Menù ricco, variegato e soprattutto intenso quello che attende i presenti all’Alcatraz di Milano che nel tardo pomeriggio di domenica iniziano a riempie il locale meneghino. A distanza di tre anni dalla prima apparizione italiana insieme ai Papa Roach – probabilmente uno degli ultimi show visti nel Belpaese prima dell’arrivo del Covid – tornano gli Ice Nine Kills. I re dell’horror questa volta sono la portata principale, ma si presentano nel capoluogo lombardo ben accompagnati, in una serata in cui né i musicisti né il pubblico hanno la minima intenzione di risparmiarsi.

Le luci si spengono per la prima volta intorno alle 19 e, mentre un violento acquazzone si abbatte su Milano, i Defying Decay evidentemente non vogliono essere da meno e portano la tempesta anche sul palco. Il giovane gruppo thailandese non brilla certo per originalità, ma una cosa è certa: sul palco sembrano già veterani. Alla band bastano un paio di pezzi che trasformare la platea in un tritacarne. Sarà che i sette piazzano bene i riferimenti ai mostri sacri dei primi anni 2000, alternandoli ad accelerazioni letali e scream dilanianti, ma il pubblico (che in buona parte non li ha neanche mai sentiti nominare) impazzisce per loro e tra circle pit, un wall of death e la toccata e fuga del bassista in mezzo al pubblico, quando dopo circa mezz’ora l’esibizione dei Defying Decay si conclude, chiede a gran voce un altro pezzo. Il sestetto sfortunatamente non accoglie la richiesta, ma il messaggio che ha lanciato sembra chiaro a tutti. Da tenere d’occhio.

Difficile dopo un inizio così travolgente, mantenere lo stesso livello di ferocia e intensità, ed effettivamente i Lansdowne fanno meno breccia rispetto alla band thailandese. Certo, c’è da dire che innanzitutto gli statunitensi propongono un genere molto più tranquillo e forse meno avvezzo allo squadrone degli Ice Nine Kills, assettato di sangue e breakdown micidiali. I cinque se la cavano comunque bene con i loro mid-tempo conditi dal giusto grado di distorsioni e intrattengono comunque il pubblico a dovere. Buona la prima italiana per i Lansdowne.

L’atmosfera inizia a farsi veramente cupa, una nebbia conturbante avvolge il palco e, pur non essendo ancora il momento degli headliner, i presenti fissano il palco rapiti, bramosi di poter vivere l’esperienza donata da Skynd. La folla esplode quanto la cantante, accompagnata da tastierista/bassista e batterista con maschere e mantelli, fa il suo ingresso sul palco, nel suo trucco inquietante e una lunga coda fluorescente. Un’esibizione di Skynd trascende il concetto di concerto e si avvicina molto a quello che potrebbe essere un rito mistico. La cantante non ha bisogno di dire una sola parola al pubblico e i pezzi, ispirati a serial killer e macabri fatti di cronaca, scorrono uno dopo l’altro, scanditi dalle devastanti basi industrial e dal cantato tarantolato dell’artista australiana. Buona parte del pubblico guarda l’esibizione a bocca aperta e, insieme agli apprezzamenti unanimi, si solleva più di qualche lamentela quando i tre lasciano il palco dopo poco meno 45 minuti. Comprensibile, ma difficile essere scontenti di un’esibizione di questo livello.

La platea è ormai colma quando, dopo una ventina di minuti, si spengono le luci per l’ultima volta e gli Ice Nine Kills salgono sul palco per 60 minuti di puro delirio. Difficile definire in altro modo quello a cui si assiste: la band propone uno spettacolo su più livelli e, ispirandosi all’immaginario horror, porta on stage macellai con mannaie e coltelli, caproni che agitano motoseghe nell’aria, clown dall’aria minacciosa. La band non è da meno e anche il cantante Spencer Charnas partecipa attivamente a tutte le gag. Così vediamo sul palco un piccolo Georgie avvolto nel suo impermeabile giallo che perde il palloncino prima di essere catturato da IT (“IT Is The End”), una Marion che viene brutalmente assassinata da Norman sotto la doccia (“The Shower Scene”) e chi più ne ha più ne metta.

Ma oltre allo spettacolo c’è la musica e anche in questo gli Ice Nine Kills non sono assolutamente da meno. La band incentra la scaletta sugli ultimi due album “The Silver Scream” e “Welcome To Horrorwood: The Silver Scream 2”, mostrando un’intensità fuori dal comune su un palco che gli sta quasi stretto. Tra riffoni che bucano il soffitto, breakdown mortali e continui scream, la folla impazzita poga senza sosta – si vedono anche gruppi di fan che si mettono a remare all’unisono – e restituisce alla band tutta l’energia che riceve. Uno show di questa intensità non ha bisogno di pause e lo sanno anche loro, che limitano al minimo le interazioni e non fanno neanche finta di andarsene dal palco per l’encore. Quando lo show si chiude con “Welcome To Horrorwood” tutto sembra passato in un attimo, ma chiunque è sfinito.

Poco altro da dire per descrivere una serata riuscita sotto ogni punto di vista, dalla varietà dei generi, all’intensità dei musicisti, fino all’entusiasmo del pubblico. Come si fa a non amare la musica dal vivo dopo serate simili?

Setlist

Funeral Derangements
Wurst Vacation
Hip to Be Scared
Ex-Mørtis
IT Is the End
Communion of the Cursed
The American Nightmare
The Shower Scene
Assault & Batteries
A Grave Mistake
SAVAGES
Farewell II Flesh
Stabbing in the Dark
Welcome to Horrorwood

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