Magnum
On The 13th Day

2012, SPV
AOR

Recensione di Luca Ciuti - Pubblicata in data: 04/10/12

Ci sono due modi per recensire una band che ha fatto la storia del suo genere. Il primo consiste nel manifestare un entusiasmo smisurato misto a sudditanza psicologica, giustificato dalla nostalgia del tempo che fu e dalla classe innata dei musicisti, meglio se di estrazione seventies. In una parola, gridare gratuitamente al miracolo. L’altro, non meno prevedibile, si caratterizza per il distacco di chi scrive e che pensa di saperla lunga, magari perché ha avuto la fortuna di vedere all’opera la band nel suo periodo migliore: “la solita roba”, “timbrano il cartellino”, “nulla toglie e nulla aggiunge”, “il solito disco di mestiere”, come se imparare il mestiere di una rock band dalla carriera trentennale fosse una cosa alla portata di tutti.
 
Non sarà occorsa tutta la carriera ai Magnum per imparare il loro mestiere ma una cosa è certa, dopo quasi quattro decadi e sedici dischi in studio, Catley e soci sanno ancora stuzzicare a dovere pubblico e addetti ai lavori, e dire la loro in maniera autorevole. "On The 13th Day" si colloca esattamente a cavallo fra le due prospettive cui accennavamo all'inizio. Quarto disco di inediti in cinque anni, “On The 13th Day” è l’ennesima dimostrazione di vitalità da parte di una band letteralmente rigenerata dopo il mezzo passo falso di un disco lezioso come “The Visitation”. Decisivo è stato in questo senso il percorso che ha portato alla pubblicazione di “Evolution” (2011), una raccolta tutt’altro che di routine in cui la band ha pensato bene di rimodulare le proprie frequenze a favore di sonorità guitar oriented. Un'esperienza tutt'altro che superflua e i risultati si sentono: “On the 13th Day” è un disco vivace come non si sentiva da anni, caratterizzato da una decisa iniezione di chitarre robuste in cui riffs semplici e orecchiabili si amalgano con le consuete melodie epiche in cui la band inglese è ormai maestra. Tutte caratteristiche che esaltano la componente "live" dei Magnum, perchè il disco suona quasi come se fosse registrato in presa diretta, ascoltare per credere. Da tempo non capitava di sentire la chitarra di Tony Clarkin ruggire in maniera convincente come su “See How They Fall” e “Dance Of The Black Tattoo”, mentre Bob Catley non accusa il minimo cedimento a dispetto delle sessantacinque primavere. Il trittico iniziale poi è da applausi a scena aperta, fosse solo per la consueta incursione epico prog di “Didn’t Like You Anyway”, o per l’anthemica “Blood Red Laughter”.
 
Provate a chiedere a un fan dei Magnum quale sia il suo disco preferito, sia di quelli “classici” che dell’era post reunion, e avrete tante risposte diverse. E’ la forza di questa band che ad ogni prova riesce sempre a regalare qualche buon argomento per tributarla a dovere. In questa variegata marea di consensi e preferenze, ci sarà una fetta consistente anche per “On The 13th Day”, c’è da scommetterci.




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