Nove. Siamo arrivati al nono studio album per la folk band tutta alcool-ed-allegria made in Finland. Ora, so che potrei sembrare scontato e ripetitivo, so anche che è già stato detto e ripetuto un numero indefinito di volte e che tutti voi lo sapete già, ma io lo ridico lo stesso: un altro album? Eh già, un altro album. Pensavate di esservene liberati? No. loro sono puntualmente tornati, l’unica vera differenza questa volta è identificabile nel lasso temporale intercorso dal predecessore, due anni anziché i canonici e usuali dodici mesi. Per il resto tutto è rimasto inalterato, anzi, solo una cosuccia è venuta a galla, ma ve ne parlerò tra poco.
Sarò onesto con voi: ho amato follemente i Korpiklaani di “Voice Of Wilderness” e del successivo “Tales Along This Road” (come credo e spero abbia fatto l’umanità intera), album che hanno saputo risvegliare istinti folkoristici in me da tempo sopiti e dare un’impennata decisa ed esponenziale a tutto il movimento folk metal. Adesso, dopo undici anni e undici dischi (statisticamente parlando sono perfetti) qualche crepa sulle armature di pelle e cuoio del clan della foresta inizia a intravedersi. Gli ultimi lavori temporali della band, “Korven Kuningas” e “Karkelo”, sono risultati indubbiamente più maturi e ragionati, ma agli occhi dei fan e degli addetti ai lavori altrettanto sbiaditi e privi della vera carica energica e della vena ispiratrice che possedevano i fratelli di inizio carriera. “Uckon Wacka” non è esente da questo gravissimo problema che però viene in parte risolto grazie ad alcuni evidenti accorgimenti che potranno o meno piacere ai fan storici della band. Sostanzialmente il disco ritorna ad essere più immediato e compatto, lasciando spazio a brani incalzanti, festosi ed inevitabilmente alcolici (“Tequila” per esempio, che, oltre ad essere una bella canzone, è anche l’unica traccia scritta in lingua d’albione ed è dedicata a tutti i fan del Sud America). L’intenzione è lapalissiana, più frilli e lazzi, allegria e velocità e meno ragionamenti ed atmosfera (con l’eccezione della titletrack). Il disco scorre nei lettori che è un piacere, si lascia ascoltare grazie al suo sporco e ruffiano lavoro, ti costringe a far saltellare la gamba a ritmo anche se sei seduto ed ambisce a diventare uno dei cd da prendere in considerazione per eventuali grigliate e festini a base di birra (o tequila). Insomma, quasi i veri Korpiklaani di una volta.
Purtroppo c’è anche un ma, ed è abbastanza rilevante. Come dicevo in apertura di recensione, una caratteristica dell’album è emersa a fine ascolto ed è riuscita a farmi storcere un po’ il naso. La durata complessiva del disco rasenta i trentacinque minuti! Ecco spiegato il perché di cotale compattezza ed immediatezza: tutto è stato ridotto e compresso ai minimi termini. Ma dopo due anni di lavoro e due lustri di carriera puoi presentarti alla griglia di partenza con poco più di mezz'ora di prodotto? No (logicamente il prezzo del disco non è assolutamente rapportato alla durata). Non riesco a spiegarmi oggettivamente il perchè di questa defaillance. Le idee non sono di certo originali ed innovative, ma proseguono il percorso intrapreso una decina di anni fa. I Nostri hanno voluto evitare di rimempire il disco di inutili filler? Non lo sappiamo; quel che è cercto è che l'album è dannatamente troppo breve.
Cari Korpiklaani, noi siamo solo contenti di vedervi attivi e volenterosi come nessun’altra band del pianeta, ma qualche bottiglia di birra in meno e qualche canzone in più (no, la cover dei Motorhead di “Iron Fist” presente nella limited edition non basta) avrebbero sicuramente giovato a “Ukon Wacka”.
Korpiklaani
Ukon Wacka
2011, Nuclear Blast
Folk Metal
01. Louhen Yhdeksäs Poika
02. Päät Pois Tai Hirteen
03. Tuoppi Oltta
04. Lonkkaluut
05. Tequila
06. Ukon Wacka
07. Korvesta Liha
08. Koivu Ja Tähti
09. Vaarinpolkka
10. Surma
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