Dark Tranquillity
Construct

2013, Century Media
Death Metal

Recensione di Luca Ciuti - Pubblicata in data: 28/05/13

E alla fine anche per i Dark Tranquillity furono dieci. Gli (ex) alfieri del death melodico tagliano il traguardo del decimo disco e come spesso succede la tentazione di soffermarsi sui risvolti simbolici è davvero forte. La bilancia della carriera di Stanne e soci da troppi anni pende verso il negativo e i motivi sono presto detti: oltre ad un sound che stenta a rinnovarsi e un’ispirazione che ha perso lo smalto dei tempi migliori (cosa in realtà abbastanza fisiologica), col tempo è venuta mancare la carica innovativa che ha contraddistinto la band almeno fino al 2002. Un sound che ha fatto scuola, abilmente “stressato” fino a “Damage Done” e da lì arenatosi su un songwriting scontato e privo di sussulti. Il tour europeo cancellato sul finire del 2012 affonda il coltello in una ferita che tende ad allargarsi sempre più. Che il declino degli autori di “The Gallery” sia davvero inarrestabile?
 
Per l’ennesima volta le attese sono andate svanite, “Construct”, titolo nato sotto i migliori auspici, non è il disco della riscossa e conferma lo status di band in caduta libera. Avremmo voluto raccontarvi il recupero dell’elettronica di “Haven”, delle sperimentazioni di “Projector” o della lucida follia di “The Gallery”ma non c’è niente da fare, nessuna araba fenice, piuttosto il decimo capitolo della saga rischia davvero di essere quello del De Profundis. “Construct” sembra l’ennesimo tentativo di mischiare le carte in attesa di pescare quella giusta. Peccato che anche a questo giro la band riesca a mandare tutto a monte perché possiamo rigirarla in mille modi ma il suono degli svedesi, pur con qualche aggiustamento, resta sempre uguale a se stesso, la struttura dei brani e dei dischi idem, da una decina d’anni ormai la band si ostina a produrre lavori fatti con la carta carbone per forma e contenuti. “Construct” persevera in maniera diabolica sulla scia di quel “We Are The Void” in cui la band aveva clamorosamente toppato, con una timida insistenza su un mood di stampo elettrodark. Qualche elemento di novità si intravede nei patterns ritmici tipicamente rock e nelle atmosfere sempre più plumbee (non che siano mai stati solari, gli svedesi…), ma sono soltanto punte di retrogusto in una minestra allungata. “Construct” affianca ad alcuni pezzi fra i peggiori mai scritti dalla band idee per lo meno interessanti. Menzione negativa per l’iniziale “For Broken Words” un brano dalla pochezza disarmante, rozzo e minimale ai livelli dei peggiori demotape, ma potremmo aggiungere l’accozzaglia di idee che va a formare brani come “Weight Of The End”e “Endtime Hearts”. Soltanto quando si focalizzano sui singoli brani invece che sulle idee i Dark Tranquillity riescono ancora stupire. Ad esempio, il motivo per cui non sia stato scelto “Silence In Between” come singolo di lancio rimane un mistero, non sarà un brano che farà breccia nei fans della prim’ora ma resta un anthem di tutto rispetto, discendente diretto della stirpe di “Lost To Apathy” o “Monochromatic Stains”, e che potrebbe far breccia anche su un pubblico più ampio. L’altra mosca bianca è "State Of Trust", pezzo intriso di atmosfere alla Sisters Of Mercy che alterna chiaro scuri con uno strepitoso Mikael Stanne sulle clean vocals. Un esperimento che riesce dove fallisce il singolo “Uniformity”. Tolte queste eccezioni, da salvare rimane ben poco.
 
E’ davvero faticoso digerire una carrellata di dischi fotocopia quando a partorirli è una band che, per buona parte della sua carriera, ha indossato i panni del leader più che del follower. Avessero fatto come i cugini In Flames, avremmo riconosciuto loro una buona dose di coraggio, a prescindere dai risultati raggiunti. Così com’è invece non possiamo parlare né di svolta artistica né di svolta commerciale. La stella Dark Tranquillity continua ad oscillare in un limbo apparentemente rassicurante, in attesa di spegnersi lentamente. Serve una pausa lunghissima e prima ce ne facciamo una ragione, meglio è.




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