Phil Demmel (Phil Demmel)
In occasione della data milanese del Jackson Clinic Tour, abbiamo scambiato due chiacchiere con Phil Demmel, chitarrista dei Machine Head. La sua passione per la chitarra, i miti di infanzia, gli stimoli per migliorarsi ogni giorno... Buona lettura!
Articolo a cura di Stefano Risso - Pubblicata in data: 14/05/13

Ciao Phil, bentornato su SpazioRock, come stai?

Molto bene, oggi è una bellissima giornata, mi sto divertendo molto, non potrebbe andare meglio.

Il Jackson Clinic Tour è partito da poco in Germania e ieri ti sei esibito a Bologna, come è stata la reazione del pubblico?

Bellissima! Il pubblico ieri è stato incredibile molto caloroso...

Sì, ho letto proprio in diretta un tuo tweet a proposito...

Ahaha sì, cazzo duro (in italiano. ndr)! Dopo l’esibizione ieri mi sono fermato con qualche fan, sono stati eccezionali, mi hanno fatto davvero sentire il loro calore. Anche chi mi accompagna in questo tour si è meravigliato, poi ho cominciato a imparare qualcosa di italiano... Cazzo duro! Ahaha

Ahah bene direi di andare oltre. Questo genere di eventi sono una grande opportunità non solo per i fan di incontrare gli artisti da vicino, ma anche per voi musicisti di stare maggiormente a contatto con il pubblico, forse esponendovi di più. Tu come ti prepari per un clinic, c’è differenza tra l’esibirsi su un palco davanti a migliaia di persone o in una piccola sala con qualche decina di spettatori?

E’ completamente diverso. Il modo in cui ti approcci a una serata del genere riguarda solo te, devi concentrarti al meglio perchè sei solo tu a suonare a pochi centimetri di distanza dal pubblico e non puoi sbagliare. E’ meno dispensioso dal punto di vista logistico, c’è meno lavoro da fare, ma è più una questione di concentrazione, anche se poi devi far divertire chi è venuto a vederti, non deve essere una cosa troppo seria. Un mix di entrambe le cose insomma, è un’esibizione più intima e in qualche modo devi sfruttare il contatto diretto coi fan. Mi piace molto come cosa.

Oggi siamo qui per parlare di chitarre e del modo in cui suonarle. Ti chiedo quando è nata la tua passione e quando hai capito che poteva diventare il tuo lavoro?
 
machine_head_12__copy_01Beh è iniziata da piccolo, come credo per tutti i chitarristi e musicisti in generale. Ascolti tanta musica e senti che qualcosa sta crescendo dentro di te e ti accorgi cosa sia quando imbracci per la prima volta la chitarra. Almeno per me è stato così, sentirsi subito a proprio agio con lo strumento, non abbattersi durante il suo studio, cercare sempre di migliorarti. E’ qualcosa che senti dentro. Poi se hai sufficiente fortuna e talento può doventare un lavoro per la vita... Io me ne sono accorto quando ho cominciato a lavorare su grandi dischi che hanno venduto ovunque, a girare il mondo, a incontrare centinaia di persone a rilasciare interviste. Ecco è stato un passaggio graduale fino a quando mi sono detto: “Ok, ce l’ho fatta, ora farò questo per vivere”.

Quanto è difficile acquisire uno stile personale? Credo che nel tuo caso, come chitarra solista, sia forse ancor più complicata la cosa...

Sì, devo dire che specialmente negli assoli è difficile esprimere la tua concezione di musica, quello che vuoi veramente dire quando ti metti a suonare. Ovviamente sono partito da alcuni miti che mi ispirano tutt’ora, chessò penso a Randy Rhoads, Angus Young, poi progressivamente cerchi di trovare la giusta combinazione tra ispirazione e farina del tuo sacco. Bisogna lavorare molto duramente...

Appunto, ascoltando i tuoi ultimi lavori coi Machine Head, si nota un costante incremento tecnico per quanto riguarda le chitarre. Ora tu sei un grande chitarrista, ma cosa spinge un musicista come te a migliorarsi giorno dopo giorno, album dopo album?

Robb Flynn. Ahaha nel mio caso è lui che mi spinge continuamente a migliorare me stesso, a lavorare tantissimo sulle linee di chitarra... Insomma è una grossa fonte di miglioramento, pretende sempre il massimo, non scende mai a compromessi con la sua musica e io non posso fare altro che cercare di migliorare per portare la nostra musica a un livello superiore. Può sembrare una cosa brutta da fuori, ma solo con qualcuno che ti stimola ogni giorno puoi davvero migliorare.

Quanto è importante un buon equipaggiamento per un musicista? Sappiamo che all’inizio tutto parte dal cuore, dall’ispirazione, ma a che punto un buon equipaggiamento può fare la differenza.

Quando cominci a fare le cose in modo professionale. Almeno se vuoi raggiungere determinati obiettivi, un certo tipo di sound, è importante il miglior supporto possibile. Sono tanti gli aspetti che permettono di migliorare quello che suoni, nessuno è fondamentale ma nell’insieme fanno la differenza.

Appunto, volevo chiederti se per la costruzione della tua Demmelition King V, la Jackson ha ascoltato le tue direttive o alcuni consigli sul tipo di suono che vuoi ottenere.

Certo, a parte alcuni accorgimenti estetici, alla fine non è proprio una King V ma è leggermente diversa, tutta la parte tecnica è stata costruita e regolata anche col mio contributo. E’ bello poter suonare con una grande chitarra che in qualche modo è stata costruita per assecondare il tuo stile, non potrei essere più soddisfatto.

Bene Phil, per oggi abbiamo concluso. Ti ringrazio molto per il tuo tempo e lascio a te la chiusura dell’intervista!

 

Grazie a voi di SpazioRock e a tutti i lettori che nel corso degli anni mi hanno sempre dimostratogrande affetto. State certi che ci rivedremo presto!




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