Is it better to feel this or feel nothing at all?
Qualche volta necessitiamo di spazio. È tutto ciò che ci serve: una piccola fetta di spazio personale, un posto in cui rifugiarci e poterci concentrare su noi stessi, poter tracciare dei confini con il mondo esterno e impedire che questi vengano oltrepassati da chiunque altro. Perfino la persona con la mente più sana e che è più in pace con se stessa ha bisogno ogni tanto di quei pochi ma importantissimi minuti di respiro in solitaria.
Le creature soliste di Luke Hemmings nascono da questo bisogno. Il frontman dei 5 Seconds of Summer sicuramente non è sprovvisto di amici e ancor più certamente può dirsi soddisfatto della propria carriera artistica, considerando che ha passato gli ultimi 10 dei suoi 27 anni di vita in giro sui palchi di tutto il mondo. Eppure, per quanto sembri tutto fantastico, il giovane australiano non è così tanto felice quanto si potrebbe pensare e la musica che produce al di fuori del gruppo parla da sola.
Il primo album “When Facing the Things We Turn Away From” (2021) apriva una breccia in quello che era stato un anno e più di confinamento forzato – perché sì, è bello stare da soli, ma se è una nostra scelta. A tre anni di distanza, Hemmings torna con “boy”, un EP, che però si discosta quasi con ironia dai suoi simili più recenti: difatti, se i gruppi rock e affini tendono ad accorciare sempre più la durata delle proprie uscite, fino ad EP sotto il quarto d’ora, la popstar ne pubblica uno da ben 24 minuti.
Ad accompagnare il cantante nella scrittura e nella produzione c’è ancora una volta Sammy Witte, che garantisce in qualche modo una continuità con il lavoro precedente. Il disco può infatti essere definito anch’esso appartenente al “pop malinconico”, che strizza l’occhiolino a tratti all’indie pop (“Shakes”), a tratti alla musica lo-fi (“I’m Still Your Boy”). I toni sono musicalmente più leggeri, anche più orecchiabili dell’esordio, ma si percepisce che sotto la superficie di tastiere liquide e batterie distese c’è una mole non indifferente. “Benny” nasconde sotto le vibes anni 80 il sentimento di colpevolezza per la lontananza dal fratello (“In the face of a stranger/The guilt is all I can see”). “Close My Eyes” cerca di respingere la morte ma più precisamente i rimorsi, gli sbagli che siamo costretti a rivivere per il resto della vita.
Gli anni ’80 sembrano effettivamente l’influenza principale questa volta: impossibile non pensare a “Dancing in the Dark” del Boss mentre si ascolta “Garden Life”, oppure ai Cocteau Twins quando la voce di Sierra Deaton si unisce al marito in “Close Enough To You”. Sempre Deaton canta qualche linea nella conclusiva “Promises”, che invece ha un sound molto più moderno e aggiunge una nota di dolcezza alla fine di un EP molto profondo.
Luke Hemmings cerca in meno di mezz’ora di accettare alcune delle lezioni più dure della vita. Ci è riuscito? Per quanto effettivamente emerga, a tratti, la sua provenienza musicale di tutt’altra specie, questo “boy” è un buon lavoro e mostra di nuovo il lato più intimo di un artista abituato ad ambienti molto più agghindati. Settimana prossima inizierà il suo primo tour da solista: milanesi (e non solo), non fatevelo scappare.
Tracklist
01. I’m Still Your Boy
02. Shakes
03. Benny
04. Close My Eyes
05. Garden Life
06. Close Enough to Feel You
07. Promises