Si riaprono le danze per una rassegna musicale sempre più chiacchierata. Fondato nel 2015 e sito da anni in una location alquanto suggestiva – quella di Villa Cà Cornaro, edificio secolare immerso nel verde del vicentino –, l’AMA si sta affermando come una realtà estremamente interessante nel campo dei festival italiani grazie a lineup eterogenee a prezzi accessibili, nonché all’impegno verso un’esperienza totale, con partnership pensate a valorizzare la cultura del territorio (attività sportive, ristoranti, musei). L’anno scorso in particolare, la prima edizione post-covid aveva riscosso un successo notevole: 30mila spettatori complessivi e il riconoscimento di miglior festival italiano su TicketMaster. Una grande rivelazione per tutti con conseguente aumento di presenze e di date, sebbene ciò abbia comportato qualche intoppo gestionale (principalmente durante la premiere dell’8 luglio con i Chemical Brothers). Quello di oggi è un appuntamento dalle premesse travagliate a causa di qualche colpo di scena, cui tuttavia si è riusciti a dare un lieto fine; la serata che ne consegue è divisa fra hip hop italiano e rock angloamericano — un insieme insolito e variegato che ha portato grandi soddisfazioni.

Bnkr44

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A dare il la all’evento, intorno alle 19:30, vi è un collettivo toscano (di Villanova, per l’esattezza) fra i progetti indie-pop italiani più di spicco degli ultimi anni. Attivi dal 2019, i Bnkr44 vantano tre album – l’ultimo dei quali, “Fuoristrada”, è protagonista di un tour estivo – e qualche collaborazione con artisti trap e pop (Ariete, Tropico, Sick Luke). Il loro essere numerosi fa sì che abbiano riferimenti musicali molto diversificati — tant’è che tre di loro sono all’AMA per gli headliner: “Avevamo anche comprato il biglietto per oggi e invece ora siamo qui a suonare, pensa che scemi”. Carismatici e simpatici quanto basta, riescono progressivamente a coinvolgere gli spettatori soprattutto nelle prime file; nonostante un certo tipo di pubblico (identificabile dalle maglie di band hard rock) appaia poco colpito dal fare da boyband del gruppo, nel PIT sono parecchi i fan a ballare e cantare, incuranti della pioggerella che nel frattempo ha colto di sorpresa il festival. Il set si chiude dopo mezz’ora: si direbbe un buon inizio.

Nitro

Nitro

Entrato in scena solo due giorni prima del festival in seguito al forfait di Salmo – il quale ha dovuto cancellare il suo live, fra altre date del tour estivo, per motivi di salute –, il rapper veneto si è dichiarato molto felice di esibirsi nella sua terra natìa, sebbene sia collocato in uno slot più breve di quello del collega cui è subentrato. Con quarantacinque minuti di set e, per dirla all’anglosassone, big shoes to fill, Nitro punta molto su una scaletta costituita dalle sue maggiori hit, pescando soprattutto dal suo repertorio più vecchio; nel mezzo, anche qualche brano del suo ultimo album — “dedicato a tutti gli Outsider”, come recita lo schermo in fondo al palco. Un animale da palcoscenico, tecnicamente ineccepibile, riesce nel coinvolgere sia i fan accaniti – tanti, a giudicare dall’entusiasmo collettivo –, sia i nuovi ascoltatori che non erano lì per lui, interagendoci di continuo con un’umiltà che sorprende. Con aneddoti sui suoi pezzi nelle pause fra uno e l’altro, il rapper non manca di rendere omaggio alle sue origini – di quando era solo Nicola Albera, come racconta in coda allo show – e al compagno di live DJ MS (già alla consolle, fra gli altri, per Ernia e Villabanks). Il suo alternative rap, distintamente brutale grazie alle influenze hardcore, è perfettamente bilanciato fra le diverse atmosfere della serata: non si sarebbe potuto scegliere sostituto più azzeccato.

White Lies

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Terminata la parte italiana del live, il secondo atto del festival è aperto dai White Lies, trio post-punk londinese dalla carriera piuttosto longeva rispetto alla line up del giorno: attivi dagli anni 2000, quando andavano ancora alle superiori, hanno sortito fin dagli esordi un enorme interesse da parte della stampa specializzata. La loro proposta musicale si inserisce in quel post-punk revival analogo, fra gli altri, a Editors e Interpol, caratterizzandosi per un’attitudine cupa che ricorda certi gruppi new wave degli anni Ottanta, come Tears For Fears e Joy Division (sebbene la band rifiuti queste particolari similitudini, indicando i Talking Heads come principale ispirazione). I tre parlano poco col pubblico – il quale, va detto, in buona parte non sembra conoscerli –, preferendo che sia la musica a parlare per loro; in effetti, con il rischiararsi delle nuvole e il tramonto del sole, le atmosfere si fanno più tranquille e, grazie all’affascinante sound della band, oniriche. Per certi versi è un’occasione per rilassarsi da parte di tutti, sia fan che non: c’è chi balla, chi ondeggia a tempo con la musica, chi va al bar a prendere qualche birra, persino chi si sdraia sull’erba a contemplare le stelle, mentre da lontano si vedono i lampi di una tempesta che fortunatamente non arriva mai. C’è anche chi canta sulle hit (prima tra tutte “To Lose My Life”) soprattutto nel pit, da cui proviene il grosso dell’entusiasmo da parte dei fan; sebbene il settore appaia un po’ svuotato – in tanti erano lì solo per la prima parte del festival, in tanti solo per la seconda –, questa stupenda esibizione non può che lasciare il segno fra gli appassionati del genere.

Turnstile

Rimasti i soli headliner della serata (inizialmente condividevano con Salmo il posto sul cartellone), per i Turnstile l’AMA Music Festival rappresenta il debutto assoluto in un live italiano. Il fatto che per la prima data nel Belpaese siano già headliner la dice lunga sul grande successo che la band di Baltimora ha riscosso negli ultimi anni — in particolare dal 2021, con la pubblicazione del terzo album “Glow On”, designato dalla stampa come uno dei migliori album dell’anno. 

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In effetti, bastano le primissime schitarrate, verso le 22:45, a fare da miccia a un pogo che divampa in un istante verso le prime file. Tantissimi i fan presenti, con un entusiasmo crescente anche da parte di chi fan non lo è; si canta in particolare con le hit “Blackout”, “Underwater Boi” e “Holiday” (due delle quali sono valse loro tre nomination ai Grammy Awards 2023). Tutta la band è precisissima tecnicamente e dall’ottima presenza scenica, a partire dal frontman Brendan Yates, che sconquassa il live come un terremoto con continue giravolte in aria, salti, asta del microfono agitata in aria come una bandiera, usata un po’ come parte delle sue mosse coreografiche, un po’ per interagire con i fan. Sorprendente anche l’assolo di batteria di Daniel Fang, che ha modo di brillare per quasi tre minuti; un po’ più in sordina la seconda chitarra di Meg Mills, che suona come turnista dopo l’abbandono di Brady Ebert nel 2022. In uno show così privo di fronzoli, si sente una certa differenza rispetto alle produzioni di “Glow On”, in cui la band aveva avuto modo di mostrare la sua innovazione nel genere, che attinge dall’hardcore melodico anni ‘90 e lo infonde di dream pop moderno e tocchi di musica latina: in un contesto live incendiario all’insegna del pogo e dell’headbanging, tuttavia, qualsiasi synth di sfondo passa quasi in secondo piano. 

“Per noi è una serata piuttosto speciale, perché è la prima volta che suoniamo in Italia”, ci tiene a sottolineare la band, che chiude la serata ringraziando di cuore il pubblico nostrano per il caloroso benvenuto. Si è trattato, d’altro canto, di un esordio col botto — e dopo una performance così indimenticabile, non possiamo che essere già in fremente attesa di un loro ritorno in Italia.

Setlist

Intro (King Nine cover)
Mystery
Endless
Come Back For More/Fazed Out
Underwater Boi
Don’t Play
Gravity
Drop
Real Thing
Big Smile
New Heart Design
I Don’t Wanna Be Blind
Fly Again
Drum Solo
Blue By You
Blackout
Interlude
Alien Love Call
Holiday
T.L.C. (Turnstile Love Connection)

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