Foto in copertina: Luca Ash

Un mercoledì mattina di maggio abbiamo interrotto la quiete quotidiana di Noyse con una bella videochiamata. Il chitarrista dei Punkreas però, tra postino e cane che abbaia, non ha mai trascurato la nostra chiacchierata e insieme abbiamo trascorso una piacevolissima mezz’ora, parlando del nuovo “Electric Déjà-Vu – Reloaded” ma anche di tanto altro.

Electric Deja Vu Reloaded

Ciao Noyse, benvenuto su Spaziorock. Come stai?

Ciao! Sto bene dai, meglio di così? Abbiamo la fortuna di fare del rock’n’roll, che regala 2 o 3 giovinezze in più rispetto alla media, quindi siamo contenti.

Oltre ad essere il mio primo ospite italiano, sei il primo che intervisto in occasione di una deluxe edition. Quindi ne approfitto e ti chiedo: secondo te, perché adesso prendono tutti questa mossa commerciale? Disco e poi, un anno dopo o meno, disco con qualche traccia in più.

In realtà non sapevo che fosse una cosa comune. Sarà l’età, sarà che la musica che gira adesso mi interessa poco, non sono molto attento alle uscite discografiche… Ma ti posso dire perché l’abbiamo fatto noi ed è molto semplice. L’anno scorso è uscito “Electric Déjà-Vu”, è andato molto bene, però per problemi personali il tour si è interrotto dopo l’estate. Abbiamo fatto circa una trentina di date, che per noi sono poche rispetto alla media, e non siamo riusciti ad andare in tutta Italia. E siccome l’album ci era piaciuto tanto, noi avevamo ancora voglia di suonarlo in giro… Però, per evitare di riproporre la stessa identica cosa, oggi che il pubblico necessita costantemente di novità, abbiamo deciso di aggiungere un paio di canzoni.

Sono canzoni che avete scritto e realizzato dopo “Electric Déja-Vu” oppure erano già pronte e avete semplicemente aspettato?

No, sono arrivate dopo. Noi abbiamo un ciclo di produzione abbastanza continuo: cioè, non è che ci ritroviamo e diciamo: “Ok, ora dobbiamo fare 10 canzoni”, come se fossimo in una fabbrica di panettoni. Noi buttiamo giù bozze costantemente, soprattutto quando siamo in tour perché è il momento in cui stiamo più assieme, in cui discutiamo, vediamo il mondo, lo commentiamo… Nel resto del tempo, siamo quasi tutti padri di famiglia, per cui viviamo tutti un po’ la vita da “Dr. Jekyll & Mr. Hyde”. A casa facciamo le cose che fanno tutti, portiamo i figli a scuola, a fare sport, sai, le cose quotidiane… E quindi quando siamo in giro torniamo nella dimensione Punkreas.

Già dieci anni fa ti lamentavi con noi del sopraffare della tecnologia. Ascoltando “Ciao Ciao”, sembra che per voi la situazione non sia migliorata.

Non siamo contrari alla tecnologia e al progresso a priori, attenzione. Forse è perché siamo vecchi e abbiamo potuto vivere una società precedente a tutto questo, a noi sembra ci sia poca consapevolezza, a partire dallo smartphone fino ad arrivare all’intelligenza artificiale. L’eccessivo uso, anzi, l’abuso di tutto ciò ci sta un po’ fottendo il cervello. È come se fossero delle droghe, che neanche sballano [ridiamo, ndr], che però creano una dipendenza fortissima. In un locale non si riesce a stare più di tot secondi senza guardare il cellulare! Ci fotte il cervello e in più ci mette nelle mani delle persone che controllano le tecnologie, esattamente come un tossicodipendente nelle mani dello spacciatore.

Mi trovi d’accordo, anche se non ho vissuto una società senza tutto questo, alla fine io alle medie avevo già il cellulare. Però nemmeno io apprezzo il progresso fine a se stesso e fatto senza cognizione di causa.

Che poi, l’intelligenza artificiale ad esempio è una cosa utilissima, probabilmente porterà delle migliorie incredibili in campo medico. Ma devi avere consapevolezza dello strumento che hai in mano, se no diventi schiavo.

Se poi pensiamo all’applicazione in campo artistico, dove si pensa che potrebbe sostituire l’uomo, per me quella è la morte dell’arte.

