C’era enorme attesa – e qualche legittimo dubbio etico – nel vedere all’opera un combo per certi versi paragonabile agli I Am Morbid, dal momento che ambedue, benché con finalità diverse, si palesano esclusivamente dal vivo, non avendo prodotto alcunché in studio – almeno per ora. Se, però, la combriccola guidata da David Vincent, planata lo scorso anno all’Orion di Ciampino, porta in giro per il mondo canzoni di una band ancora pienamente attiva come i Morbid Angel, i Left To Die rappresentano un tributo vivente al compianto Chuck Schuldiner, contando nelle proprie fila un paio di ex ragazzi che militarono nei Death, Rick Rozz e Terry Butler (Massacre, Obituary, Six Feet Under, Inhuman Condition, Denial Fiend). La sede scelta per l’appuntamento capitolino, il raccolto Traffic Live Club, ben si prestava a una mattanza death metal priva di compromessi, considerati altresì i compagni d’arme previsti a corredo dei floridiani: Abscendent, Instigate ed Helslave, realtà dell’area centro-italica a cui parecchie formazioni di provenienza straniera dovrebbero lustrare gratis gli strumenti. Un evento carico di eccitazione, dunque, ma in grado davvero di mantenere le sensazioni della vigilia? Alle righe del report l’ardua sentenza.

Visto il numero di act coinvolti nello show, l’apertura delle porte viene leggermente anticipata alle 19.45 e, dalla lunga coda intergenerazionale in direzione biglietteria, si intuisce la natura speciale del concerto, tanto che, al culmine sentimentale di esso, saranno minimi i centimetri a separare un uditore dall’altro. Di conseguenza, già un discreto afflusso di pubblico si registra quando salgono sul palco gli Abscendent, terzetto che, a sentire le ironiche parole del singer e chitarrista Gabriele “Arch” Vellucci (ADE), giunge “da Roma o da un qualunque buco di culo di scimmia”, suscitando quella sana ilarità generale tra i membri della platea in grado di stingere le tensioni alcoliche spesso protagoniste di codeste occasioni, rendendo oltremodo gradevole la fruizione di una manciata di brani dal songwriting originale e raffinato. L’avvincente death-thrash che caratterizzava l’esordio “Decaying Human Condition” (2016), da recuperare in toto per chi lo avesse malauguratamente trascurato, si pasce, oggi, di sfumature technical e progressive, partecipi a fiotti in “Deliverance” (2018), lavoro che costituisce il nerbo principale del breve set. La ricercatezza dei pezzi non impedisce all’act nazionale di mostrare un forte impatto live, anche in virtù del talento e della perizia che contraddistingue la sezione ritmica, formata da Luca Riccardelli (lo ritroveremo al basso negli Helslave) e dal session drummer David Folchitto, una totale garanzia nel mondo estremo per esperienza e classe (Black Eye, Gravestone, Mesosphera, Stormlord, Velch). Le “nuove” “Reign Of Depravity”, “Torment”, “Atrocity Incarnated”, “Oblivion”, la “vecchia” e sempre valida “Nausea”, si avvicendano così tecniche e furiose da lasciare senza fiato: che dire, meriterebbero una label? Sì, sì e daccapo sì.

Setlist

Reign Of Depravity
Torment
Atrocity Incarnated
Oblivion
Nausea

Verso le 21.00 tocca agli Instigate mettere a soqquadro timpani e tavolato, attraverso un death/grind massiccio e oppressivo, dove la componente del metallo della morte appare assai preponderante, magnetizzando una folla in perpetuo aumento con badilate di una siffatta pesantezza da seppellire persino le remote periferie dell’universo. I sei le danno di santa ragione, dalla coppia d’asce composta da Stefano Rossi Ciucci (Bloodtruth) e Marco Mastrobuono (Hour Of Penance), alle vibranti quattro corde di un estroverso Luca Marmi (Unbirth), dalle bacchette funamboliche di Edoardo Di Santo (ADE, Voltumna) alla performance, in medesima guisa evocativa e selvaggia, del carismatico frontman Stefano Borciani (Demiurgon). Malgrado la richiesta non soddisfatta di una birra per inumidire il gargarozzo, il vocalist emiliano, congiuntamente a dei partner inappuntabili sotto ogni singolo aspetto, forniscono una prestazione tellurica e da scapocciamento infinito, inanellando una serie di pezzi tratti dal recentissimo debutto “Unheeded Warnings Of Decay” (2022). La potenza demolitrice di “Witness Of The End Times” e “Liturgy Of Emptiness”, il core abrasivo di “Embrace The End” e “Indoctrinated Reborn”, il groove sulfureo e minaccioso di “Obliteration” e “Haruspex”, finiscono per esaltarsi in una resa on stage talmente forsennata e accesa da piegare le assi del pavimento e creare voragini nelle sue fondamenta. Pura devastazione in primo vere.

