Muse (Chris Wolstenholme)
Chris Wolstenholme ci racconta il nuovo capitolo dei Muse sospeso tra il mondo reale e quello virtuale, di come abbiano trasportato l'attitudine Eighties nei nostri anni e di come fare a salvare il rock n'roll.
Articolo a cura di Giulia Franceschini - Pubblicata in data: 16/12/18

Quando la vita digitale prende il sopravvento su quella reale, quando esistiamo in più mondi, ma connessi tra di loro, e la quotidianità e il raggio di azione dell'uomo si espandono diventando realtà in entrambe le dimensioni, nasce "Simulation Theory".


Il nuovo album del power trio britannico Muse affronta le tematiche della tecnologia e della digitalizzazione attraverso suoni e immagini con un approccio analitico e quasi scientifico, dando vita a una vera e propria teoria sulla molteplicità dell'esistenza nel mondo di oggi.
E i Muse la sanno anche definire come dei veri scienziati: "La Simulation Theory riguarda la realtà e di quanto la viviamo in questo momento in cui ci circondiamo ogni giorno di realtà simulata. Lo vedo molto con i miei figli, ma anche io stesso", spiega Chris Wolstenholme. "In generale, spendiamo molto tempo vivendo in un mondo simulato, che siano giochi, film, qualunque cosa, mentre spendiamo sempre meno tempo nel mondo reale. Credo che le nostre vite siano ormai sopraffatte dalla tecnologia. Siamo più impegnati a creare virtualmente la nostra realtà, piuttosto che viverla."

 

museintervista2018int1

 

 

Con l'album tra le mani e nella mente le immagini dei video di "Dig Down" o "Pressure" è facilissimo venire risucchiati in un videogioco degli anni Ottanta o nelle immagini di film come "Ritorno Al Futuro", di grande ispirazione in questa fase compositiva della vita dei Muse. Ma perché gli anni Ottanta? E cosa c'entra questa decade con i Muse, tra i principali fautori del rock fatto di chitarre degli anni Novanta? "C'è molto degli anni Ottanta in questo disco, una decade che non molti assocerebbero ai Muse, e neanche noi; quando abbiamo iniziato eravamo molto influenzati dagli anni Novanta, dal punto di vista chitarristico, per l'esplosione che questo strumento ha avuto in quel periodo, una cosa che in realtà è molto anti-anni Ottanta. Con il tempo ci siamo resi conto che forse gli anni Ottanta ci avevano influenzati di più di quanto pensassimo, perché in realtà tutti i primi contatti che abbiamo avuto con musica, film, erano gli anni Ottanta".


Non ci sono band di riferimento, né generi di riferimento, quello che degli anni Ottanta ha più ispirato i Muse è l'approccio alla tecnologia e la commistione di stili, riproducendone l'importanza in quanto momento di svolta nel panorama musicale a qualche decade di distanza: "Per quanto riguarda il suono, abbiamo preso spunto dal punto di vista dell'utilizzo della tecnologia. Quando pensi al passaggio tra anni Settanta e Ottanta pensi anche a tutti i generi che sono esplosi, il pop, il funk, la nascita dell'heavy metal. Tutti questi generi hanno potuto sfruttare la tecnologia che è arrivata negli anni Ottanta, quindi ti ritrovavi band pop che usavano tutta la tecnologia a disposizione e band punk che facevano lo stesso. È questo che ha dato forma più di ogni altra cosa alla musica degli anni Ottanta, l'introduzione dei sintetizzatori, delle drum machine, la possibilità di fare in studio cose che prima erano impensabili. Con questo disco abbiamo utilizzato lo stesso approccio: mettere insieme generi diversi attraverso la tecnologia. "Dig Down", per esempio, era una canzone gospel nella prima versione. Ci abbiamo aggiunto la tecnologia e abbiamo creato qualcosa di nuovo. Abbiamo mischiato generi, anni diversi, creando qualcosa di diverso per quanto ci riguarda".

 

 

museintervista2018int2
 

 

È con questo spirito che la band ha deciso di affiancare al proprio consolidato team di produzione nomi altisonanti di generi off-rock, come Timbaland o Mike Elizondo. "È stato interessante lavorare con produttori differenti. Abbiamo sempre collaborato principalmente con produttori che arrivavano dal mondo del rock, dal mondo delle chitarre, che è giustissimo, perchè siamo una band rock, ma penso che con questo album abbiamo creato delle canzoni che hanno tratto più beneficio dal lavoro di produttori diversi. Con "Dig Down" abbiamo sperimentato un modo di registrare completamente diverso, c'era molta elettronica, file midi, sintetizzatori. È stata la prima in cui abbiamo registrato basso e batteria come ultima cosa. Matt ha dato molte idee a Mike, e Mike è tornato in studio il giorno dopo con questo brano che era sempre la stessa canzone, ma suonava in modo completamente diverso".