Esatto. Ciò non sarebbe possibile se il pubblico fosse in grado di distinguere tra immagine e sostanza, come diciamo appunto nella canzone. Il problema è che adesso si bevono tutti qualsiasi fesseria, non c’è più la curiosità di approfondire e conoscere davvero, cercare gli artisti che ti piacciono, comprenderne il linguaggio… Se uno non ascolta blues, le canzoni gli sembreranno tutte uguali perché per apprezzare davvero il blues devi farti una tua cultura. Con cultura e conoscenza, l’intelligenza artificiale non potrà mai sostituire un bluesman perché riconosceresti la fuffa, distingueresti l’artificiosità dal vero estro. Quindi il problema non è tanto che oggi c’è l’intelligenza artificiale, quanto il pubblico non più abituato a riconoscere il vero talento.

Nell’ultima intervista criticavate il Berlusca e la Lega, ma con “In Italy” non mi sembrate contenti nemmeno oggi del nostro Paese. Com’è cambiato secondo voi?

Guarda, noi abbiamo una canzone chiamata “Disgusto totale”, scritta quando c’era ancora Bettino Craxi. Quando Craxi se ne andò, arrivò Berlusconi, quindi c’era la sensazione che si andava solo verso il peggio. Dopo è arrivato Salvini, dopo ancora la Meloni, quindi ci sembra ancora oggi che le cose non fanno altro che peggiorare. Governi di destra/centrodestra che fanno finta di guardare gli interessi dei più poveri, che in realtà diventano sempre più poveri, così come le classi medie. Al governo interessano solo i grandi possessori di capitale, e poi privatizzano tutto seguendo il modello americano, dove se non riesci a pagarti l’assicurazione muori per strada. Ma nonostante queste cose siano davanti ai nostri occhi, c’è gente che ancora crede sia un ottimo modello. E se andiamo avanti così, ci toccherà pagare pure l’aria, appunto.

Vorrei poter darti torto… Rimanendo in tema sociale ma legato alla musica, mi sembra che in Italia stia arrivando un cosiddetto “punk revival”, sulla scia di quanto stava già accadendo in America. Ma io credo che il vero punk non se ne sia mai andato e sia rimasto nell’underground, dove riesce ancora a tirare gente nei locali e a creare una scena. Ti trovi d’accordo?

Allora, quando noi abbiamo iniziato, il punk rock in Italia non andava fortissimo, rispetto ad esempio al metal stile Iron Maiden. La gente non capiva perché ci ostinavamo a fare sta roba, ma noi ci ritrovavamo nell’attitudine punk, per raccontarci e raccontare ciò che avevamo intorno. Era un’esigenza e ci veniva spontaneo. Ma appunto, non lo facevamo perché era una moda. Solo dopo, con Green Day, The Offspring e così via, il punk rock diventa quasi mainstream ed è lì che nascono un sacco di band che fanno punk solo perché il punk ora funzionava. Infatti finito quel momento lì, quella band mai più viste. Chi lo faceva con sincerità e senza doppi fini, è rimasto. Non è un caso che oggi, in questo ritorno del punk, le band siano sempre le stesse: noi, Derozer, Shandon… Mi hanno detto che ci sono gruppi nuovi nella scena, li ho sentiti e sinceramente non mi sembrano proprio punk [ride, ndr].

A proposito di artisti che cercano di cavalcare l’onda di questo revival, ho visto che voi siete tra i collaboratori del prossimo disco dei Finley. Com’è nata “I miei amici”?

Loro sono di Legnano, li conosco fin da quando sono piccoli. Loro provavano nella cantina di un locale che si chiama Circolone, che c’è ancora adesso. Io facevo delle serate lì e mi ricordo di una volta in cui loro sono saliti su, tutti puzzolenti e sporchi di birra dicendo: “Hey, siamo giù a provare!”. E la canzone parla proprio di questo. Loro hanno scritto questa canzone che parla di noi e allora noi nella nostra strofa parliamo di loro, di quando li abbiamo conosciuti. È una cosa molto vera, molto genuina e spontanea.

Molto carina come cosa! Essendo un punk della vecchia guardia, non posso non farti questa domanda: cosa pensi della reunion dei CCCP?