Setlist

Witness Of The End Times
Embrace The End
Indoctrinated Reborn
Obliteration
Liturgy Of Emptiness
Haruspex

Alle 21.45 circa irrompono in scena i romani Helslave, subito capaci di fomentare un mosh inarrestabile in una torma che occupa ormai totalità della sala. Nato nel lontano 2009, il quintetto laziale, dopo alcuni cambi a livello di line-up e la realizzazione di un “An Endless Path” classico esempio di Gothenburg sound, gode, dal 2020, di un’ottima stabilità, culminata ventiquattro mesi fa con la pubblicazione di “From The Sulphur Depths”. LP figlio di un progetto modificato in corsa e lucidamente, che guarda alla Svezia dei Bloodbath, dei Grave, dei Carnage e dei Dismember di “Like An Everflowing Stream” (1991). Spazio, quindi, alla violenza efferata, eppure accattivante, con le six strings di Jari Sgarlato e Marco Benedetti a glorificare l’HM-2, il drumming magistrale di Francesco Comerci e le solide tessiture gravi di Luca Riccardelli a dettar legge, e un Diego Laino che ostenta una prova mimica e canora di tale imperiale possanza da farci comprendere il motivo per il quale in “Carthago Delenda Est” (2016) degli ADE (toh, ancora loro!) compariva al microfono con lo pseudonimo di Traianvs. La scaletta riproduce quasi integralmente l’ultimo full-length, a eccezione dell’eufonica “Devourers Of Light”, contenuta nel debut del 2015: turbini spaventosi (“Unholy Graves” “Perpetual Damnation”), mid-tempo sinistri dalle venature thrashy (“Thrive In Blasphemy”, “Last Nail In The Coffin”, “Funereal Lust”) sulfuree crepe melodiche (“Desecration”, “Thy Will Be Undone”), enormi macigni spaccateschi a tinte Bolt Thrower (“Rotting Pile Of Flesh”) si alternano in maniera tirata e convinta, trascinando la moltitudine, colpevole di simpatiche imprecazioni variamente dirette, nelle profondità recondite e punitive degli abissi infernali. Grandissimi, e – i presenti coglieranno – Fedez muto!

Setlist

Unholy Graves
Perpetual Damnation
Thrive In Blasphemy
Last Nail In The Coffin
Devourers Of Light
Funereal Lust
Thy Will Be Undone
Rotting Pile Of Flesh
Desecration

Verso le 22.45 l’Halloween Theme dà il via all’esibizione dei Left To Die, con il Traffic praticamente esaurito e pronto a suggere parte di “Scream Bloody Gore” (1987) e dell’intero “Leprosy” (1988), rispettivamente primo e secondo lavoro dei Death. A scortare i sopracitati Rick Rozz e Terry Butler, all’epoca cacciati in malo modo da Schuldiner, pensano il batterista ex Malevolent Creation Gus Rios e il singer e axeman Matt Harvey (padre padrone degli Exhumed), entrambi nel progetto Gruesome: una formazione indubbiamente stagionata, che, comunque, non lesina in energia e professionalità, manifestandosi interattiva con la calca quanto gli esponenti del Belpaese, a dispetto dell’ostacolo linguistico. Gli statunitensi racimolano consensi specialmente per la qualità storica e il valore affettivo delle tracce e non soltanto in rapporto alla recita in sé, tanto che, a infervorare un ambiente a dir poco focoso e pregno di corpi aromatizzati alle cipolle, basta un pugnetto alzato di Butler o un saluto dell’ammirevole Rozz – il cappello di lana fisso sulla testa, nonostante il calore micidiale, è da vera epopea. Fra spettatori catapultati sul ponte di comando e degli accenni di rissa durante i circlepit, i nordamericani snocciolano perle divenute leggenda: “Leprosy”, “Born Dead”, “Left To Die”, “Pull The Plug”, rappresentano anthem mistco/mitologici che non necessitano di ulteriori delucidazioni,  mentre le ed essenziali grezze “Open Casket”, “Primitive Ways”, “Zombie Ritual”, “Evil Dead”, fungono da augusto corteo, per un tripudio di gore e sofisticatezze multiple gestite dal quartetto con la massima devozione e un supremo rigore. Chuck esiste, nel cuore e nella tasca.

Setlist

Halloween Theme
Leprosy
Born Dead
Forgotten Past
Mutilation
Baptized In Blood
Open Casket
Primitive Ways
Choke On It
Denial Of Life
Corpse Grinder
Left To Die
Zombie Ritual

Encore

Pull The Plug
Evil Dead

Allo scoccare della mezzanotte il sipario si serra definitivamente, concludendo una serata irripetibile, sia in riferimento alla pressoché perfetta acustica della location sia riflettendo sul trasporto emotivo generale. Una mano dalle sfere superiori presumibilmente proteggeva tutti, fedifraghi compresi.

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