Neanche la calura estiva riesce ad arrestare le invasioni sonore dell’estremo.

Entrails – An Eternal Time Of Decay (Hammerheart Records)

Malgrado le origini della band risalgano addirittura al 1990, gli Entrails hanno indugiato sino al 2010 per pubblicare il proprio esordio sulla lunga distanza, quel “Tales From Morgue” ottimo in sé, ma arrivato forse troppo tardi rispetto a Dismember, Entombed e Grave nel proporre una classicissima ricetta death metal di matrice stoccolmese. Lavoro comunque solido, a cui ne sono seguiti altri cinque più o meno sulle medesime coordinate stilistiche e che vengono ora affiancati da questo “An Eternal Time Of Decay”, disco incentrato su una formula passatista che abbiamo imparato a conoscere a menadito, tra HM-2 a manetta, robuste e affilate melodie rétro, groove da bulldozer e ritmi D-beat. La creatura del membro fondatore Jimmy Lundqvist, unico superstite della line-up originale, non conosce derive sperimentali o commistioni di generi, tesa soltanto a raggiungere l’obiettivo di un old school tanto antico quanto attento a nutrirsi dei miglioramenti tecnici e produttivi del moderno. Un buon lavoro, dunque, superiore agli ultimi e che resta tale anche in una terra di giganti dell’estremo.

Tracce consigliate: “Die To Death”, “Inverted Graveyard”, “Reborn In Worms”

Kawir – Γιγαντομαχία (War Of The Giants) (Autoproduzione)

A due anni dallo split con gli Yoth Ira e a tre dal loro ultimo album “Αδράστεια”, i Kawir tornano con un EP autoprodotto, disponibile sulla propria pagina Bandcamp. Il mini, in formato, puramente digitale, si chiama “Γιγαντομαχία (War Of The Giants)”, e all’interno di esso il quintetto ateniese presenta tre brani – pensati in origine per un nuovo album – che, dopo le forti sfaccettature pagan degli ultimi dischi, virano decisamente verso il black metal, pur non dimenticando una parte fondamentale della loro duplice natura. I proventi della release andranno al leader e fondatore del gruppo Therthonax che, ammalatosi durante il picco della pandemia, ha dovuto subire numerosi interventi chirurgici al cuore, fortunatamente tutti riusciti, benché non possa né fare concerti né lavorare. Nell’attesa che il polistrumentista ellenico si rimetta letteralmente in piedi, il combo ci regala un piccolo gioiello di metallo nero vivace e orecchiabile, impreziosito da un’ospite come l’ex Rotting Christ Jim Mutilator, e che contrasta felicemente con lo sfondo malinconico della pubblicazione. Gli dei dell’antica Grecia, fieri e battaglieri, non si arrendono mai al fato avverso.

Tracce consigliate: “War Of The Giants”, “Hecantoncheires”

Khold – Svartsyn (Soulseller Records)

Nati nel 2000, i Khold si fecero un certo nome all’interno della loggia nera grazie soprattutto ai primi due album, “Masterpiss Of Pain” (2001) e “Phantom” (2002), entrambi imperniati su una scrittura originale ed esplosiva, abile nel mescolare il black’n’roll dei Carpathian Forest, il sound glaciale dei Satyricon di “Rebel Extravaganza” e la proverbiale oscurità dei Darkthrone. Poi, dopo una serie di LP altalenanti, l’ultimo dei quali, “Til Endes (2014), decisamente deludente, la formazione norvegese scelse l’assoluto silenzio discografico, anche se bisogna sottolineare come tre dei suoi quattro membri non siano stati con le mani in mano, da un lato riesumando i vecchi Tulus, dall’altro dando vita, con Nocturno Culto, agli interessanti Sarke. Progetti che, evidentemente, hanno restituito linfa creativa alla band scandinava, tornata oggi a scuotere i gangli nervosi del culto diabolico per antonomasia attraverso i brani del nuovo “Svartsyn”, un concentrato old style di groove, marzialità e freddezza, capace sia di flirtare col rock sia di alimentare un’atmosfera di disturbante inquietudine. Welcome back!

Tracce consigliate: “Apostel”, “Skarpretter”, “I Demonens Bok”

Saor – Origins (Season Of Mist)

Chiunque si sia mai perso nei cespugli del metallo nero, sa che esistono entità capaci di unire in modo credibile melodie avvincenti, pittoresche e sublimi entro una tela sonora altamente aggressiva. Il progetto Saor, one man band in attività dal 2012 e guidata dall’ex Falloch Andy Marshall, propone da sempre un black metal dai forti tratti atmosferici, splendido nell’evocare scenari che ricordano la natia natura scozzese. Se con “Forgotten Paths” (2019) il musicista di Glasgow aveva reso il proprio sound meno estremo e molto più fruibile, il presente “Origins” regala ulteriori cambiamenti: le canzoni si accorciano, la produzione possiede un taglio secco e incisivo, le chitarre guadagnano carne NWOBHM sulle costole, abbondano passaggi epici e voci pulite così come diviene massiccio l’utilizzo di strumenti tradizionali quali flauti, violini, carnyx e compagnia acustica. Un album, dunque, che, pur non rinunciando del tutto alla durezza e alla virulenza, si sposta con convinzione su lidi pagan/folk magnetici e spesso bellicosi, con temi tratti dalla storia dell’antico popolo dei Pitti, tribù tenace nel non piegarsi ai Romani prima di venire assorbita dal processo di gaelicizzazione della Scozia nord-orientale. Suggestioni a iosa.

Tracce consigliate: “Call Of The Carnyx”, “Aurora”, “Beyond The Wall”

Volcandra – Border World (Prosthetic Records)

I Volcandra si uniscono a quella schiera di black metal band, invero in continuo aumento (si pensi a realtà come Imperialist, Mare Cognitum, The Spirit, Vorga) che preferiscono dedicarsi a soggetti ispirati alla fantascienza invece di lasciarsi attrarre dalla morte, dal diavolo o dall’esoterismo. Ebbene, il quintetto di Louisville, dopo un tradizionale “Into The Azure” (2020), inizia ora la propria missione di conquista galattica con testi che raccontano di draghi cibernetici e misteriosi mondi di ghiaccio e di frontiera, influenzati da un profondo amore per i videogiochi e le narrazioni sci-fi. Tematiche affrontate largamente nell’EP “Border World”, mini sì dalla fisionomia nera piuttosto melodica, ma non immune da contaminazioni thrash, technical death e progressive, oltre che da un senso futuristico della sperimentazione rimembrante gli storici Vektor. Certo, il materiale appare a volte più cucito con i rammendi che fuso perfettamente, sinistrato da un produzione colpevole di rendere sin troppo invadente la presenza della batteria, eppure qualità di songwriting e capacità tecniche non mancano, promettendo per l’avvenire straordinari coup de théâtre. Fuoriclasse in erba.

Tracce consigliate: “Tallon IV”, “Colossi”

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