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Ci aveva avvertiti, Alex: “there’d better be a mirrorball for me”, canta nell’ultimo album “The Car”. È il desiderio famelico dello showman, di chi fa del concerto il palcoscenico della propria vita, quello di creare sempre lo spettacolo più bello, più luccicante possibile. Nel caso di questo brano in particolare (“There’d better be a mirrorball”, ndr), anche un momento drammatico e pieno di tensione deve essere spettacolare. 

E sì, c’è stata anche una mirrorball a sovrastare il palco che ha ospitato l’attesissimo ritorno in Italia degli Arctic Monkeys: eravamo in 65mila in questa meravigliosa, sognante e old fashioned sala da ballo.

Questa giornata di chiusura di I-Days all’Ippodromo La Maura di Milano – e con i Maiden nell’ippodromo accanto – ha, sì, un non so che di malinconico: un mood perfetto per godersi appieno una scorpacciata del migliore indie rock. 

Dopo i set di Omini e Willie J Healey, il nome dei The Hives inizia a comporsi nella scenografia sul fondo del palco. La folle, scatenatissima band di Pelle Almqvist salta in scena nel proprio tipico smoking, nonostante il caldo torrido che ci accompagna fino al calare del sole. Ci godiamo un’ora di puro punk con il papillon: Pelle è implacabile e pare che questa sera sia davvero preso nel cimentarsi con l’italiano: “Sono il cantante in The Hives”, si presenta. Tra brani tratti dal nuovo “The Death Of Randy Fitzsimmons”, in uscita l’11 agosto via FUGA – il primo album dopo 11 anni –  e vecchie glorie come “Walk Idiot Walk”, “Hate To Say I Told You So “ e “Tick Tick Boom” c’è solo una certezza, come ci ha fatto ripetere circa infinite volte Pelle: “Now you know that you love The Hives”. E come dargli torto.

Credits: Francesco Prandoni

Un’ora abbondante di pausa dopo, it’s showtime. Siamo improvvisamente catapultati indietro di qualche decennio: ci troviamo in una ballroom illuminata da grandi lampade dai colori caldi. Un fascio di luce illumina il centro del palco e lo show di Alex Turner ha inizio. 

Aviator, pantaloni a zampa, camicia bianca e capello all’indietro: provate a dire che non è una rockstar. Questo setting, il look, quest’aura, la luce che illumina Alex solo e protagonista al centro della scena trasforma questo show in qualcosa di sacro, di divino, un’ascensione. 

Durante lo show viaggiamo tra il passato e il presente della band, dall’inizio furioso con “Brainstorm” e il groove di “Snap Out Of It” ai brani più jazzy degli ultimi due album “Tranquillity Base Hotel + Casino” e “The Car”, come “There’d better Be a Mirrorball” o “Body Paint”, che si sfoga in un assolo appassionato e infinito, in un tentativo di conciliare la loro anima più grezza e punk con quella più matura e raffinata.

Credits: Francesco Prandoni

Certo, è faticoso distogliere lo sguardo dalla spavalderia magnetica di Alex, ma con uno sguardo più ampio ci rendiamo conto che siamo di fronte a una delle più grandi band degli ultimi 20 anni, insieme a musicisti che hanno scritto alcuni dei più bei riff della propria generazione definendo un genere e donando un nuovo senso a quello che abbiamo sempre chiamato sound Brit. A questo proposito, quasi la metà della scaletta è dedicata a due pietre miliari della discografia degli Arctic, “AM” e “Favorite Worst Nightmare”, dei quali cantiamo tutte le hit come “Arabella”, “Do I Wanna Know?”, “R U Mine?”, “Fluorescent Adolescent” o una particolare versione riarrangiata di “505”.

Credits: Francesco Prandoni

Che lezione di stile, classe ed eleganza. Arriviamo agli encore incantati, per cantare “Sculptures of Anything Goes”, saltare su “I Bet You Look Good on the Dancefloor” e dondolarci su “R U Mine?”.
A parte forse i fan dei Maiden, a questo concerto c’erano veramente tutti. Dai nostalgici dell’adolescenza a chi li ha seguiti da sempre, fino a persone nate solo pochissimi anni prima di “AM”
Non so se sia merito di Alex, delle chitarre o della mirrorball, ma cosa importa? Siamo solo fortunati ad avere passato una serata in contemplazione di una delle poche band che possiamo definire davvero rappresentativa di una generazione, la nostra.
E questa lezione ce la portiamo a casa felicemente, sospesi in un’altra dimensione e folgorati dal luccichìo della mirrorball.

Setlist

Brianstorm
Snap Out of It
Don’t Sit Down ‘Cause I’ve Moved Your Chair
Crying Lightning
Teddy Picker
The View From the Afternoon
Why’d You Only Call Me When You’re High?
Arabella
Four Out of Five
Pretty Visitors
Perfect Sense
Fluorescent Adolescent
Do Me a Favour
Cornerstone
There’d Better Be a Mirrorball
505 (New Arrangment)
Do I Wanna Know?
Body Paint

Encore
Sculptures of Anything Goes
I Bet You Look Good on the Dancefloor
R U Mine?

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