Rhapsody Of Fire (Fabio Lione)
Fabio Lione, cantante dei Rhapsody Of Fire, si è concesso a noi di SpazioRock nel backstage del Wacken Open Air 2011 per qualche domanda in generale sulla band, in quella che può essere considerata una delle ultime interviste prima dello split con Luca Turilli. Buona lettura!
Articolo a cura di Davide Panzeri - Pubblicata in data: 06/09/11
Ciao Fabio come va? Stanco?

Un po’, che casino che c’è qui… Ieri sono stato in mezzo al pubblico a guardare qualche show… Mamma mia che roba!

Sì, è davvero impressionante. Ci vogliono dieci minuti solo per andare da un palco all’altro. Dunque, siccome abbiamo recentemente condotto un’intervista con Alex Staropoli sul nuovo album, volevo farti qualche domanda più in generale sulla band ed evitare di ripetere le stesse cose…

Si, non c’è problema…

Allora, com’è andato lo show? Soddisfatto?

Si, sono soddisfatto perché ho visto una buona reazione da parte del pubblico. Erano molti anni che non suonavamo a Wacken, hanno reagito molto bene, hanno cantato assieme a noi ed i suoni erano buoni. Forse l’unica nota stonata è stato suonare un po’ presto, non potevamo usare luci e quant’altro, ma lo show è andato bene lo stesso.

Infatti, è un po’ strano per voi suonare di pomeriggio dato che fate dell’atmosfera una delle vostre armi principali. All’alcatraz a Milano è stata tutta un’altra cosa…

Infatti, abbiamo delle canzoni che con le luci ed il buio guadagnano tantissimo, brani un po’ più teatrali rispetto al normale, che hanno bisogno di quelle condizioni. Col sole che ti batte sul viso perdi tutta quella magia, ma non importa, sono soddisfatto lo stesso.
 
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Si, ho visto un sacco di gente che partecipava e cantava…

Esatto, non solo le prime due o tre file, fino in fondo.

Ecco, ho trovato un po’ debole partire con “Triumph Or Agony”, mi è sembrata poco grintosa e poco adatta…

Di sicuro non è il pezzo più conosciuto della band, può essere che sia stato "soft" come inizio. Tutto sommato, però, credo che la setlist sia stata buona, abbiamo proposto pezzi un po’ vari da ogni album. Forse non abbiamo pescato pezzi dal primo cd, anche perché non avevamo moltissimo tempo ed, avendo un’ora scarsa, più di tanto non puoi fare. Soprattutto perché, avendo otto cd più qualche mini, anche facendo una canzone ad album già sei sui cinquanta minuti, per cui le cose stanno così…

Completamente diversa era la scaletta di Milano…

Sì, quella era molto ricca..

A proposito, lo sai che ho aspettato ben nove anni per un vostro show in Italia? Non vi sentite un po’ in colpa per questo?

Ecco sì, un po’ sì. La data di Milano poi è stata molto particolare anche per noi, forse una delle più riuscite di tutto il tour che abbiamo fatto. Delle tre date italiane è stata sicuramente la migliore, poi Bologna ed infine Roma. Non so, la data romana non è stata male, ma le altre due avevano un qualcosa in più. C’era qualcosa nell’aria, anche i nostri tecnici l’hanno detto, e non sono italiani. Sai quell’atmosfera che a volte si crea e rende particolare uno show? Ecco…

Avete mai seriamente pensato di trasporre l’Emerald Sword Saga su carta stampata?

Sì, e ce l’hanno anche proposto. Però dipende da Luca, è un’idea che potremmo attuare, vedremo.

Riguardo al cambio di nome avvenuto qualche tempo fa ormai, come avete reagito quando vi è stato detto che avreste dovuto cambiarlo?

Beh, io non l’ho presa molto bene. Sembra che ci fosse questo artista reggae americano che aveva registrato il nome da undici anni in vari paesi. Mi ha fatto molto strano perché ti accorgi di questa cosa dopo dieci anni? Salti fuori così all’improvviso?
 
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Magari non era frequentatore e conoscitore della scena metal…

Sì, ma il fatto del nome lo posso anche capire, ma essendo un musicista singolo e non una band, che suona raggae poi, non c’è nemmeno sovrapposizione di mercato. Ha proprio voluto rompere le scatole in quella maniera, tutto lì. Alla fine siamo riusciti a tenere il nome Rhapsody aggiungendo qualcosa, perché lui all’inizio voleva che cambiassimo proprio tutto il nome. Infine abbiamo trovato l’accordo ed aggiunto queste due paroline…

Ecco appunto “...of Fire”, non vi sembra un po’ banalotto?

Devo essere molto sincero, io in realtà avevo proposto “Rhapsody In Black”, suonava molto meglio. Il fatto è che questo americano è di colore e quindi ci hanno sconsigliato di chiamarci in quel modo perché si poteva pensare che l’avessimo fatto apposta e così… Ne sono rimasto dispiaciuto perché alla fine anche da lì è partito "Rhapsody In Black" e secondo me suonava davvero bene, ha una certa eleganza come nome. Rhapsody of Fire è qualcosa di carino ma tanto, ormai, le persone ci chiameranno sempre Rhapsody, è ininfluente. Insomma, era l’unica alternativa che avevamo.

Cosa c’è quindi nel futuro dei Rhapsody Of Fire ora?

Vogliamo svoltare, senza ovviamente snaturare la nostra musica, e parlare di tematiche che non siano prettamente fantasy come abbiamo sempre fatto. Ovviamente il sound rimarrà riconoscibile, vogliamo solamente parlare di qualcosa che non assomigli a "Il Signore Degli Anelli" o cose di questo tipo… Sarà una cosa interessante sia per noi che per i fan. Non so ancora se si tratterà di un concept o meno, ma sicuramente ci staccheremo dalle tematiche fantasy.

