Anathema
Weather Systems

2012, Kscope Music
Alternative Rock

La musica degli Anathema regala serenità e suona sempre più efficace, palpabile, vera
Recensione di Marco Belafatti - Pubblicata in data: 14/04/12

Negli ultimi anni, spesso a torto, si è fatto un gran parlare di “rock atmosferico”, una definizione che al suo interno racchiude tutto e nulla al tempo stesso. In realtà, l'ingannevole etichetta si adatta particolarmente bene alla proposta di una band proveniente da Liverpool, una band che i nostri lettori avranno già imparato a conoscere, essendo stata più volte insignita con l'ambito bollino del Top Album sulle pagine di SpazioRock. A nostro avviso questa formazione, attraverso i propri dischi, riesce a tramutare questo concetto in note, immagini e parole meglio di chiunque altro.

Nella prima metà degli anni '90 gli Anathema hanno scritto le pagine del metal più introspettivo, romantico e autunnale (se non conoscete questa fase andate a ripassare “The Silent Enigma”, summa e capolavoro di tale incarnazione artistica). Da lì in avanti, come noi, ricorderete pochi ma significativi cambi di line-up, alcuni eventi traumatici che hanno lasciato un segno indelebile sulla sensibilità del nucleo creativo del gruppo, ma una volontà di fondo è rimasta immutata: la ricerca di un'armonia interiore, di un approdo sereno. La necessità di conoscere l'oscurità per (ri)trovare la luce. Tra la pubblicazione di “A Natural Disaster” e quella di “We're Here Because We're Here” trascorrono ben sette anni: in questo lasso di tempo apparentemente interminabile per i fan i Nostri raccolgono l'eredità del passato ma aprono il cuore ad una nuova consapevolezza. Fare musica per gli Anathema di oggi non è più soltanto una via per esorcizzare il dolore: i brani dei fratelli Cavanagh diventano il canale ideale per condividere bellezza, positività e speranza con l'ascoltatore, investito ed emozionato da una nuova ondata di umori neo-progressivi, pennellate orchestrali, tentazioni post rock e dal consueto, imprescindibile senso della melodia che nell'ultimo decennio ha contraddistinto l'attività della band.

In apertura accennavamo al cosiddetto rock atmosferico: con un album intitolato “Weather Systems” è difficile trovare due termini più appropriati per descriverne il contenuto. Per capire a fondo la svolta musicale della band è tuttavia necessario abbandonare le proprie convinzioni su “come dovrebbe suonare la musica degli Anathema” e, soprattutto, abbandonarsi al vento ed al suo volteggiare spiraliforme, come un aquilone delicatamente trasportato dall'aria, mentre nel cielo il movimento lento e incessante delle nuvole scatena una tempesta. E dopo la pioggia, di nuovo, abbandonarsi alla calma primaverile che si posa sulla natura intorno a noi, alla sensazione inebriante di un sole che abbaglia, di un sole che scalda la pelle e illumina il mare all'orizzonte.

La poesia della formazione inglese oggi più che mai scorre attraverso le dita di un Daniel Cavanagh dolce ed ispirato nella sua apparente semplicità esecutiva: il fingerpicking domina buona parte di questi 55 minuti di estasi assoluta, mentre sulle celestiali progressioni del chitarrista ecco che torna a farci sognare la dimensione orchestrale e corale che aveva reso meraviglioso il precedente “We're Here Because We're Here”, con un Vincent Cavanagh sugli scudi e una sempre più espressiva Lee Douglas a dargli man forte nel tratteggiare arrangiamenti vocali di grande spessore. In questo senso si fa apprezzare il prezioso contribuito del norvegese Christer-André Cederberg in fase di missaggio: reduce dal sodalizio artistico con Steven Wilson e dalla dipartita del tastierista Les Smith, la musica degli Anathema trova nuova linfa vitale in questa collaborazione, suonando sempre più concreta, efficace, palpabile, vera...

A questo punto premete il tasto play e trattenete il fiato, perché con la doppietta iniziale composta da “Untouchable, Part 1” e “Untouchable, Part 2” gli Anathema ci regalano il meglio di se stessi. Poche, limpide note e un'esplosione di colori: al quartetto non serve altro per comporre un capolavoro nel capolavoro, per far sì che una piccola gemma elettroacustica si trasformi in una splendida evoluzione dal sapore sigurrosiano sulle forme di un pianoforte e di un'orchestra in grado di far volare la mente lungo le sfumature dorate dell'alba (ricordate il meraviglioso crescendo di “Dreaming Light”? Ecco, la sensazione è praticamente la stessa). Non contenti, i Nostri bissano la magia iniziale con il climax indescrivibile di “The Gathering Of The Clouds” che in tre minuti e mezzo sembra voler riassumere l'intero disco, quasi fosse un invito a guardarsi dentro e a non avere paura. Non più solo Pink Floyd e Radiohead nel cuore, ma anche e soprattutto Nick Drake e Dire Straits: l'illuminazione trasversale di Daniel viene sublimata da “Sunlight”, nel suo afflato vitale, nel suo canto di serenità.

Per trovare questa serenità dobbiamo tuttavia affrontare qualche trauma lungo il cammino e gli Anathema conoscono bene certi silenzi interiori pronti ad esplodere (“The Beginning And The End”), certe notti tra sogno e realtà, cariche di malinconia (“The Lost Child”). Sanno che nei propri paesaggi interiori la morte e la vita non sono altro che un ciclo che si ripete magicamente, meravigliosamente (“Internal Landscapes”). Sanno che prima di ogni giornata di sole c'è una tempesta. Ecco quindi le nuvole grigie che avvolgono le pulsazioni di “The Storm Before The Calm” (sembra quasi di ascoltare i God Is An Astronaut), mentre la tempesta esplode in uno squarcio di rumori ed effetti elettronici, prima che la voce di Vincent riporti la calma con il suo timbro maturo, vibrante, tenace, prima che la chitarra elettrica e gli archi ridipingano d'azzurro lo scenario intorno a noi.

Quale occasione migliore di un disco come “Weather Sytems”, infine, per dare ancora più spazio alla soave ad avvolgente voce di Lee Douglas? Di questi tempi, dove tutti scalpitano per fare le cose in grande, gli Anathema si ricordano della potenza devastante di una carezza. “Lightning Song” suona quindi come il loro regalo più sentito: chitarre ed archi si rincorrono in un girotondo armonioso, in lontananza risuona l'eco di una promessa. Da oggi impareremo che ogni emozione vissuta ci rende a nostro modo splendidi, che la bellezza è racchiusa nei gesti più semplici, che in fondo alla strada c'è una luce immensa che merita soltanto di essere abbracciata.

This world is wonderful, so beautiful...
If only you could open up your mind and see...


La musica degli Anathema per come la vediamo noi è una vera e propria stazione meteorologica: identifica i nostri cambiamenti di umore, li trascrive sul suo pentagramma eterno. Non importa se fuori splende il sole o infuria la tempesta, di una sola cosa possiamo e dobbiamo essere certi: questi artisti ci hanno mostrato quanto di meraviglioso ed intenso ci possa essere in ognuno di questi fenomeni, in ogni più piccola emozione e in ogni sua sfaccettatura. E la loro musica, così fragile e così umana, potrete amarla o meno, ma non smetterà mai di esprimersi su questi stessi, impagabili livelli.





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