The Devin Townsend Project European Tour 2011
19/03/11 - Magazzini Generali, Milano


Articolo a cura di Stefano Risso

L'attesa è stata ripagata, le aspettative mantenute e addirittura superate. La data milanese del “The Devin Townsend Project European Tour 2011” è stata una di quelle serate che i presenti si segneranno a vita nella memoria, uno di quei concerti che mettono di buon umore solo a rinfrescarne il ricordo, uno di quegli show di cui si può dire con fierezza: “Io c'ero”.

Eppure le cose sembravano mettersi male per la buona riuscita della serata... Giusto all'ora di imbarcarsi per i Magazzini Generali, Giove Pluvio riversava su Milano una quantità di acqua (e qualche sprazzo di grandine) spropositata, mandando in “tilt” semafori, illuminazione, allagando le strade a tempo di record e rendendo l'avvicinamento al locale una continua sfida contro gli incidenti stradali nel marasma del traffico meneghino. A tutto ciò dobbiamo poi aggiungervi le solite perplessità sui Magazzini Generali e sull'orario da aperitivo dell'evento, iniziato qualche minuto prima delle sette (alle dieci tutti a casa), per far spazio alla serata a tema del sabato, evidentemente più importante e redditizia di un concerto atteso da moltissimo tempo. Argomenti che comunque poco importano ai fini del report e che andrebbero discussi in ben altre sedi... Questo abbiamo e “dobbiamo farcelo bastare”, purtroppo.

Ad inaugurare la serata sono stati chiamati gli inglesi Aeon Zen, accolti con un certa freddezza dalla sala semivuota, che ha però saputo regalare al quintetto un supporto, discreto, ma crescente, nei quaranta minuti scarsi a disposizione. Forti di riconoscimenti importanti come “Best Newcomer”, “Debut Album Of The Year” assegnati nella pur breve carriera (iniziata nel 2008), gli Aeon Zen non hanno pienamente convinto. Uno stile il loro difficilmente inquadrabile, tra il prog, l'heavy e il power metal, che si riflette poi nella stesura dei brani, apparsi poco definibili, molto ricchi e strutturati, senza però arrivare mai al dunque. Una prestazione volenterosa, durante la quale il simpatico frontman Andi Kravljaca ha fatto di tutto per attirare l'attenzione dei presenti, ma che in tutta onestà ha lasciato davvero poco. Neppure il richiamo di un nome noto come Vadim Pruzhanov (tastierista dei DragonForce) ha dato la scossa necessaria.

 

devin_report_2011_01
 

 

Un breve soundcheck e sui due schermi dietro il palco appare l'arter ego di di Devin, ovvero l'alieno nerd avido di caffè Ziltoid, che tra frasi sconclusionate e gli ormai classici “Yeahhhh!” dà vita a un siparietto che prefigura lo spirito goliardico della serata. In anni di concerti ormai non si contano più le volte che Iron Maiden, Metallica, Rammstein o Pantera hanno riempito l'attesa dello show con i soliti classici, ma con il bizzarro Devin anche momenti morti come questi sono occasione per divertire. Senza alcun preavviso dalle casse di Magazzini Generali esordiscono gli Aqua con “Barbie Girl”, seguiti a ruota da “Single Ladies” di Beyoncé, “Gimme More” di Britney Spears (in una versione mixata tamarrissima), “Boom, Boom, Boom, Boom!!” dei Vengaboys ecc... Sempre con gli interventi di Ziltoid tra un brano e l'altro, il risultato è stato a dir poco esilarante, con grosse risate da parte del pubblico. Quando le cose sembravano per diventare serie, è lo stesso Ziltoid che annuncia l'imminente inizio dell'esibizione, usando sempre l'arma dell'ironia, ricordando in conclusione ai presenti che il concerto sarebbe stato in ”boob-o-phonic”; tra una risata e l'altra finalmente i nostri prendono posizione sul palco attaccando subito con “Addicted!” estratta dall'omonimo album.

