Tori Amos
Night Of Hunters

2011, Deutsche Grammophon
Indie/Classica

Recensione di Alessandra Leoni - Pubblicata in data: 20/09/11

Il dodicesimo album di Tori Amos, intitolato "Night Of Hunters", è l'album che in qualche modo è riuscita a riportarla alle sue origini, quelle più remote: quando Myra Ellen Amos era una bambina prodigio presso il Peabody Conservatory e suonava prevalentemente musica classica. Se i segnali di una timida ripresa si erano già avvertiti con il discreto "Midwinter Graces", un album più caldo e ben curato da un punto di vista strumentale, con il grosso difetto della voce a penalizzarlo, questo dodicesimo full-length cerca in qualche modo di distaccarsi dalla faciloneria e dalla superficialità dei passati tre episodi, dove "Abnormally Attracted To Sin" - e tour ad esso correlato - aveva fatto segnare il vero e proprio punto più basso della carriera della Rossa.


Ora, chiaramente non si urla al miracolo, ma finalmente, una piccola luce alla fine del tunnel si può vedere, tutto sommato. A patto che si tenga in considerazione questo e chi scrive non chiede che venga per forza accolta da tutti: Tori Amos non ha più 28 anni. Ne ha ben venti di più, con tutto il carico di esperienze ed i cambiamenti del caso. In quest'ultimo anno, sembra che abbia imparato ad accettarsi per quello che è, nonostante comunque non abbia lesinato negli interventi di natura estetica sul proprio volto. Sembra che stia lentamente comprendendo che il tempo passa anche per lei e forse è giunto il momento di guardare un attimo indietro, per ritrovare la propria strada. Tuttavia, la Nostra non ha più l'esigenza di fare gli album per urlare il proprio dolore, funzione maggiormente svolta dai primi quattro dischi. Negli ultimi anni ha voluto narrare più delle storie in generale, sorrette da labili concept, con risultati evidenti a tutti gli appassionati. Negli ultimi album ha sicuramente ridimensionato il ruolo del suo amato Bosendörfer, prediligendo scialbe soluzioni elettroniche e la sua band, che non mostrava molta fantasia per quanto riguardava ritmi o costruzioni di canzoni gradevoli e stimolanti, si veda per esempio in "The Beekeeper". Non ultimo, ciò che sicuramente ha rovinato la qualità dei lavori passati è stata anche la mancanza di un mixaggio e di una produzione accettabile e professionale.


In a "Night Of Hunters" ci si trova di fronte ad un episodio decisamente stridente con le ultime produzioni. In primis, la famigerata band non c'è più. Contattata dalla Deutsche Grammophon, l'è stato proposto di creare un ciclo di canzoni moderne ispirate a maestri della musica classica, come Schubert - con il suo "Winterreise" come una delle maggiori ispirazioni - Chopin, Mendelssohn, Mussorgsky, passando infine per Bach e Debussy, uno dei "mentori" della cantautrice da sempre, basti pensare a "Under The Pink". Insomma, i discografici della Deutsche Grammophon l'hanno voluta mettere alla prova. Prepotentemente, si può avvertire come il pianoforte si riprenda il suo ruolo di protagonista indiscusso, addirittura avendo uno spazio solo per sé nella strumentale "Seven Sisters", un'ottima occasione per poter sentire anche un buon mixaggio e una buona produzione, anche se talvolta, come in "Snowblind" o in "Job's Coffin", tendono ancora a far prevalere di più le voci sugli strumenti in maniera ancora non ottimale.


Quest'album si avvale anche della collaborazione di un quartetto d'archi, l'Apollon Musagète - che sarà presente anche in questo tour promozionale - e di una serie di altri musicisti: nel disco non mancano flauti, clarinetti, oboi, fagotti e controfagotti. Quello che sicuramente può destare perplessità è la presenza della figlia della Amos, Natashya Hawley, in brani come "Snowblind", "Job's Coffin", "The Chase" e "Cactus Practice" e della nipote, Kelsey Dobyns, nella titletrack "Night Of Hunters". La si può percepire come una mancanza di professionalità, ma a quanto pare la Rossa negli ultimi anni ha puntato molto sulla propria famiglia, sia da un punto di vista lavorativo, che da un punto di vista dell'ispirazione. A proposito di questo, chi scrive non vuole azzardare ipotesi sul fatto che il concept sia direttamente ispirato alla sua vita privata; esso è semplicemente basato su una relazione in crisi tra un uomo ed una donna. Chiaramente, la parte femminile, con l'aiuto dei personaggi come Anabelle e la Musa del Fuoco (proprio la figlia e la nipote sul disco), si rimette in gioco e cerca di sconfiggere la notte, ovvero il momento più duro da affrontare.


Questo disco non è di facile assimilazione, anche perché siamo di fronte comunque ad un lavoro diverso dal solito da parte della Rossa cantautrice. La pretesa di reinterpretare dei classici è sempre rischiosa ed ha anch'essa i propri fallimenti: potrebbe essere un album senz'anima, potrebbe essere qualcosa di noioso e scialbo; potrebbe anche essere un sintomo di una mancanza di idee spaventosa. Fortunatamente, con qualche difetto che verrà analizzato sinteticamente, si può tirare un piccolo sospiro di sollievo: complessivamente, questo "Night Of Hunters" presenta degli spunti pregevoli, come l'opener "Shattering Sea" e le tre seguenti tracce proposte. "Battle Of Trees" è sicuramente un brano lungo, ma particolarmente interessante ed evocativo, da un punto di vista strumentale e di struttura. L'inizio è molto in sordina, come se ci si aggirasse circospetti su un campo di battaglia. Il resto del brano è un bel crescendo d'intensità, con l'ingresso degli altri strumenti. Da un punto di vista strettamente vocale, "Fearlessness" è uno dei brani migliori per l'espressività della Nostra, che recupera un po' di energia e persuasività. E' importante sottolineare che comunque in questo disco la voce è sicuramente migliorata rispetto al precedente "Midwinter Graces", ma rimangono anche momenti dove risulta forzata e poco naturale come nella bella "Star Whisperer" e nella sdolcinata, ma da un punto di vista testuale molto bella, "Your Ghost", forse il peggior brano dell'intero disco. La voce degli anni d'oro, salvo miracoli, purtroppo rimane un ricordo. Da un altro lato poi, se la quantità dei brani è stata ridotta rispetto al passato, rimane ancora qualche punto morto, come "The Chase" o "Nautical Twilight". Rimaniamo comunque su una durata considerevole, circa un'ora e venti di musica, e questo aspetto può essere considerato un altro neo di questo "Night Of Hunters". I divertissement non mancano, stemperando l'atmosfera notturna e cupa che si avverte nell'album, come "Cactus Practice" o "Job's Coffin", privo dell'irritante sensazione di raffazzonato percepibile nei tentativi precedenti in "Posse Bonus" o "Oscar's Theme" oppure "Goodbye Pisces". Da ascoltare con attenzione è anche "Edge Of The Moon", un altro dei brani più riusciti della cantautrice, specie negli ultimi tre minuti. "Carry" è un brano che chiude con dolcezza, proprio come la quiete dopo la tempesta, questo lungo viaggio impegnativo.


Un'ultima parentesi la si potrebbe aprire sui testi, più curati e ricercati, meritano veramente di essere letti, intanto che si ascoltano i quattordici brani proposti. D'altronde, la Rossa non poteva mettersi a parlare di vestiti o di scarpe in una variazione di Granados.


"Night Of Hunters", pur non essendo scevro di difetti (e pur avendo ancora una volta una copertina francamente discutibile), è un passo in avanti rispetto agli ultimi trascorsi di Tori Amos ed è un disco che si lascia ascoltare volentieri e lo si scopre ancora di più con lo stato d'animo giusto. E' un lavoro decisamente più curato e più sentito, frutto di uno sforzo e di un lavoro creativo più intenso e sicuramente più ragionato e mirato da parte della Nostra, che molto probabilmente è anche stata seguita molto di più dalla casa discografica durante la lavorazione. Con le giuste proporzioni e considerato quanto detto in precedenza, qualche brano di questa dodicesima fatica non stonerebbe neppure nella discografia complessiva della Rossa. Per chi si vuole buttare alle spalle parte di circa due lustri di delusioni, quest'album è un segnale incoraggiante. Ci auguriamo di cuore che Tori prosegua per questa strada.


"He'll play a Beatles tune
me, more a Bach fugue
Is this such a great divide
between your world and mine?
They both can purify
and heal what was cut and bruised
"





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