L’ultimo lavoro discografico sembra un unreleased degli anni ’70, registrato in presa diretta negli studi BMI di Nashville, la voce di Josh Kiszka perfettamente incorniciata dagli strumenti, gentilmente riverberata e mai spiccatamente in primo piano. Torna fortissima la tentazione del paragone con i lords of rock, gli impareggiabili Led Zeppelin, ma siamo sicuri che sia un paragone appropriato? I Greta Van Fleet non hanno potuto che confermare la forte influenza che i Led Zeppelin hanno avuto su di loro, ma nella loro musica c’è molto di più. Ecco perché, per una volta, vogliamo concentrarci sulle differenze.
Partiamo dalla più ovvia: i Greta Van Fleet sono una band molto successiva e non sono certo gli unici ad aver subito l’influenza dei nostri beniamini che, a loro volta, si sono ispirati ai grandi bluesmen che hanno fatto musica prima di loro. E se di blues vogliamo parlare, è risaputo quanto questo genere sia noto per essere, almeno da un punto di vista teorico e tecnico, estremamente ridondante, sempre uguale a sé stesso. Eppure in questo schema ostinatamente ricorrente, tantissimi artisti hanno trovato la libertà espressiva giusta per affermarsi e lasciare la loro impronta nella storia della musica. Il rock eredita dal blues la stessa ricorrenza, gli stessi suoni grezzi e le stesse tematiche: parla di dolore, di malinconia, ma aggiunge amore e romanticismo, rabbia e, nel caso dei Led Zeppelin, un pizzico di magia e un fascino per la mitologia nordica e la letteratura fantasy. Il che ci porta alla seconda differenza.
Se nei Led Zeppelin la componente esoterica ha raggiunto un’importanza quasi primaria nei testi, ma anche nelle vicende oscure che hanno caratterizzato parte della storia della band, nel rock dei Greta Van Fleet resta una semplice seppur predominante suggestione timbrica, che richiama sonorità e ritmi celtici, e strizza l’occhio anche al folk britannico. In particolare, si potrebbe addirittura azzardare, visto l’uso di strumenti come l’arpa e le chitarre acustiche ostinate, una vaga somiglianza alle sonorità dei Fleetwood Mac, o ai Jethro Tull. Ciò che tuttavia ispira i Greta Van Fleet per i loro testi è un qualcosa di più sottile, sembra più un tentativo di definire sensazioni interne e profondamente individuali, forse leggermente più cupe di quelle proposte dai rocker degli anni ’70. Non mancano momenti di pura adrenalina e jam blues, che li avvicina moltissimo ai loro predecessori, ma anche lì ci sono notevoli differenze.
Per quanto sia innegabile la somiglianza fra Josh Kiszka e Robert Plant, i due cantanti si differenziano profondamente per il modo in cui usano la voce. Ciò che ha conquistato il mondo intero della voce di Plant è l’esplosività istintiva, la capacità di arrivare dritto al cuore degli ascoltatori con i suoi versi graffiati, le urla di amore disperato, che ci porta a non curarci di eventuali imperfezioni che, al contrario, risvegliano l’empatia dell’ascoltatore. Il frontman dei Greta, al contrario, pur utilizzando alcune soluzioni melodiche che richiamano allo stile di Robert Plant, fa un uso della voce estremamente misurato, meditativo eppure estremamente emotivo, ma in maniera profondamente diversa. Mentre invece, per quanto riguarda le chitarre di Jake Kiszka o, più in generale, la parte strumentale, è lapalissiano il riferimento a Jimmy Page nelle movenze di Jake, ma la cornice è molto più moderna, pulita. Più adatta alle orecchie di un ascoltatore abituato all’altissima definizione della musica liquida.
I Greta Van Fleet, come i loro predecessori, producono un rock figlio dei tempi che stanno vivendo, dalle sonorità leggermente incupite ma dai suoni brillanti e definiti, con pochi momenti strumentali. Siamo ben lontani dall’epoca in cui ci si poteva lasciar andare a versi di impeto fra batterie e lunghi soli di theremin. Ciononostante, al terzo album in studio della band, scorgiamo una grande personalità e una profonda determinazione alla ricerca di una propria distinta identità.
Creare qualcosa di nuovo con questa pesante eredità sulle spalle sembra un’impresa titanica. I Greta Van Fleet non solo portano tale eredità con orgoglio e dignità, ma sembrano non curarsi della pressione dell’aspettativa dell’affezionato amante del rock. Aspettativa a volte invisibile, eppure molto presente. I fratelli Kiszka e soci sanno che avere una tradizione è un punto di forza e ci dimostrano, anno dopo anno, album dopo album, di avere le idee chiare e di percorrere la loro strada, con la spietata sincerità che rende il rock ancora oggi uno dei generi musicali più amati al mondo.