Queen
Innuendo

1991, Hollywood Records
Art Rock

Le ultime note della Voce più imponente della storia, il commiato della Regina. 

Un roboante urlo alla vita più che un testamento: "Innuendo" dei Queen di Freddie Mercury. 

Recensione di Valerio Cesarini - Pubblicata in data: 23/11/16

Spesso la maturità artistica viene ingiustamente dimenticata, persa in una sordida nostalgia di ciò che portò alla ribalta, ed impedisce a manifestazioni di nuova, solida consapevolezza di avere il riconoscimento che meritano. Di contro, raramente "i posteri" deprecano quelle opere che, dichiarate o meno, risultano il testamento artistico di personalità la cui prematura scomparsa lascia un silenzio capace di soffocare il giudizio. Cosa succede, però, se questi due aspetti si sovrappongono? Se l'esistenza di un artista è essa stessa ARTE, un saluto finale alla vita terrena, anche se in forma di musica, non può prescindere dalla consapevolezza che gli anni e la situazione hanno formato.


E allora si potrebbe scrivere di Innuendo, l'ultimo vero album dei Queen originali, come un lunghissimo epitaffio a Farrokh Bulsara, impregnando di lacrime e reverenza ogni nota e ogni parola. Ma, pensandoci meglio, il significato di Innuendo è l'esatto opposto. E' la manifestazione della forza di un essere umano, della volontà di portarsi al limite... non certo per lucidare la propria lapide, ma perchè si ha qualcosa da dire, e fortemente lo si vuole urlare. Con la paura che non basti il tempo. Mi si perdonerà, dunque, se le stesse due pagine le asciugo un po' dalle lacrime e le inzuppo di note e parole. E, alla fine, è eloquente il disco stesso, che apre sì con un testamento, ma con quanta più musica è possibile portarsi dietro.

 

"Innuendo", uno dei brani più completi e affascinanti della storia, nella sua curiosa oscurità fatta di atmosfere tese, dal coraggio di mescolare influenze e culture apparentemente scollegate, perchè la musica è del mondo, e i Queen sono la musica. Si legge la firma di Steve Howe col suo contributo spagnoleggiante, si evidenzia La Voce di Mercury con il caro, vecchio, grande coro circense, con acuti cristallini che nemmeno il più infido dei mali ha saputo ombreggiare. Tutto, dai timbri all'affollamento sonoro, dalla struttura progressive al titolo stesso, rappresenta la cifra artistica della band. L'innuendo, il riferimento provocatorio, Freddie Mercury. Allora, non è un caso che il brano che segue, e così per tutto il disco, ci porti apparentemente lontano dalla tensione e dalle emozioni della titletrack, dentro un ritmo velato da una certa melanconia e guidato dalla lucida follia da sempre perseguita da Freddie come espressione artistica. Si potrebbe, però, trovare un significato più profondo e toccante all'interno di "I'm Going Slightly Mad". L'AIDS porta ad una forma di demenza intermittente. Si diventa leggermente matti. Ma anche se la follia non è più sempre tanto lucida, quello che risplende è la potenza espressiva di chi, per la Musica, per la propria vita, è pronto, e divertito, a scherzarci su. E se non fosse stato chiaro finora, non c'è malattia che può fermare la forza motrice della Regina: Innuendo prosegue spettinando con il rock di "Headlong", con le melodie tardo-ottantiane e i buoni clichè di "I Can't Live With You", i veloci battiti di "Ride The Wild Wind", i cori orgiastici del folle, distorto gospel di "All God's People"; la band non ci pensa nemmeno ad abbandonare la matrice che li ha resi una leggenda del Rock, e figuriamoci se un imminente viaggio verso l'ultraterreno può bastare ad indebolire una componente essenziale del sound dei Queen.

 

E' questo continuo incastonarsi di amore e lacrime, di atmosfere avvolgenti e inni uptempo, di vibrati emozionali e chitarre particolarmente devastanti, che accompagna tutta l'esperienza "Innuendo". Sono le dolci sferzate al male da parte dei falsetti e gli acuti di Freddie in un gioiello come "Don't Try So Hard", la speranza che annega nel pianto della poesia di "These Are The Days Of Our Life", con un testo scritto da Roger Taylor per la propria infanzia, che assume un doppio significato struggente, sussurrato dalle note e dagli echi di uno dei più toccanti assoli di Brian May. E' l'Amore, tanto celebrato nella vita e nella carriera di Mercury, Taylor, May, Deacon, raccontato dalle corde di una chitarra disperata sugli archi di "Bijou", cornice alla voce di Freddie, morbida, carezzevole, ancora e per sempre sicura. A questo punto, l'urlo alla vita di Mercury - ma anche della band tutta, è risuonato abbastanza: se c'era spazio per un testamento, una dichiarazione, è solo alla fine, con un augurio ottimista e un affettuoso saluto al pubblico. E' la penna di Brian e Freddie, inizio e fine della più bella parabola della musica moderna, a marchiare di inchiostro indelebile, per l'ultima volta, il telo del più grande palcoscenico. L'unica maniera in cui la Voce può accettare di urlare le ultime note, è in un enorme Arrivederci, lucente emblema di un monito: lo spettacolo deve continuare. "The Show Must Go On".

 

I Queen sono vivi, più vivi che mai. Nel 1991, con Freddie sull'altalena dell'affanno; nel 2016, con la sua anima in un posto migliore, e con l'eco del suo saluto ancora fortissimo nell'aria. Le sue note vive in chi ascolta, in chi ancora sa piangerne, in chi dovrà imparare a farlo. L'arte di una vita, ancora splendida nel gioiello Brian May, nei ricordi di Roger Taylor e John Deacon, ciascuno con la propria strada, accesi dallo stesso ottimismo e dalla stessa follia che conobbero, loro più di tutti, nelle provocazioni che rendevano Freddie Mercury il rombo delle onde di quell'oceano di colori che era la sua Musica. I suoi Innuendo.


"Through the sorrow all through our splendor, don't take offence at my innuendo"

 





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