devin_report_2011_02Nonostante suoni non eccezionali, via via migliorati durante la serata, i nostri mettono subito in chiaro quale sarà il leitmotiv del concerto: Devin unico e solo protagonista sul palco, libero di muoversi a proprio piacimento (per usare un eufemismo), tanta energia, prestazione strumentale/vocale impeccabile e grande interazione col pubblico. Non si contano infatti tutte le facce e le pose, una più buffa dell'altra, di Devin, capace di farsi amare, commuovere, divertire (difficile non ridere quando uno si lecca un dito e se lo strofina su un capezzolo, nel bel mezzo di un brano, con un'espressione che era tutta un programma), seguendo a ruota il mood delle canzoni, dando l'impressione di divertirsi come pochi altri artisti visti sul palco in tutti questi anni di concerti. Sappiamo che il buon Devin è più un “topo da studio di registrazione” che animale da tour, ma questo evidentemente non gli preclude il fatto di saper tenere in pugno tutto il pubblico, riempire il palco a meraviglia e, soprattutto, allestire un vero e proprio spettacolo. Troppo spesso assistiamo a musicisti che si limitano a suonare, lui invece è come se vivesse in prima persona i pezzi eseguiti, non solo offrendo una prestazione tecnica da manuale, ma esibendosi per il piacere del pubblico, strappando risate a crepapelle e momenti di grande raccoglimento nell'arco di un tempo brevissimo, intrattenendo senza mai tralasciare l'aspetto musicale della serata. A tal proposito la band si presenta in una formazione a quattro elementi, senza il tastierista (è proprio Devin a farlo notare se a qualcuno fosse sfuggito), il che da modo per introdurre forse l'unico piccolo neo della serata: la massiccia presenza di campionamenti e parti registrate. Lo stile di Townsend è infatti estremamente ricco di tracce vocali, sovraincisioni, chitarre e tastiere che si sovrappongono, cori, un insieme di elementi difficilmente riproducibile dal vivo con soli quattro elementi. Niente di grave sia chiaro, anzi un accorgimento assolutamente indispensabile per la buona riuscita del concerto.

Uno show che ha cercato di coprire tutta la generosa produzione del canadese, tralasciando alcuni dischi (vedi il fenomenale “Synchestra” o “Ki”), lasciando così un po' l'amaro in bocca, consapevoli però che per omaggiare tutta la discografia del nostro non sarebbero bastate quattro ore di concerto. Setlist solida, che prosegue con “Supercrush!”, dove Anneke van Giersbergen viene degnamente sostituita da un'ottima performance di Devin, l'immancabile “Kingdom” da “Physicist”, la maestosa “Deadhead”, estratta da “Accelerated Evolution”, “OM”, da “Infinity”, per arrivare a quello che, a nostro giudizio, è stato uno dei vertici della serata: “By Your Command” dall'album “Ziltoid the Omniscient”. Una vera progressione strumentale in cui Devin “recita” anche il ruolo dell'alieno che decide di attaccare la Terra dopo un caffè non di suo gradimento.. “How dare they present this to me? Foul!They hide the finest bean! Prepare the attack!”. Grande prova di tutta la band, con una menzione particolare per il batterista Ryan Van Poederooyen, costretto agli straordinari per riprodurre live le parti affidate al Drumkit From Hell Software (sviluppato da Thomas Haake dei Meshuggah), utilizzato da Townsend per il disco.

 

devin_report_2011_03
 

 

Protagonista assoluto sì, senza manie di protagonismo. Devin riesce comunque a dare il giusto spazio e riconoscimento ai suoi fedeli compagni di viaggio, pizzicati a volte a ridere sotto i baffi alle trovate del frontman, che riesce a superare qualche problema tecnico alla sua strumentazione scherzando col roadie Armando, manco a dirlo acclamato alla fine da tutto il pubblico. Nonostante il contrattempo lo show viaggia veloce con “Life”, da “Ocean Machine - Biomech”, “Earth Day” da “Terria”, la divertentissima “Bad Devil”, ancora un estratto da “Infinity”, arrivando alle battute finali con “Color Your World”, “The Greys” (entrambe da “Ziltoid the Omniscient) e la splendida “Deep Peace” (“Terria”), con l'unico commovente assolo della serata. Quando sembrava tutto finito, Devin torna sul palco, chiamando a sé cinque ragazze e cinque ragazzi per dar vita, parole sue, a qualcosa di stupido, invitando tutti a ballare nel modo più strano possibile (immaginatevi chi altri, se non Devin, poteva dare l'esempio...) sulle note di “Bend It Like A Bender!” (“Addicted!”). Magazzini Generali trasformati anzitempo in una discoteca festante, chiudendo l'esibizione nel modo più divertente e coinvolgente possibile.

Calorosi saluti di rito, grazie e arrivederci. Speriamo che non si faccia attendere ancora a lungo, perché questa band di “nerd-core”, come si autodefinisce Hevy Devy, è tra le cose più emozionanti che possa capitare di vedere. Un'ora e mezza di pura e contagiosa felicità, nessuno infatti avrà lasciato il locale senza un sorriso a trentadue denti stampato in viso... E dopo un Devin così persino l'incessante pioggia ritrovata all'uscita, non dava poi così fastidio.




Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool