Alter Bridge (Mark Tremonti)
Abbiamo incontrato il chitarrista degli Alter Bridge, Mark Tremonti, prima del loro grandioso concerto all'Unipol Arena di Bologna, per parlarci del trionfale tour europeo e di tanti altri successi della band statunitense
Articolo a cura di Isadora Troiano - Pubblicata in data: 23/12/16

Ciao Mark e grazie di essere qui con noi. Cominciamo parlando di questo tour: state girando l’Europa già da un po’. Come sta andando?

Benissimo, sta andando alla grande. C’è una forte risposta da parte del pubblico e ci fa molto piacere. È segno che il disco è piaciuto e che la gente ha voglia di sentirci dal vivo. Poi ormai mancano due date e finalmente andiamo a casa, siamo felici con il nostro pubblico ma anche di tornare alle nostre vite normali.

 

C’è una bella folla di gente che vi aspetta là fuori, prova che l’Italia ama moltissimo gli Alter Bridge. In soli cinque anni nel nostro paese siete passati dai club al grande palazzetto: come vi fa sentire?

Anche noi amiamo l’Italia e i fan italiani. Ci fanno sentire sempre un fortissimo calore, tantissima energia e il loro grande affetto, per cui ci piace molto tornare qui. Ci ispira perché vogliamo ricambiare quel calore e quella energia. Poi io sono italiano, non chiedermi di dove, non ne sono sicuro. È stato il mio bis nonno a venire dall’Italia all’America e in famiglia hanno sempre raccontato che qui in Italia ci sono tantissimi Tremonti, mi è capitato anche di vedere strade col mio nome. Avevate anche un ministro chiamato così ma mi pare non fosse molto amato (ride).

 

Come artista hai sempre lavorato con band che hanno avuto successo e hanno suonato in vari tipi di posti in oltre vent’anni di carriera. Trovi che ci sia differenza tra suonare vent’anni fa in un posto grande come l’Unipol Arena e suonarci ora nel 2016?

Sai, in questi anni ho visto di tutto, piccoli club sporchi e grandi arene, stadi, anfiteatri, preferisco un mix di tutto, se facessimo solo grandi palazzetti sarebbe noioso, gli spettacoli nei club sono i più divertenti, quando inizi vedi le grandi arene come il tuo obiettivo ma poi ti rendi conto che è sempre bello suonare show più intimi, creare una maggiore connessione col pubblico. Non penso ci siano grandi differenze negli anni però penso sia importante fare vari tipi di concerti.

 

 

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Vero! Passiamo alla prossima domanda: penso che il mondo della musica dal vivo sia cambiato molto dopo i fatti di Parigi dell’anno scorso. Cosa ci puoi dire a riguardo? Cosa è cambiato nel modo di vivere il live sia a livello personale che come band?

Quando è successo, ero in tour con la mia band solista e prima non avevamo mai considerato di assumere personale di sicurezza ma abbiamo dovuto farlo, per fare in modo che i locali fossero sicuri, per la band, le persone che lavorano nei locali e soprattutto per i fan. Tutti devono sentirsi sicuri ad un concerto e dopo quei fatti la differenza si sentiva. Anche per questo tour con gli Alter Bridge abbiamo dovuto assumere un team per la sicurezza e con mesi di anticipo. Ci sta ovviamente molto a cuore che tutto vada bene e che i fan, noi e le crew siano a posto, che non possano crearsi pericoli. È un mondo davvero diverso, in un attimo è cambiato tutto. È terribile.

 

Passiamo a temi più felici. Il seguito degli Alter Bridge è in costante aumento e con "The Last Hero" siete definitivamente entrati tra le maggiori rock band in circolazione. Vi aspettavate un tale successo?

Guarda noi non ci aspettiamo mai niente, cerchiamo solo di fare in modo che il disco sia artisticamente all’altezza di tutto ciò che abbiamo fatto e di ciò che siamo come band. Il modo in cui i fan l’hanno accolto è solo la ciliegina sulla torta.

 

Parliamo di video musicali: il clip per The Last Hero è davvero bello, molto diverso dai vostri soliti video clip. Puoi dirci qualcosa su come nascono, chi ha le idee, come le sviluppate, ecc.