 

Secondo Chris, è questo il futuro e la chiave di sopravvivenza del rock: l'innovazione, il mescolamento e la contaminazione con ciò che è nuovo e diverso: "Finché il rock cercherà di restare al passo con i tempi, rimmarrà un genere importante e rilevante nel panorama musicale. Morirà nel momento in cui si continuerà a fare sempre la stessa cosa"; lil medesimo principio che ha spinto i Muse ad adattarsi alle richieste del mercato odierno, portandoli ad applicare un approccio volto al singolo brano, piuttosto che all'idea globale di un disco: "Quando abbiamo iniziato a parlare di nuovi progetti, dopo il tour di "Drones", credo sia stata la prima volta in cui abbiamo davvero sentito che l'industria musicale si stesse stabilizzando. Negli ultimi 15-20 anni ci sono stati tantissimi cambiamenti, lo streaming, Spotify, una combinazione di tutti questi elementi. L'album non rispecchia più il modo in cui la gente ascolta musica. Ci è sembrato un esperimento interessante provare a vedere se un approccio del genere potesse funzionare con una band come la nostra, andare in studio, registrare un brano e pubblicarlo. All'inizio non abbiamo neanche considerato l'idea di pubblicare un album, abbiamo pensato di registrare 10 singoli e farli uscire a distanza di 2 o 3 mesi ciascuno. Poi siamo arrivati a un compromesso tra le due cose, perché tra i nostri fan ci sono persone che amano ancora ascoltare i dischi. In questo modo, le persone che amano ascoltare gli album interi hanno l'album, quelli che preferiscono i singoli brani possono ascoltare semplicemente le canzoni". Una scelta che ha giovato anche all'aspetto creativo: "Dal punto di vista musicale è fantastico, perché ogni brano può prendere una direzione qualsiasi, non deve per forza essere legato agli altri. Questo ci ha permesso di essere molto creativi e di sperimentare molto su ogni singolo brano. Lavorare sull'idea di un album ti porta anche a escludere alcuni pezzi perché non sono coerenti con il resto, com'è successo con "Drones" e con gli album precedenti, con "Origin Of Symmetry", con "Showbiz": non potevamo farlo per la quarta volta, era il momento di provare qualcosa di nuovo".

 

 

museintervista2018int3

 

Anche dal punto di vista lirico si può percepire un distacco rispetto al passato. Se con "Drones" le tematiche politiche erano affrontate in modo più esplicito, in "Simulation Theory" i Muse hanno voluto rappresentare questo momento di subbuglio e cambiamento in modo più velato, ma comunque leggibile: "penso che i cambiamenti politici abbiano sicuramente avuto un impatto dal punto di vista dei testi. Possono essere interpretati in modo diverso, "Dig Down" può non essere necessariamente riferita a Trump, ma magari più generalmente al trovare la forza e la positività nella vita".

 

Ciò che senza dubbio rimane un punto fermo nella struttura genetica della band è l'attività live: "Dal vivo usiamo molta tecnologia, show innovativi. Il tour di "Drones" dal punto di vista concettuale è stato incredibile, la gente ne parla ancora adesso. Il punto è capire se vogliamo fare ancora meglio di quello che abbiamo fatto con "Drones" o se faremo qualcosa di totalmente diverso. Ci sarà sicuramente tecnologia, ma vorremmo inserire qualcosa di innovativo a livello di performance, per fare diventare il concerto qualcosa di più teatrale". Il lunghissimo e intenso tour che ha seguito la pubblicazione di "Drones" è stato, oltre che un immenso successo e uno spettacolo molto difficile da battere, uno dei capitoli più soddisfacenti e insieme faticosi per i Muse, impegnati per 9 mesi lontani dai propri affetti. Ma tornerebbero mai indietro a una dimensione più ridotta come ai tempi di "Origin Of Symmetry"? "Non so, è sempre bello avere la possibilità di scegliere cosa fare. Abbiamo anche fatto dei concerti più piccoli, uno dei miei preferiti lo scorso agosto, abbiamo suonato a Londra allo Shepherd Bush Empire. Abbiamo lasciato che fossero i fan a scegliere i brani da inserire in setlist. È stato assurdo (ride, NdR). È stato il live più assurdo della mia vita, c'erano canzoni che avevo rimosso. Come "Easily", penso che fosse la b-side di "Hysteria". Credo di non averla mai più suonata dopo averla registrata. Ci sono canzoni come questa che ti dimentichi, perchè non l'abbiamo mai suonata dal vivo. Ho guardato la setlist e ho detto "e questa cos'è?" (ride NdR), poi mi sono ricordato "Ah sì, mi ricordo di averla registrata". C'erano 3 o 4 canzoni che non erano mai state suonate dal vivo, erano b-side, non c'era neanche un singolo, abbiamo dovuto provare una settimana per preparare questa scaletta. È stato bello, perchè è stato un di quei momenti in cui ho sentito qualcosa di diverso, ci sono canzoni che non puoi suonare davanti a migliaia di persone".


I Muse torneranno a esibirisi dal vivo in Italia la prossima estate per due date imperdibili:

 

12 e 13 Luglio 2019, Stadio San Siro - Milano

20 Luglio 2019, Stadio Olimpico - Roma




Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool