In questa rassegna oscura della prima metà di febbraio, l’estremismo non è soltanto metallico.

Backslider – Psychic Rot (To Live A Lie Records)

Formatisi nel 2008, i Backslider iniziarono la carriera come duo powerviolence di sola voce, chitarra e batteria, ma, prima con l’aggiunta del bassista Jake Smith, giusto in tempo per l’esordio sulla lunga distanza “Motherfucker” (2016), poi la sostituzione del drummer di lunga data Patrick Forrest con Jake Cregger dei Triac e la successiva uscita dell’ EP “Death Residue”, gli statunitensi hanno ampliato il proprio sound oltre i ristretti parametri d’origine. Ancora molto brutali e rumorosi, il trio di Philadelphia, nel nuovo “Psychic Rot”, mostra ulteriori sviluppi e variazioni nel songwriting: ad accompagnare riff cosparsi di catrame sludge e ritmi folli di stampo grind guidati da blast beat oltremodo barbarici, già presenti nello scorso lavoro, emerge un groove di stampo sabbathiano che conferisce al tutto una certa orecchiabilità, comunque relativa visto il genere di base. L’ugola hardcore di Logan Neubauer sibila distruttiva, mentre la produzione del fido Kevin Bernstein, nodosa, compressa e schiacciante, risulta idonea nel rimarcare l’intensità generale di una scaletta della durata di appena ventiquattro minuti. Un proiettile che penetra in profondità nella carne.

Tracce consigliate: “Asymetric Torment”, “Pseudomessiah”, “Corpseflower”

Cult Of Luna – The Long Road North (Metal Blade Records)

Ultimo tassello di una sorta di falso trittico, di cui il full-length “Down To Fear” (2019) e l’EP “The Raging River” (2021) rappresentavano i primi episodi, “The Long Road North” costituisce la sublimazione del diverso approccio compositivo dei Cult Of Luna, ormai slegati dalla formula del concept a tutti i costi e più propensi a lasciare che sia la musica, e non la penna, a costruire e narrare storie. Il nuovo disco appare concepito come il viaggio, mentale ed effettivo, intrapreso dal mastermind Johannes Persson in direzione di Umeå, sua città natale nella Svezia settentrionale e luogo altresì di registrazione del lavoro. Dopo il caos emotivo che caratterizzava le due scorse release, qui si respira una pace interiore solenne e immaginifica, capace di evocare la maestosità dei paesaggi nordici, simbolo dell’emersione in superficie delle energie psichiche di un inconscio a lungo sofferente e tormentato. Attraverso un post-metal etereo e imponente, a tratti cosparso di sludge e spesso puntellato da loop ritmici di matrice industrial che ricordano il vecchio “Vertikal”, gli scandinavi si dimostrano ancora una volta eclettici e ricercati, esibendo un’eleganza difficilmente riscontrabile in act di simile estrazione. Ciliegine sulla torta, ospiti della levatura di Mariam Wallentin e Colin Stetson: il resto parla da sé.

Tracce consigliate: “Cold Burn”, “Beyond I”, “Blood Upon The Stone”

Darvaza – Ascending Into Perdition (Terratur Possessions)

Nati nel 2015 e artefici di tre EP in grado di far crescere a dismisura l’hype nei circuiti underground europei, i Darvaza debuttano finalmente sulla lunga distanza con questo “Ascending Into Perdition”, che già nel titolo rimanda all’essenza spirituale di natura diabolica impregnante i sei corposi brani. La coppia, formata dal polistrumentista italiano Omega (Blut Aus Nord, Chaos Invocation, Deathrow, Frostmoon Eclipse) e dal singer norvegese Wrath (Behexen, Beyond Man, Mare), insieme nel malefico progetto Fides Inversa, si rende protagonista di un orthodox black metal fosco e minaccioso, ricco di richiami esoterici e relativamente versatile se consideriamo i canoni tradizionali del genere. Un pizzico di ruspante trash anni ’80, qualche strizzatina d’occhio all’orecchiabilità, linee vocali non troppo estreme variano una proposta comunque dal taglio minimalista e che non ha bisogno di melodie opulente o effetti da studio per intrappolare l’ascoltatore in un clima a dir poco tetro e sinistro. Aspettative confermate appieno per una band dal pedigree oscuro straordinario.

Tracce consigliate: “The Spear And The Tumult”, “Mouth Of The Dragon”, “Ascending Into Perdition”

(Dolch) – Nacht (Ván Records)

Nel 2019 vide la luce “Feuer”, il debutto ambient/black/doom del duo dei (Dolch), prima parte di una trilogia che si concluderà con il prossimo “Tod”: un disco atipico e di ottima fattura, in linea con le linee editoriali della Ván Records. Ora la formazione berlinese, intanto diventata un quintetto, pubblica il suo secondo full-length, e gli ascoltatori delle release precedenti, compresi demo ed EP, dovranno ancora una volta adeguarsi all’ennesima virata stilistica del gruppo. Imprevedibile e inclassificabile, “Nacht” perlustra l’oscurità facendo a meno quasi del tutto degli elementi metallici dello scorso LP: prevalgono, infatti, generi appartenenti a una sterminata tavolozza sonora, dalla cold/darkwave all’industrial, dal noise, alla dark electro, dall’EBM al post punk, dal gothic al neofolk sino al trip hop. I riferimenti diventano Bauhaus, Portishead, Siouxsie And The Bansheses, Systers Of Mercy, The Cure, ma la capacità di sintesi esibita dai tedeschi ricorda, in realtà, i migliori Type 0 Negative, anche se differente appare il risultato finale. Un noir sci-fi dai colori cupi e malinconici, a dimostrazione che l’oscurità non ha sempre bisogno della violenza per allungare i propri tentacoli avvolgenti.

Tracce consigliate: “Open”, “I Am Ok”, “Bird Of Prey”

Zeal & Ardor – Zeal & Ardor (MVKA)

Cosa nota la vicenda degli Zeal & Ardor: fondato dal polistrumentista Manuel Gagneux a seguito di una discussione su 4chan in cui gli venne suggerito di mescolare il black metal a suoni spiritual, l’originale solo project di stanza a New York è cresciuto così rapidamente da raggiungere proporzioni capaci di stupire il suo stesso creatore. Prima lo splendido esordio “Devil Is Fine” (2016), poi, messa su una formazione dal vivo, le prestigiose partecipazioni al Montreux Jazz Festival e all’Hellfest, infine l’uscita nel 2018 dell’ottimo “Stranger Fruit”: indizi di peso che, con il tempo, hanno avvalorato il talento e la credibilità della one man band svizzero-americana. Il nuovo album omonimo, che segue la pubblicazione di un paio di live e dell’EP “Wake Of A Nation”, nato dallo sdegno per la morte di George Floyd, non si smentisce in merito a virtuosismi e sperimentazioni audaci nelle quali convogliano generi ed elementi disparati che si affiancano al mix originario, tra elettronica varia, industrial, dream pop, post metal e folk di matrice statunitense. Un sound avantgarde nel vero senso del termine, frutto di un artista in grado di esplorare la musica a trecentosessanta gradi e di mettere sul piatto l’occulto e Nietzsche in maniera più maliziosa che sovversiva: estremismo prospettico.

Tracce consigliate: “Run”, “Erase”, “Feed The Machine”

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