DragonForce
Maximum Overload

2014, Roadrunner Records
Power Metal

Recensione di Stefano Torretta - Pubblicata in data: 20/08/14

Ascoltare un nuovo album dei DragonForce è come ritornare nello stesso luogo di villeggiatura dove passi tutte le tue estati, ritrovando le solite persone, facendo le solite cose, nessuna sorpresa, nessun imprevisto che movimenti le tue giornate. Per alcuni è il paradiso, per altri la più abissale delle noie. Lo stile che caratterizza le composizione del combo inglese è anche la loro più grande pecca, con il risultato di rendere alquanto difficile il riuscire a differenziare un brano dall’altro dato che tutti sono costruiti secondo lo stesso schema.

Bastano poche note di “The Game” e già ci si ritrova in territori familiari, e le successive “Tomorrow's Kings” e “No More” non fanno che darci ulteriore conferma che “Maximum Overload” è il tipico album dei DragonForce, tutto chitarre elettriche di Herman Li e Ian Samuel "Sam" Totman lanciate alla velocità della luce, le tastiere di Vadim Pruzhanov ad inseguirle e la batteria di Dave Mackintosh (purtroppo per l’ultima volta tra le fila dei sei londinesi) a martellare con una precisione tecnica ed una velocità difficilmente raggiungibili. Ma non appena le successive tracce vengono riprodotte una dopo l’altra, ci si accorge che qualcosa è cambiato nella band, che il tipico album dei DragonForce non è più composto da una sola traccia fotocopiata all’infinito. “Three Hammers” è forse il brano che più si allontana dalla tipologia standard, proseguendo il discorso già iniziato con “Cry Thunder” sul precedente album “The Power Within” del 2012. Il brano, decisamente debitore del power metal epico alla Hammerfall, si segnala anche per un’ottima prestazione del nuovo cantante Mark Hudson, qui alla sua seconda prova con la band. Anche la successiva “Symphony of the Night” spiazza decisamente l’ascoltatore, con le sue venature neo-barocche. “The Sun Is Dead” si segnala per essere un ottimo esempio di metal melodico, molto più lento degli standard della band. Con “Defenders” si entra invece nell’ambito thrash metal, anche se declinato come sempre secondo la visione DragonForce. Avvicinandoci alla conclusione dell’album, vi è ancora tempo per sorprendere nuovamente l’ascoltatore, grazie alla sezione strumentale elettronica inserita al centro di “Extraction Zone”, momento che spiazza decisamente. Con “City Of Gold” si torna lungo i consueti binari, ma è la conclusiva “Ring Of Fire” a lasciare a bocca aperta: rileggere un classico della musica country secondo lo stile dei sei britannici è decisamente un atto di coraggio, sia per il genere che non c’entra nemmeno lontanamente con il power metal, sia per il pericolo di scontentare i fan sia di Johnny Cash che degli stessi DragonForce. Il risultato è buono, e questo brano verrà sicuramente ricordato per la solita prova magistrale di Mark Hudson.

Parlare di evoluzione per i DragonForce, fino a pochi album fa, sarebbe sembrata un’eresia, ma con “Maximum Overload” è innegabile il fatto che il combo inglese si sia dato da fare, sotto l’aspetto compositivo e di scrittura dei testi, per andare a sondare i limiti (peraltro alquanto ristretti) del loro genere/stile. Gran parte del merito per tutte le novità presenti sull’album va ricondotta all’assunzione di Jens Bogren (Opeth, Katatonia, Devin Townsend, Paradise Lost) quale produttore, e gli ottimi risultati della sua gestione sono sotto gli occhi di tutti: il nuovo album suona decisamente molto più heavy e thrash rispetto al passato; i brani sono tutti molto più contenuti in quanto a lunghezza e non superano mai i sei minuti, non costringendo in tal modo l’ascoltatore a dover seguire per 8-9 minuti un brano dall’elevata velocità; non solo brani veloci, ma anche sperimentazione e maggiore (nei limiti) varietà che riduce i rischi di stancare per eccessiva monotonia delle composizioni. A portare una ulteriore ventata di aria fresca vi è anche la presenza di un ospite illustre come Matt Heafy, chitarrista e cantante dei Trivium, che in ben tre canzoni ("The Game", "No More" e "Defenders") presta la sua voce per i cori, riuscendo così a donare una maggiore varietà agli stili vocali presenti sull'album. Oltre a questi, ottimi, nuovi miglioramenti, si riconfermano tutte le positive qualità della formazione londinese, capace, sotto l’aspetto tecnico, di stupire ancora una volta i propri fan. L’operato di Mark Hudson risulta molto più integrato all’interno delle composizioni musicali rispetto a quanto si è potuto ascoltare su “The Power Within”, mostrandoci come il sostituto di ZP "Zippy" Theart sia stato un vero toccasana per la band, che rischiava di rimanere invischiata in una pericolosa stasi creativa.

“Maximum Overload” non è quel grande passo avanti che farà gridare al miracolo, che farà ricredere tutti i detrattori dei DragonForce, ma è un ottimo segnale della rinascita della band, della volontà di muoversi verso una nuova direzione cercando di non rimanere rinchiusi tra quelle quattro pareti che ci si era costruiti attorno. Sotto questo punto di vista può essere considerato il miglior prodotto finora realizzato da Herman Li e soci, capace di soddisfare l’appetito dei fan di vecchia data e di stupirli per le piccole, gustose, novità.



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