Ma sai che non ho un’opinione precisa in merito? Io ho adorato e adoro i CCCP, sono una fonte d’ispirazione incredibile… So che Giovanni Lindo Ferretti ha espresso simpatie per entità politiche e culturali che dovrebbero essere molto lontane da quelle che noi umili fan del gruppo abbiamo colto dalle loro canzoni e dai loro testi… So che c’è chi dice che lui è sempre stato così, siamo noi che non abbiamo capito un cazzo [ridiamo, ndr]. Quindi non lo so. Ma posso dirti che non seguirò questo ritorno, non andrò a vederli. Preferisco mantenere il ricordo dei CCCP da fan, così come li ho percepiti io. Non voglio rischiare di contaminare ciò.

Punkreas 2
Foto: Luca Ash

Tornando più su di voi, sia tu che Endriù [altro chitarrista del gruppo, ndr] siete usciti come solisti quest’anno. Credi che questo cambierà in qualche modo i Punkreas?

No. Per quanto riguarda Endriù, lui non partecipa molto alla scrittura dei nostri brani, anche perché fa un sacco di cose… Tra l’altro è una coincidenza che l’abbiamo fatto in simultanea. Io volevo solo prendermi una vacanza. Fare musica senza pressione, senza aspettative, solo per il gusto di farla. Sono canzoni che avevo già lì, ma che per motivi di sonorità oppure per testi molto personali non erano adatte alla poetica Punkreas. Non pensavo nemmeno di pubblicarle all’inizio, però ai pochi a cui le facevo sentire piacevano. Quindi alla fine niente vacanza, ma va benissimo, sono contento perché è piaciuto. Il Gagno [batterista dei Punkreas, ndr] l’ha spiegata molto bene: è stata una crisi di mezza età. C’è chi compra la barca, chi va in India, chi si iscrive in palestra e io ho fatto il disco solista [ridiamo, ndr]. Tra l’altro, visto che ho fatto pochissime date per promuoverlo, durante il prossimo tour dei Punkreas ne suonerò una in scaletta.

Tu da solista hai scelto di chiamarti N*O*Y*S*E, con gli asterischi in mezzo. È una scelta ad cazzum o c’è un motivo?

Il motivo è che, quando dovevamo caricare tutto sulle varie piattaforme abbiamo visto che di Noyse ce n’erano un sacco. E allora abbiamo pensato agli asterischi per distinguermi. Non è stata una gran trovata alla fine perché rende tutto più difficile… [ride, ndr]. Ma anche Endriù non l’ha pensata benissimo… [prende il nome di Ændriu, ndr]

Il tuo disco si chiama “Inutile” e presenta sonorità più sintetiche. A tratti in effetti mi ha ricordato un po’ i CCCP…

Ci sta! C’è l’attitudine punk ma c’è anche una costruzione un po’ più raffinata, c’è anche un po’ di elettronica. È musica più riflessiva. Si parla di cose molto soggettive, intime, anche perché i temi sociali e collettivi li tocco già coi Punkreas e io volevo fare una cosa diversa. Se avessi provato a replicare, sarebbe venuto sicuramente peggio.

E quest’estate partite con un bel tour, che sicuramente è la cosa che vi piace di più al mondo. Ho visto che l’11 luglio siete al Rugby Sound con altre due glorie del punk italiano, Derozer e Vallanzaska. Mantenete ancora gli stessi rapporti di quando eravate giovani?

Sìsì, siamo molto amici, ci rispettiamo tantissimo e ci troviamo bene insieme. Con ognuno di loro abbiamo una storia particolare. Ad esempio a Seby [voce e chitarra dei Derozer, ndr] siamo legatissimi anche perché in un nostro momento di difficoltà, quando c’è stato un cambio di formazione, lui c’è stato molto vicino, ci ha supportato tanto e gli saremo per sempre riconoscenti. E conta che oggi la nostra sala prove è di proprietà di Spekkio [sassofonista dei Vallanzaska, ndr]. Sono tutti personaggi meravigliosi e non a caso sono ancora lì. Belle persone, oltre che grandi artisti.

Sabato ci becchiamo al Carroponte immagino.

No perché sono con Paletta [bassista dei Punkreas, ndr] a fare un djset in un Circolo ARCI nel mantovano, siccome presentano la nostra birra “Aca Toro”.

Allora buon divertimento! Noyse, ti ringrazio tantissimo per il tuo tempo. Vuoi lasciare un messaggio ai vostri fan che leggono Spaziorock?

Speriamo di vederci presto dal vivo perché è la situazione migliore. Il concerto dei Punkreas è una festa collettiva e finisce solo quando Paletta se ne va [ride, ndr].

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