NUOVE USCITERECENSIONI

Obituary – Dying Of Everything

Un album numero undici già terminato da un paio d’anni, pronto per esplodere davanti al mondo e fare grande mostra di sé dal vivo ai quattro angoli di esso. L’impossibilità di promuoverlo in un tour europeo a causa della restrizioni pandemiche, ha spinto gli Obituary a posticipare il suo rilascio sul mercato al principio di gennaio del 2023. I concerti tenuti in live streaming qualche mese orsono, durante i quali sono stati riproposti integralmente gli storici “Slowly We Rot” (1989) e “Cause Of Death” (1990), lasciavano comunque presagire la prossimità della pubblicazione di questo “Dying Of Everything”, dopo sette primavere di assoluto silenzio discografico. Un’opera cupa e tenebrosa, figlia del periodo claustrale coatto e con il dipinto a olio del recentemente scomparso Mariusz Lewandowski che inonda la copertina di colori e atmosfere apocalittici. La morte dell’artista polacco stringe il cerchio emotivo intorno al platter, simbolicamente e in maniera definitiva.

Invero, il tipico death fangoso e opimo di groove del combo atlantico, da “Frozen In Time” (2005) in avanti, rallentò decisamente sul fronte dell’ispirazione, tanto che le soluzioni espressive parevano prosciugate sino al midollo. Lo scorso LP omonimo, invece, rappresentò una sorta di rifioritura, la cui fiamma i cinque seguitano a propagare, agganciandosi, nel titolo come nel songwriting, all’ultimo brano di “Obituary”, “Ten Thousand Ways To Die”. Non si tratta certo di una rivoluzione, ma semplicemente di suonare per puro piacere e di perpetuare con onestà un genere che gli statunitensi medesimi contribuirono a forgiare, irrorandolo di un’energia sincera e comunicativa in grado di rinfrescarne le fondamenta. Del predecessore, l’attuale full-length conserva il meglio, ovvero l’apporto diretto di Kenny Andrews, chitarrista di estrazione thrash in line-up dal 2012, capace di preservare la band dall’intraprendere strade secondarie poco convincenti e di circoscriverla entro i confini del familiare sound floridiano. La condivisione compositiva, di solito appannaggio del batterista Donald Tardy e della seconda ascia Trevor Peres, permette, dunque, di ottenere buoni dividendi in termini di vigore e incisività.

“Barely Alive”, scolpita da un frenetico doppio pedale mentre il soffocante clima generale quasi si tinge di metallo nero, apre le cateratte a una sfilza di pezzi roventi che prendono, però, direzioni diverse. “By The Dawn” si libera dalla pastosa pachidermia iniziale attraverso salve di riff latranti e un inarrestabile assolo tutto curve e vibrato, che ci regala una scuffia tanto adrenalinica quanto orecchiabile. “Weaponized The Hate”, una stoccata che va dritta al punto, vede il gruppo riconnettersi con le proprie tendenze hardcore, tendenze che si ramificano nell’implacabile “War”. Fremiti simili caratterizzano “Without A Conscience”, canzone che l’iconico John Tardy marchia a fuoco con una voce dagli accenti variabili, oscillante tra il torbido rigurgito e lo scaracchio punk. Dall’alto lato dello spettro, troneggia la cadenza spessa e monolitica di “Be Warned”, uno sludge/doom dalle vesti epiche che rappresenta la “God Of Emptiness” del curriculum vitae degli Obituary, arrivata, probabilmente, con colpevole ritardo sulla tabella di marcia.

Brutale e disadorna, “The Wrong Time” mostra, invece, la sfaccettatura più semplice ed efficace del quintetto versione 3.0: prima i fraseggi incandescenti e il ritmo vivace, poi lo slancio entusiasta tracima in un passo subdolo e vermicida à la Celtic Frost, raggiungendo le profondità di quelle putride cloache dove soltanto l’ugola cavernosa del singer riesce nell’impresa di scavare ulteriori gallerie fognarie. Gli rispondono, a mo’ di saluto, la title track e “My Will To Live”, ciclopiche slavine dalle screziature heavy, e una “Torn Apart” che chiama a convegno “Betrayed” e i Biohazard, in un misto accattivante, benché forse pleonastico, di autocitazionismo e pre-nu metal. Tale varietà di tempi riporta alle dinamiche delle vecchie prove, in particolare a “The End Complete” (1992) e “World Demise” (1994); tuttavia la produzione odierna, di mano dei musicisti stessi e indiscutibilmente moderna, irrobustisce il potenziale di impatto di ogni singola traccia, senza ricorrere all’effettistica uniformante della tecnologia e conservando un equilibrio e una sobrietà ottimali, merito anche dell’abile missaggio del fido Joe Cincotta. 

Rispetto alle meraviglie del lontano passato, “Dying Of Everything” non regge il parallelo; se comparato, al contrario, ai pallori diafani della seconda metà della carriera, la qualità sale vertiginosamente. Considerazione – e contestualizzazione – che consente di situare con precisione il livello degli Obituary di oggi, ancora carichi di munizioni e con qualche nuova freccia nella faretra, nonostante gli stravolgimenti stilistici non dimorino dalle parti di Tampa. Genuini, arrembanti e con un guanto di sfida lanciato proditoriamente al futuro.

Tracklist

01. Barely Alive
02. The Wrong Time
03. Without A Conscience
04. War
05. Dying of Everything
06. My Will To Live
07. By the Dawn
08. Weaponize The Hate
09. Torn Apart
10. Be Warned

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