Sonata Arctica (Tony Kakko)
In occasione della release del decimo album “Talviyö”, Tony Kakko ci parla della genesi di questo lavoro, raccontandoci l’evoluzione della band in studio dai tempi di “Ecliptica” e parlandoci del successo del loro primo tour acustico in Europa.
Articolo a cura di SpazioRock - Pubblicata in data: 06/09/19

Articolo a cura di Luca Barenghi. Traduzione a cura di Lucia Bartolozzi 

 

Ciao Tony! Bentornato su SpazioRock!


È un piacere per me!

Come va? La promozione del nuovo album sta andando bene?


Sta andando tutta alla perfezione al momento! L’unica cosa negativa di questo periodo è stato perdere il mio bagaglio poche ore fa, se non contiamo lo spiacevole episodio di rimanere chiuso nel bagno della Nuclear Blast (ride, NdR). È sempre un modo di farsi pubblicità! È stato esilarante…

Il vostro nuovo album “Talviyö” uscirà a settembre. Cosa significa il titolo e perché avete scelto di usare di nuovo il finlandese, come per l’album “Unia”?

In finlandese vuol dire "notte d’inverno". Ci siamo divertiti a usare la nostra lingua per il titolo perché sappiamo che è difficile da pronunciare per chi non la parla. In realtà la scelta non è stata una cosa voluta, ma dopo aver seguito tutto il processo di creazione dell’artwork, ci pareva adatto come titolo. In inglese una cosa come “Winter Night” suonava così banale, perciò ho proposto di usare “Talviyö”.

È un titolo molto evocativo per un album, suona davvero bene. Sapresti dire che ruolo hanno avuto nella vostra musica il paesaggio del vostro paese, le notti invernali?


L’inverno è la mia stagione preferita. La bellezza dei campi di neve che luccicano al sole è unica, in più un inverno pieno di neve non è poi così buio. Anche di notte la luce della luna riflette ovunque e puoi passeggiare per i boschi nella calma più assoluta. È qualcosa di fantastico.

 

In generale la cultura nordica è sempre stata un pozzo di idee per la vostra musica. Com’è cambiato il tuo rapporto con questa fonte d’ispirazione negli anni?

Non ho letto in realtà molti libri sull’argomento, ma siamo più concentrati sull’impatto che alcune storie possono avere sulle persone. È facile che ci sia un interesse per le storie più fantasy o per la mitologia nordica, ma parliamo spesso anche di storie di ogni giorno, di problemi e dispiaceri che tutti proviamo. Vogliamo usare questi argomenti come un modo di passare altri messaggi, di far riflettere le persone e magari, di fare un po’ di luce sui loro problemi. Io non sono certamente uno psichiatra, ma i nostri testi potrebbero servire a qualcuno che ha bisogno di essere ascoltato e capito.

In questo modo riuscite a creare un forte legame col pubblico tramite i vostri testi.

Esatto. A volte spostiamo i riflettori su questioni come quella ambientale, perché la gente si renda conto di come stiamo trattando il nostro pianeta e di come lo lasceremo ai nostri figli. Anche la politica è entrata nei nostri testi. Sai no, presidenti che si credono burattinai… Un specie di democrazia monarchica o qualcosa del genere, non so come etichettare quello che sta succedendo.

Il primo singolo dal nuovo album è “A Little Less Understanding”, ma da quando uscito, ha diviso molto i fan. Molti dicono che sia troppo soft e temono che anche l’album possa esserlo. Credi che cambieranno idea sentendolo interamente?

Be', il singolo è effettivamente lento, ma credo che cambieranno idea sull’album. È la canzone più semplice e sicuramente non la migliore dell’album. Avevamo altre proposte per il primo singolo ma l’etichetta ha proposto “A Little Less Understanding”.

 

 

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Vi aspettavate una reazione così tiepida dal pubblico?

In realtà io non ho letto neppure un commento a riguardo. Penso che sia importante per prima cosa soddisfare se stessi col proprio lavoro, altrimenti diventa impossibile soddisfare il pubblico.
Funziona come in amore: non puoi aspettarti che qualcuno ti ami se tu per primo non ti ami, o almeno, se non ti piaci almeno un po’ come sei.

 

Hai detto che l’album sarà in linea con i due che lo precedono, “Pariah’s Child” e “The Ninth Hour”. È anche il terzo con la stessa line-up. In quale modo sono legati questi tre lavori? È solo una questione di sound oppure a unirli è qualcosa di più?

