Korpiklaani
Karkelo

2009, Nuclear Blast
Folk Metal

Recensione di Davide Panzeri - Pubblicata in data: 01/07/09

Il Clan della Foresta (traduzione di Korpiklaani) torna a spron battuto con il sesto e nuovo album, intitolato “Karkelo”. Impressionante la mole compositiva del combo finnico,  che è riuscito a sfornare praticamente un album all’anno. Purtroppo per loro, e per noi, i risultati non sono sempre stati eccelsi (vedi “Korven Kuningas”). Il successo mondiale di “Voice of The Wilderness” non è più stato bissato, se non in parte, dal successore “Tales Along This Road” e da alcuni sporadici brani disseminati nella loro discografia.
Se da una parte, l’uscita  annuale può far contenti alcuni fan sfegatati, dall’altra non può che coincidere con un netto e lampante calo compositivo, qualitativamente parlando.
“Voice of The Wilderness” aveva dalla sua il fattore tempo. Il tempo passato in studio a elaborare e perfezionare i brani è stato sensibilmente più lungo di tutti gli altri album studio, ed è principalmente per questo motivo che i successori non sono stati all’altezza. Poco meno di un anno di distanza fra una registrazione e l’altra è, consentitemi di dirlo, troppo poco per ottenere un prodotto di carattere e spessore musicale.


Non fa eccezione la nuova fatica “Karkelo”, seppur migliore rispetto al precedente album, dal punto di vista del songwriting e della produzione. Le chitarre si sono fatte largo tra i soliti violini happy e le alcoliche fisarmoniche, raggiungendo un sound più marcato e deciso. In questo senso, il lavoro alla chitarra è stato più accurato, e di questo bisogna prenderne atto.
Lo stile è come di consueto un folk metal birraiolo e festoso, intercalato qui e là da passaggi più seri e ricercati. L’ottanta percento dei brani è scritto nella loro lingua nativa, mentre il restante venti percento in inglese. Per l’appunto, le uniche due tracce in inglese sono “Vodka” (che fa da singolo apripista) e “Bring Us Pints of Beer”, che sono certamente le migliori tracce dell’album assieme a “Juodaan Viinaa”. Brani alcolici, come recitano i titoli, gioiosi, e pieni di brio in stile Korpiklaani Festa/Birra/Casino mode. Non fatico a credere che saranno certamente inserite nella prossima scaletta del loro tour.


Per il resto, i richiami alla loro terra si fanno sentire più e più volte, a partire dalla lunga “Mettänpeiton Valtiaalle” fino a giungere all’ormai consueta traccia in cui il solito sciamano locale intona qualche canto mistico e silvano: “Kohmelo”
Brani veloci si alternano, come sempre, a brani lenti come “Vesaisen Sota” per il primo caso, e “Uniaika” per il secondo. L’ascolto fila via liscio come il grasso che cola da una coscia di renna cucinata su di una griglia, forse fin troppo velocemente.
Le canzoni, a parte la martellante Vodka, non lasciano segni indelebili del loro passaggio a differenza del passato, compito reso ancora più arduo dall’idioma utilizzato per le lyrics.
L’inglese dava un sostanzioso contributo alla band, anche e soprattutto in sede live. Ricordo i boati durante i loro cavalli di battaglia cantati a squarciagola dal pubblico, ed il quasi silenzio durante le tracce in lingua madre.
Tutto questo, mescolato alla poca ispirazione delle canzoni, rende “Karkelo” un album appena appena sufficiente. Avevo alte aspettative nei Korpiklaani che, purtroppo, non sono state ripagate. Pian piano sono destinati a diventare una band esclusivamente da festival, per passare una piacevole e divertentissima oretta in compagnia delle loro alcoliche canzoni.





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