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Maruja – Connla’s Well [EP]

The truth, it hides

Di solito sono ostile allo sbilanciarmi troppo, alle grida precoci e alle celebrazioni troppo “fresche”, diciamo così. Eppure in questo caso è l’istinto che parla, quello che in tanti dicono di seguire ciecamente, fottendosene della ragione e del più affidabile pragmatismo: i Maruja sono una di quelle band di cui temo il successo. Il motivo? Perchè sono troppo grandiosi per essere veri, uno splendido fiore nero con poteri ammaliatori che fatico a racchiudere in una semplice definizione. Una band che con un EP (“Knocknarea”) è riuscita a bucare con uno spillo il ricchissimo albo musicale del 2023, facendolo accartocciare su sé stesso con sole quattro tracce.

Vengono da Manchester, ma quella che affrescano è la metropoli della mente umana, ingravidata da una bufera di pensieri: “Connla’s Well”, attesissima e “ufficiosa” parte due del precedente extended play, si contorce e si ficca ancor di più tra i cunicoli dell’inconscio, spazza via parte di quella sottile ariosità che sfilava leggera tra le nubi jazzy di “Blind Spot” e “The Thinker” – ne rintracciamo qualcosina solo nella coda strumentale di “Resisting Resistance” –, per pestare energicamente sulle budella irrigidite di un post-rock-punk oscuro, serrato, che rivede nella sua tensione atmosferica – e soprattutto strumentale – il furore plumbeo dei DITZ, il portamento doloroso dei primi The Murder Capital, l’ossimorica giocosità dei The Comet Is Coming di “Shabaka Hutchings”, la decadente malinconia di slintiana memoria.

Tutto ciò è la trasposizione, o meglio, l’incarnazione musicale del vento che squarcia la tempesta in atto tra le pozzanghere di materia grigia, il flusso scostante, nevrotico del monologo interiore, buttato giù nella sua interezza, senza alcuna modifica, e animato, come lettere morte che riprendono vita, dallo spoken word di Harry Wilkinson, che si smazza tra i ruoli, eremita solitario e pazzo predicatore, ad emulare l’elettricità, il cambiamento violento, il maledetto bollore della malattia mentale che striscia nel deserto evanescente e insidioso di “The Invisible Man”, indirizzato dalla inquieta ascesa della title-track in apertura.

Sono “Zeitgeist” e “One Hand Behind The Devil” che fotografano al meglio quel rovescio di atmosfere succitato, una fluidità strozzata dal basso tarantolato di Matthew Buonaccorsi e, ancor di più, dai disegni schizzati del sax di Joe Carroll e dalle bacchette possedute di Jacob Hayes.

Una passeggiata a centimetri da un baratro senza fine, che odora di morte e di vita, di calma e paura, ma soprattutto di uno stupore indecifrabile, lo stesso che si prova a mettere in successione questi due EP, uno più bello dell’altro – “Connla’s Well”, sotto questo punto di vista, migliora il già ottimo fratello maggiore. Un viaggio che trova il suo istante di decollo già nell’aspetto grafico, con due artwork meravigliosi, quanto mai esplicativi di quello che andremo ad ascoltare.

Potremmo stare qui a parlarne per giorni, ma probabilmente ci trascineremmo dietro tante lacune rispetto a tutto quello che i Maruja vogliono raccontarci: allora ascoltate tutti, coltivate il timore con me, celebrate i quattro di Manchester.

Tracklist

01. Connla’s Well
02. The Invisible Man
03. Zeitgeist
04. One Hand Behind The Devil
05. Resisting Resistance

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