Devo ammettere che noi siamo pessimi con le idee per i video, lo vedi dagli altri che abbiamo fatto negli anni. Noi quattro che suoniamo e basta, cose così (ride). Per "The Last Hero" ci siamo affidati a un regista molto bravo, Zev Deans. Vedo che hai una maglia dei Ghost, ecco lui ha diretto un loro video, non ricordo quale (è Square Hammer, ndr), uno con un ascensore o qualcosa del genere, tutto sul verde. Ci è piaciuto molto il suo modo di lavorare e ci siamo affidati a lui per la realizzazione del video. E la differenza si vede perché, come ti dicevo, noi invece siamo terribili (ride).

 

Ok ora andiamo su qualcosa di diverso per la gioia dei nerd: la tua attrezzatura in tour. Nel nuovo album usi diversi effetti e accordature, come fai ad ottenere lo stesso tipo di suono dal vivo?

In questo tour sto usando un ampli che ho sviluppato insieme alla Paul Reed Smith (la marca che produce anche le sue chitarre signature ndr) che sarà il mio ampli signature e verrà commercializzato l’anno prossimo. Posso dire che l’80% del mio suono su disco viene da questo amplificatore, purtroppo non ho potuto portarlo con me ma presto vedrà la luce e sarà economico, alla portata di tutti, è importante questo. Ho chiesto che il prezzo base venisse tenuto basso in modo che sia accessibile a chiunque. Ha un suono fantastico e sull’album si sente. In tour invece uso un Bogner Uberschall come testata e un Triple Rectifire della Mesa Boogie, molto semplicemente.  

 

C’è uno tra i tuoi strumenti che ami di più dal vivo, una chitarra a cui sei più legato?

Sono legato a tutte le mie chitarre, le amo tutte e quelle che mi porto in tour sono le mie preferite, le voglio sempre con me. È proprio per questo che le uso dal vivo e le porto con me.

 

 

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Sempre in tema chitarre: girano molte foto di una tua PRS molto bella, è stata creata apposta per te? Non hai mai pensato di commercializzarla?

Si è una PRS customizzata per me da un artista molto bravo, si chiama Joe Fenton. Mi piace moltissimo e la porto sempre con me, la userò anche stasera sul palco. Non ho mai pensato di commercializzare qualcosa di simile perché è appunto customizzata e non si riuscirebbe a farne tante uguali. Mi è piaciuto quello che fa e gli ho chiesto di fare una chitarra anche per me, tutto qui.

 

Siamo quasi alla fine, ho ancora una curiosità: c’è una qualche differenza tra quando componi per gli Alter Bridge e per il tuo progetto solista? Componi con una direzione precisa per l’uno o per l’altro oppure decidi successivamente?

No, scrivo musica e basta e quando si arriva a dover scrivere per un album prendo quello che ho composto e lo uso, come mi viene. Se però si tratta qualcosa di molto pesante e veloce, con meno melodia, di solito la metto nel mio progetto solista. Però viene dopo la composizione della musica in sé.

 

Sei stato nominato come chitarrista dell’anno per i Loudwire Music Awards, insieme a personalità del calibro di Dave Mustaine o Zakk Wylde. Come ti senti a riguardo?

E’ sempre molto lusinghiero essere inclusi in queste votazioni online, sono stato molto sulle mie mentre ero in tour e non ho letto o visto molto a riguardo, penso che me l’abbia detto mio fratello Mike, non l’ho saputo direttamente da loro. Ovviamente me l’ha detto perché ha votato per me (ride).

 

Dopo questo tour, cosa prevede il futuro, sia per te che per gli Alter Bridge?

A gennaio saremo in tour negli Stati Uniti e dopo in primavera andremo in Australia. Torneremo anche in Europa la prossima estate, perché faremo sia i grandi festival statunitensi che quelli europei quindi più di metà del prossimo anno sarà ancora dedicata alla musica dal vivo. Per quanto riguarda un album, vi posso dire di sicuro che farò un nuovo disco col mio progetto solista prima di fare qualcosa di nuovo con gli Alter Bridge quindi ci vorranno almeno un altro paio d’anni.

OK abbiamo finito, grazie di tutto Mark, è stato un piacere!

Grazie a te, goditi lo show! 

 

 

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