Foto di copertina: Sarah Lee

Non è il chitarrista più tecnico, non è quello più virtuoso, non è quello con più estro. Nonostante ciò, si attesta tra i migliori chitarristi viventi all’unanimità. Già solo questo dovrebbe far comprendere il talento smisurato di David Gilmour nel maneggiare le sei corde, con un tocco e un suono inconfondibili e inimitabili. In occasione del suo 77esimo compleanno, ne ripercorriamo la carriera (non solo con i Pink Floyd), alla ricerca dei suoi migliori assoli. Impossibile tirarne fuori solo dieci? Siamo d’accordo con voi, ma il pericolo è il nostro mestiere…

Fat Old Sun (Atom Heart Mother, 1970)

“Atom Heart Mother” viene ovviamente ricordato per la mastodontica title track – pezzo che forse più di ogni altro ha indirizzato l’evoluzione sonora dei Pink Floyd – e per la conclusiva “Alan’s Psychedelic Breakfast”. Tra queste due opere, quasi inosservati, troviamo tre brani scritti e cuciti su misura rispettivamente per Waters, Wright e Gilmour. Quest’ultimo, “Fat Old Sun”, è un pezzo quieto e melodico, che effettivamente lascia presagire qualcosa di come si svilupperà anni dopo il sound solista del chitarrista. Il brano prende vigore nel finale e viene concluso dalla solita dimostrazione di classe. Spesso passa in sordina perché di certo non stiamo parlando di uno dei brani più famosi dei Pink Floyd, ma dateci un altro ascolto: l’assolo di “Fat Old Sun” vi stupirà.

Money (The Dark Side Of The Moon, 1973)

Di tutti i capolavori che ci hanno donato i Pink Floyd, “The Dark Side Of The Moon” (che ha festeggiato il 50esimo anniversario pochi giorni fa) è la gemma più splendente. Un lavoro che trascende ogni epoca e nel quale l’equilibrio compositivo e strumentale dei quattro è semplicemente perfetto. Forse è anche per questo motivo che non c’è nessun brano in cui Gilmour (ma anche gli altri membri) è protagonista assoluto. Nonostante ciò, anche in questo caso il chitarrista mette la firma su un paio di assoli celebri, il migliore dei quali è contenuto in “Money” e caratterizza la seconda metà del brano. Si tratta di una delle sue sezioni soliste più coinvolgenti e aggressive, durante la quale si alterna, in un fantastico duetto, con il sassofono di Dick Parry: difficile non lasciarsi andare durante l’ascolto.

Shine On You Crazy Diamond (Wish You Were Here, 1975)

Senza nulla togliere alle altre leggendarie suite composte dalla band (perle del calibro di “Echoes” o “Atom Heart Mother”), la canzone probabilmente più rappresentativa dei Pink Floyd è “Shine On You Crazy Diamond”. Un pezzo mastodontico, della durata di 26 minuti e dedicato a Syd Barrett, nel quale l’estro compositivo raggiunge vette inesplorate e ineguagliabili. Ognuno dei quattro brilla di luce propria e Gilmour si prende la scena nella parte iniziale del lavoro: sul tappeto sonoro offerto da Wright, il chitarrista mette la firma su una sezione ipnotica e oscura, forse la sua più famosa e apprezzata (dopo quella di “Comfortably Numb”), intervallata da un arpeggio leggendario, che accompagna l’ingresso della sezione ritmica. Brividi.

Dogs (Animals, 1977)

“Animals” è forse l’album più politico dei Pink Floyd: un concentrato di cinismo e satira che sa come e dove colpire a fondo. Il pezzo più rappresentativo del lavoro è “Dogs”, che attraverso i suoi 17 minuti, prende di mira gli arrampicatori sociali, che, nella metafora dell’album, vengono appunto identificati nei cani. Ci troviamo davanti a uno dei maggiori sforzi compositivi della band, che con “Animals”, e in particolare con questo brano, non intende mettere minimamente a proprio agio l’ascoltatore: l’atmosfera è fin da subito grezza, minacciosa e polverosa e il brano si evolve in uno dei più grandi esempi di perfetta sintonia tra tutti i membri dei Pink Floyd. Da parte sua, Gilmour mette la firma su più assoli stellari, per il più incisivo dei quali entra a gamba tesa dopo un momento di relativa calma, facendo stridere e dilaniando la propria Stratocaster: memorabile.

Comfortably Numb (The Wall, 1979)

Cos’altro rimane da dire che non sia già stato detto su due degli assoli più famosi e apprezzati della storia della musica? In un momento in cui l’equilibrio all’interno dei Pink Floyd inizia a vacillare pericolosamente, i quattro danno alle stampe la rock opera per eccellenza, frutto principalmente della mente di Waters, ma nella quale si possono ancora notare le influenze di tutti i musicisti. Tra i brani co-scritti dal bassista e dal chitarrista figura “Comfortably Numb”, che sarebbe anche un brano standard per i Pink Floyd, se non che Gilmour decide che è quello il punto giusto per salire in cattedra. Le due sezioni strumentali che seguono i ritornelli lasciano semplicemente senza parole per quanto siano in grado di oscurare il resto del brano, brillando di luce propria. Sono passati 45 anni dalla pubblicazione di questa canzone e ancora oggi viene additata da un numero spropositato di appassionati come quella che contiene il miglior assolo di chitarra mai scritto. Ci sarà un motivo?

The Fletcher Memorial Home (The Final Cut, 1983)

“The Final Cut” viene considerato da molti un album solista di Roger Waters, più che un lavoro dei Pink Floyd. L’egemonia del bassista aveva raggiunto all’epoca livelli impareggiabili: dopo aver cacciato Richard Wright, Waters ha praticamente ridotto Mason e Gilmour a musicisti di supporto, che avevano il solo compito di suonare pezzi scritti interamente dal bassista. Tutto ciò non è però bastato a tarpare completamente le ali al chitarrista, che costella il lavoro (sicuramente non indimenticabile) di alcuni assoli clamorosi. Di questi guadagna lo scettro quello presente in “The Fletcher Memorial Home”, nel quale tutti i marchi di fabbrica della produzione gilmouriana sono presenti in un assolo breve (per i suoi standard), quanto commovente e incisivo.

Sorrow (A Momentary Lapse Of Reason, 1987)

Il periodo durante il quale viene scritto e pubblicato “A Momentary Lapse Of Reason” non fu certamente dei migliori per Gilmour e gli effetti sono ben visibili in un album tra i meno ispirati mai pubblicati dai Pink Floyd. Tra molti brani anonimi, fa però eccezione “Sorrow”, una cupa riflessione sulla sofferenza che ben manifesta lo stato d’animo del musicista in quel periodo. Così come il testo – che parte citando “Furore” di Steinbeck –, anche il lavoro chitarristico è impressionante. Il pezzo, infatti, si apre e si chiude con due assoli tra i migliori mai scritti da Gilmour, il primo dei quali registrato nella Los Angeles Memorial Sports Arena (all’epoca casa dei Los Angeles Clippers) per rendere il suono più cupo e minaccioso.

Marooned (The Division Bell, 1994)

Dopo la parziale delusione data da “A Momentary Lapse Of Reason”, sistemate diverse questioni personali e riaccolto Wright ufficialmente in formazione, i Pink Floyd pubblicano “The Division Bell”, un lavoro ben riuscito che esplora il difficile tema della mancanza di comunicazione. Due sono i brani strumentali del lavoro e il secondo di questi, “Marooned”, è uno dei più grandi esempi delle capacità di David Gilmour con le sei corde. Sul pianoforte di Wright, il chitarrista fa piangere per 5 minuti la sua Stratocaster – e anche noi –, rimanendo fedele ai suoi standard. In questo brano non troverete particolari tecnicismi o virtuosismi, ma “solo” un torrente emozionale in piena. Provate ad ascoltarla guardando il video realizzato per il ventesimo anniversario dell’album.

The Blue (On An Island, 2006)

Non solo i Pink Floyd. David Gilmour ha una produzione solista di tutto rispetto, che si distacca da quanto fatto con la sua band principale, senza prenderne totalmente le distanze. Dieci anni dopo “The Division Bell”, Gilmour torna ad Astoria (lo studio galleggiante di sua proprietà) per lavorare su “On An Island”, terzo album solista della sua carriera. Tra i molti brani validi presenti nel lavoro, spicca “The Blue”, pezzo crepuscolare e quieto, che vede anche la voce di Richard Wright. La traccia viene chiusa da un assolo da pelle d’oca, della durata di oltre due minuti, nel quale Gilmour gioca con gli effetti creando un’atmosfera calda e confortevole.

In Any Tongue (Rattle That Lock, 2015)

“Rattle That Lock” è l’ultimo lavoro solista di David Gilmour, pubblicato in concomitanza con due anni di tour mondiali con i quali il chitarrista ha – forse – salutato l’attività dal vivo suonando in location d’eccezione e tornando, tra le altre cose, all’Anfiteatro di Pompei. A mettersi maggiormente in mostra in questo album, oltre alla commovente “A Boat Lies Waiting”, dedicata alla memoria di Richard Wright, troviamo “In Any Tongue”. Il brano, che ricorda per struttura – e non solo – “Comfortably Numb”, è uno dei punti più alti della sua carriera solista, con un assolo che, fin dalle prime esibizioni live, ha stregato tutti i fan, senza alcuna eccezione. Si tratta di un perfetto riassunto di quanto mostrato in oltre 50 anni di carriera, che contiene ed esalta tutti gli elementi per cui Gilmour viene considerato uno dei migliori chitarristi mai esistiti.

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