Deep Purple
Graz 1975

2014, Ear Music
Hard Rock

Recensione di Luca Ciuti - Pubblicata in data: 12/09/14

In principio fu la Mark II, nome che scomoda di default il concetto di mito e leggenda forse più del monicker d'appartenenza. Poi avvenne l'impossibile, la più grande rock band del momento che si dissolve per riapparire in una nuova forma, come un'araba fenice. La Mark III dei Deep Purple nasce da una grande intuizione di Ritchie Blackmore, trasformare il muro del suono di “In Rock” e “Made In Japan” con gli innesti di due giovani e illustri sconosciuti, David Coverdale e Glenn Hughes: piglio da autentico rocker il primo, voce angelica ispirata al funky e alla black music il secondo. Quella di “Burn” e delle due voci è una delle formazioni in assoluto più amate di sempre, ma l'intuizione è destinata a tornare indietro come un boomerang sull'ombroso chitarrista, ormai rapito da quel neoclassicismo che di lì a poco lo avrebbe condotto ai Rainbow.
 
“Graz 1975” è l'ennesima retrospettiva targata Ear Music e dedicata al profondo porpora, il cui spirito è riassumibile in quel“We want to give you some rock n'roll” scandito a pieni polmoni da David Coverdale prima di dare vita all'ennesima versione incendiaria di “Burn”: Il controllo da parte di Glenn Hughes e Coverdale sulla band è totale sia on stage che fuori, le due voci si incrociano alla perfezione lungo gli otto pezzi del set e dettano instancabilmente i tempi del concerto. La scaletta ricalca in tutto e per tutto quella del celebre “Made In Europe”, con l'aggiunta di un paio di tracce, otto perle dilatate a dovere come tradizione vuole, in puro stile Deep Purple fra improvvisazioni e assoli fulminei. Non passerà alla storia come “California Jammin' ”, forse la migliore incarnazione live della Mark III, ma “Graz 1975” resta un documento di grandissimo valore storico, oltre ad essere  una delle ultime esibizioni di Blackmore con i Deep Purple.

La Mark III all'alba del 1975 era una band sull'orlo del baratro, assorta in uno stile di vita figlio del rock n'roll con tutti gli annessi e connessi del caso. Nei giorni in cui “la musica intralciava il nostro consumo di droga”, parole di Glenn Hughes, cinque favolosi musicisti regalavano, nonostante tutto, una lezione di stile destinata a durare fino ad oggi. Superfluo interrogarsi sull'opportunità di queste uscite: fino a quando le premesse saranno quanto appena detto, avremo sempre tempo per dischi come questo.




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