Di solito divido la nostra carriera in tre fasi: la prima è quella dei primi tre o quattro album, la seconda da “Unia” a “Stones Grow Her Name”, un periodo molto di sperimentazione per noi in cui abbiamo imparato molto mentre la terza fase è quella dei tre album di cui stavamo parlando. Intendo dire che questi ultimi tre album, compreso “Talviyö” sono molto simili, non si differenziano molto parlando di stile. La grossa differenza con l’ultimo album è stato l’approccio alla registrazione e la scelta di avere per la prima volta un produttore con noi. Per qualche ragione non riuscivamo a rendere il suono dei nostri live in studio, da qui la scelta di cambiare e non lavorare più da soli ma con l’aiuto di Mikko Tegelman. Le basi le abbiamo registrate insieme live in studio, tutti nella stessa stanza. Volevamo ricreare l’esperienza dal vivo e poi abbiamo lavorato coi layers sulle varie canzoni.

Come siete riusciti a trovare un equilibrio lavorando con Mikko Tegelman? Cosa vi ha fatto credere che lui fosse la scelta giusta?

Conosciamo bene Mikko e sarebbe stato strano per noi chiamare qualcuno di esterno a lavorare con noi. Lui sa benissimo come siamo e qual è il nostro sound live. È molto taciturno, dà fiato alla bocca solo se sa cosa sta per dire. È bravissimo in quello che fa e ha voluto ricreare un suono caldo per l’album, molto più avvolgente di quello dei precedenti. Credo che con questo nuovo approccio in studio, la nostra ultima fatica sopporterà meglio il peso del tempo e si distinguerà dagli album zeppi di campionature. Non che quel tipo di album sia male, ma col passare degli anni i miei gusti musicali stanno cambiando. È più facile per il mio orecchio ascoltare qualcosa che ha un sound più live, perché posso davvero immaginarmi la band che suona.

 

“Talviyö” è il vostro decimo album. In che modo credi che il vostro approccio creativo sia cambiato dai tempi dei vostri capolavori come “Reckoning Night” o “Ecliptica”?

Credo che il mio modo di lavorare sia diventato più individuale. Scrivo le canzoni per conto mio e presento poi le demo alla band quando la canzone è quasi completa. Due cose che sono rimasta sempre le stesse sono la parte orchestrale e le parti di tastiera. Il grande cambiamento è stata a qualità però, che è diventata più professionale negli anni. Devo dire che, parlando delle demo, sono irremovibile: quando porto il materiale alla band, se ho un’idea precisa da portare avanti, divento un po’ un dittatore.

 

Il vostro ultimo tour in giro per l’Europa è stato il vostro primo tour acustico. Com’è stato? Quali difficoltà avete incontrato suonando i vostri pezzi in acustico?


Il tour è andato molto meglio di come pensavano i promoter e tutto l’entourage. Un tour come questo è un azzardo per una band metal, ma le nostre canzoni hanno sempre avuto una grande armonia e melodie semplici che scrivo alla chitarra o al piano. È stato un po’ come comporle di nuovo, come nel caso di “The Rest Of The Sun Belongs To Me”. Il nostro turnista alla chitarra ha cambiato ogni parte, ogni assolo, lasciando la melodia originale. Devi rinunciare al suono power e rendere le canzoni più soft live, ma il risultato è stato ottimo. Un altro fattore per la riuscita del tour è stato poter lavorare con Masi Hukari, un nostro amico che già aveva suonato le parti extra di chitarra, tastiera, flauto per noi in altri tour. Ha fatto un buon lavoro in coppia con Elias (Elias Viljanen) sugli assoli. Siamo pronti per rifarlo!

Qual è il rapporto che hai con l’Italia?

Oh, ricordo ancora la prima volta qua con gli Stratovarius. Ho la pelle d’oca ripensandoci, ti giuro! (ride, NdR). Il pubblico è stato così incoraggiante e accogliente. Tutti abbiamo pensato che sarebbe stato bello avere un pubblico simile ovunque. Magari il pubblico cambia di dimensione da un concerto all’altro qui, ma ogni volta che torniamo in Italia, sentiamo sempre la stessa energia. La gente si diverte e canta, ti dà così tanta carica per suonare!

È bello sentirlo dire. Siamo arrivati all’ultima domanda. Hai un messaggio per i lettori di SpazioRock?

Spero che ascoltiate subito il nostro album “Talviyö” e presto ci sarà un altro tour europeo, più o meno verso novembre. Purtroppo non so ancora dirvi con precisione le date in cui saremo in Italia ma so dirvi con sicurezza che ci saremo!

Grazie Tony, vi aspettiamo!




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