ci mostra una versione più leggera e quasi danzereccia dei Leaves' Eyes, mentre “Empty Horizon” piacerà sicuramente agli estimatori di “Vinland Saga” e, per concludere in bellezza, la strappalacrime “Tell-Tale Eyes”, con i suoi strumenti antichi e quel retrogusto medievale tanto caro ai poeti romantici anglosassoni, conquisterà anche il cuore dei più reticenti.

Come avrete capito, “Meredead” giunge come una boccata d'aria fresca nella discografia di una band che, dopo aver dato il massimo in un disco come “Njord”, non poteva assolutamente rischiare di ripetersi, ma anche come un'ottima attrattiva per tutti coloro che hanno sempre amato il lato folk dei Leaves' Eyes e aspettavano con ansia che questo venisse enfatizzato a dovere in un full length di questo calibro. Infine quest'album resta sicuramente il miglior punto di partenza (insieme a “Njord”, ovviamente) per chiunque volesse avvicinarsi ad una delle migliori voci femminili di tutto il panorama metal e ad una musica che parla di antiche leggende con un occhio di riguardo per un sentimento eterno ed universale qual è l'amore.



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