Black Label Society
Mafia

2005, Artemis Records
Hard Rock

Recensione di Stefano Risso - Pubblicata in data: 07/04/09

Metabolizzata la splendida parentesi intimista di Hangover Music Vol. VI, il caro vecchio Zakk torna a mostrare prepotentemente i muscoli con questo fiammante sesto album targato Black Label Society. Mafia riporta il barbuto chitarrista nella sua abituale dimensione di rocker straordinario alle prese con la ruvidezza della sua Les Paul, e un timbro vocale che ritorna a urlare al mondo la sua strafottenza musicale, noncurante dei cambiamenti, fedele ai capisaldi fondamentali che hanno contraddistinto da sempre la sua carriera.

Mafia è semplicemente un'apoteosi di groove mastodontici, micidiali mid tempos espressi con la consueta rotondità del riffing, bending e wah esasperati, chitarre dure e profondissime, che assecondano il talento di un musicista che riesce a donare un tocco unico e inimitabile a soluzioni semplici ma dall'impatto impressionante. Uno dei dischi più ruvidi e "ignoranti" mai partoriti dai Black Label Society, un lavoro che si presenta in modo diretto agli ascoltatori, coerente, irruente come pochi, perfettamente sviluppato nella sua sorprendente immediatezza che lascia trasparire come al solito un'anima più profonda e romantica, cupa e all'occorrenza struggente.

Insomma l'universo di Zakk Wylde espresso, a mio avviso, nella forma più esauriente possibile, un universo fatto di violenza, passione, tormenti personali, attaccamento alle proprie radici, lunghe scorribande in motocicletta, sano e godereccio hard rock, amicizia, e riconoscenza. Ed proprio in quest'ottica che mi piace interpretare il titolo di questo disco, Mafia, non tanto da collegarsi alla malavita organizzata, ma al significato etico della parola, all'insieme di affetti e di valori intrinseci che stanno alla base di un'organizzazione che non verrà mai tradita dagli affiliati, e a cui si lega a doppio filo la propria intera esistenza.

Un disco corposo, che tocca tutti gli aspetti sopraccitati con rabbia e all'occorrenza con una delicatezza commovente, un album che si mantiene costantemente su alti livelli, andando a ovviare all'unico neo della carriera solista di Zakk Wylde, l'andamento a volte altalenante delle tracklist presentate dai Black Label Society (ricaduti purtroppo nell'ultima fatica in studio Shot To Hell), salvando con classe e trasporto anche i pochissimi scricchiolii di un songwriting scevro da qualsiasi orpello inutile. Dall'incredibile e terremotante Fire It Up, a What's In You, dalla "rozzissima" Suicide Messiah, fino a Forever Down (provate a rimanere fermi ascoltando i riff che i nostri riescono a tirare fuori dalle vostre casse...), è un susseguirsi di ritmiche sguaiate e irriverenti, grazie anche al compattissimo duo formato da Craig Nunenmacher (batteria) e James LoMenzo (basso), ai quali viene dato ampio spazio per pompare a dovere il sound ruvido di Mafia. Ottima prova anche del fido Nick Catanese, anche se il bello e il cattivo tempo lo fa il nostro Zakk, perfetto alle prese con i tipici mirabolanti assoli e con l'altrettanto tipica voce nasale. Dopo il micidiale quartetto iniziale, Zakk si siede al piano per dedicare la struggente In This River al compianto Dimebag Darrel, lasciando che sia il cuore a trasmettere tutta la malinconia che ha lasciato ad amici e sostenitori la sua prematura e tragica scomparsa. Ma in Mafia non c'è molto tempo per rifiatare... You Must Be Blind si fa largo lentamente, come un esercito di bikers all'orizzonte che si avvicina piano piano, salvo poi esplodere inesorabile, semplice e diretta come un pugno in faccia. Le restanti tracce del disco presentano dei toni più cupi che fanno capolino in Death March, e Too Tough To Die, insieme alla devastante Electric Hellfire e a Spread Your Wings, semplicemente splendida, lasciando alla sola Say What You Will il compito di alleggerire con una bella cavalcata l'aria pesante che si respira in questi ultimi minuti di Mafia. Dopo un brano di gran classe come Been A Long Time, la conclusione è affidata alla coppia Dirt on the Grave e I Never Dreamed (per chi avesse l'edizione con inclusa questa bonus track), ballate sognanti e decadenti, con quest'ultima che riecheggia a grandi linee alcune melodie del capolavoro Book of Shadows.

In fin dei conti niente di nuovo sotto il sole. Un problema? Affatto, una considerazione del genere non sarebbe nello spirito di un album come Mafia, di una band come i Black Label Society e di un fuoriclasse come Zakk Wylde, uno dei pochi musicisti in circolazione che non ha bisogno di compiere salti mortali per distinguersi dalla massa... Gli bastano le sue sei corde, la sua voce e la sua arte. Scusate se è poco.



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