I Rhapsody Of Fire sono, assieme ai Lacuna Coil, una delle band più importanti e rappresentative del nostro paese: cosa ti senti di dire o consigliare alle giovani band emergenti italiane della scena italiana?

E’ un po’ difficile perché al momento la situazione discografica italiana è molto complicata. Ci sono tantissimi gruppi, molti più che in passato, anche perché è molto più semplice registrare un demo o un album a discapito della qualità finale. Non intendo dire che siano scarsi come qualità di registrazione, anzi, è possibile registrarne di ottime, ma mi sto riferendo alla qualità compositiva, alle idee, all’estro che manca... Questo lo avverto molto nei gruppi italiani che spesso e volentieri sono esterofili e quindi si rifanno ai gruppi tedeschi, svedesi etc. Il segreto, secondo me, è quello di imparare la lezione e di metterla poi in pratica a modo tuo, nel senso che, se non hai qualcosa di personale nella band, difficilmente potrai raggiungere dei risultati. Anche se impari perfettamente la lezione, sei un musicista ottimo o un cantante molto bravo, è inutile che tu faccia delle canzoni scimmiottando i Symphony X o altri, ci sono già quelli che lo fanno. Devi avere qualche cosa di personale, e questa è la cosa più difficile da trovare, soprattutto in Italia.

Un po’ come voi all’inizio, siete stati praticamente i primi a fare quel tipo di musica…

Beh, noi non abbiamo fatto miracoli e contromiracoli ma nel nostro piccolo abbiamo creato qualcosa che era nostro, riconoscibile subito e questo ha fatto la differenza. Ci sono invece dei gruppi che suonano e dici “si bravi, somigliano ai…” e non si ha nulla di più da dire, capito? Questo è un grosso problema…
 
fabiolione Sì, bisogna differenziarsi assolutamente…

Anche perché le etichette italiane non è che diano questa grande mano… Non è che ti consigliano, il gruppo è lasciato a sé e, se non si è bravi a capire la direzione da intraprendere, è difficile che si riesca a fare qualcosa. Le etichette in Italia prendono, stampano e pubblicano il disco, stop. Non ti danno nemmeno consigli…

In Nuclear Blast invece è tutto diverso?

Nel nostro caso non è che ci abbia dato consigli, come nemmeno SPV, perché siamo partiti con qualcosa di particolare e già nostro. Sono tuttavia label che hanno molta più esperienza, molti gruppi a carico, e ogni tanto qualche consiglio può scappare, come può scappare un contatto, un festival. In Italia l’etichetta metal non ti troverà mai un festival, non ti troverà mai un’idea o altro, al limite ti può trovare una parte come ospite in un disco di un personaggio ecco, più di lì non vai…

Magari anche perché l’etichetta deve pagare un determinato festival per poter far suonare le proprie band…

Quello dipende, non sempre è così. Ci sono però etichette che si interessano dell’attività live ed altre che non lo fanno, quelle italiane solitamente non lo fanno.

Divaghiamo un attimo. Suppongo che ormai riusciate a sostentarvi economicamente da soli o magari fate qualche lavoro saltuario?

Dipende, io ho sempre fatto questo però ho diverse cose da seguire e diciamo che ce la faccio. Lo stesso per i ragazzi: Luca, Alex, tutti... Chiaramente dipende, Holzwarth dà lezioni e fa qualche ospitata in altri progetti come session man, Luca magari ogni tanto nel tempo libero ha fatto dei lavori solisti, io magari collaboro con i Vision Divine o i Kamelot, quindi in qualche maniera ce la fai. Di certo non è così tutto rose e fiori perché il mercato di oggi non è quello di dieci anni fa e quindi vendi molti meno cd perché se la gente li scarica da internet, è più difficile trovare un concerto, è più costoso farlo col tuo stage ecc. Sì, ce la facciamo, ma non è così facile.

Immagino poi che essendo una band italiana abbiate ancora più difficoltà…

Sì, per una band italiana non è per niente facile, sappiatelo, perché se non hai un nome affermato ti ritrovi a fare pochi concertini in locali dove magari la cover band di turno di ragazzini che ha imparato a suonare quelle dieci canzoni degli Ac/Dc suona molto più di te. Cioè, l’assurdo è quello, i locali stessi preferiscono la cover band piuttosto che un gruppo che ci crede, questo è un grosso problema. Alla fine tanti gruppi si mettono a fare cover anche loro perché in un mese riesci a fare tre o quattro date, mentre se hai un gruppo tuo se va bene ne fai una.

Curiosità: Avete per caso rivisto i vostri vecchi video musicali?

Sì, ce ne sono alcuni orrendi tra cui “Power Of The Dragonflame”, che è stata un’idea della nostra vecchia casa discografica, e non era stata approvata dalla band. Non ci abbiamo messo né mano né bocca. Hanno avuto questa idea, abbiamo dovuto farlo contrattualmente e quindi è stato rilasciato così. Altri video magari li abbiamo voluti fare noi, ingenui magari per il budget ridotto, volevamo avere scenografia à la "Lord Of The Rings", ma capisci che se tenti di replicare un film di Hollywood con un budget ridotto viene fuori una schifezza, è stata un’ingenuità nostra quella.

Ok Fabio, grazie dell’intervista e a te le ultime parole…

Ringrazio te e tutti i nostri fan e spero vivamente di vederli nelle prossime date che faremo in Italia e, se tutto va come deve andare, sarà per l'inizio del prossimo anno. Ciao!



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