“There’s a snake in my boots”

Anni di fermento ed attesa, due album, “Ultra Mono” e “Crawler”, che ancora bramavano il battesimo live nel nostro bel paese: non c’è alcun bisogno di presentare una band come gli IDLES, così come non è assolutamente necessario discutere della loro incendiaria presenza on stage. Dopo due anni di pandemia e dopo uno spostamento di location, i mastini di Bristol hanno deciso di lasciare le loro fiere impronte sul palco dello storico Rock In Roma, presso l’Ippodromo delle Capannelle. Un Red Stage gremito, pieno zeppo di fan da tutta Italia, accorsi nella capitale per inginocchiarsi dinanzi ad una band che ha risollevato e rinnovato lo stendardo sgualcito del post punk, genere che ha subito, negli ultimi anni, una crescita fenomenale.

Un tramonto flebile buca il backstage, quando i Calzeeni, band di Roma, iniziano a scuotere una platea che, di lì a poco, si sarebbe trasformata in un terremoto di corpi: il loro è un alternative rock moderno, che ingloba in sè scampoli di emocore e sprazzi di indie rock sapientemente assemblati. Divertente, folle al punto giusto, il trio romano spinge sull’acceleratore, aizza il pubblico, scatena i primi, timidi moshpit a ridosso delle transenne: insomma, un opening act di tutto rispetto, un siringone di adrenalina dritto in petto che ci prepara a dovere all’uragano inglese.

E poi calò il buio, e con esso i primi, pesanti rintocchi di basso della opener per eccellenza: quando gli IDLES calcano il palco, e “Colossus” muove i suoi primi passi granitici, l’atmosfera si addensisce, si smuove nervosamente, come rinchiusa in una camicia di forza, vibra di pari passo al distorto climax ascendente, giunto ormai nel suo punto di massima intensità: “It’s coming”, sussura e poi grida Joe Talbot, poco prima di fermare la traccia per dividere in due la folla sottostante. Il seguito? Un delirio di anime, un polverone di terra secca e di voci si innalza dal nucleo pulsante di un moshpit sfrenato, a cui si unisce Lee Kiernan, tuffatosi – per la prima di innumerevoli volte – in quell’ammasso variopinto in cui si era tramutato il parterre.
“Car Crash” strizza le spine dorsali col suo movimento velenoso, “Mr. Motivator” e “War” riaccendono il motore alle nostre gambe, pronte a fare del sano jogging nel pogo generale. “Grounds” e “Divide And Conquer” fanno valere la loro tempra, coi riffoni delle sei corde che esplodono come bombe carta nella cornice dell’Ippodromo, mentre l’evergreen “Mother” fa cantare a squarciagola letteralmente tutta l’arena. Gli IDLES hanno la scorza dura, ma dentro custodiscono una sensibilità che pochi artisti nel panorama riescono ad effondere: allora spazio anche ai pezzi più lenti, dall’elettronica e dolorosa “MTT 420 RR”, alla classica ed emozionante “A Hymn”, una mazzata al cuore che scioglie le nostre anime, già ampiamente provate da quel piccolo capolavoro di “The Beachland Ballroom”, cantata, poi urlata, col cuore in mano, da un Joe Talbot stratosferico.
Tra i nuovi trascinanti pezzi dell’ultimo, splendido album – una esplosiva “Crawl!” ed una tuonante “The Wheel” -, i cinque di Bristol animano la serata coi grandi classici di “Brutalism” e “Joy As An Act Of Resistance”: “1049 Gotho” fa tremare il pubblico, “Television” lo fa sgolare – il ritornello ci ha fatto perdere la voce per qualche giorno -, “Never Fight A Man With A Perm” lo rade definitivamente al suolo.

Che sia una serata memorabile, lo si sente dall’aria, e lo si percepisce dal fatto che più passano le canzoni, più cresce il magone per uno spettacolo che punta verso la fine. Ma ci pensano i Nostri a risollevarci l’umore, con una “Love Song” martellante, che cede il passo, nel finale, ad un medley esilarante e totalmente folle, che parte dalla classica “Volare” fino ad arrivare a “My Heart Will Go On” di Celine Dion, passando per “Someone Like You” di Adele e “All I Want For Christmas Is You” di Mariah Carey, il tutto tra vari (abbiamo perso il conto) stage diving, parrucche, cappelli di paglia e reggiseni volanti. Come si fa a non amarli?
Il trittico finale è il riassunto di un’apoteosi sonora di un altro pianeta: “I’m Scum” rivolta la platea di scumbags, “Danny Nedelko” onora gli immigrati con il solito, furibondo, rituale sotto forma di moshpit: a dirigere la cerimonia, un Mark Bowen fluttuante sul pubblico. E poi arriva quella frase, quella “this is an anti-fascist song” che ci manda in visibilio: “Rottweiler” trasforma il Red Stage in un oceano in tempesta, un delirante catino infernale con gente che viaggiava sulle nostre teste, mentre il pogo continuava spedito fino alla sua inevitabile conclusione.

Una data attesissima, che ha rispettato (e superato di gran lunga) delle aspettative molto alte: d’altronde con una discografia del genere, praticamente perfetta, non potevamo di certo abbassare l’asticella. Gli IDLES hanno tirato fuori il drappello rosso in una corrida di tori imbufaliti, facendoci espellere tutto il grigiore emotivo accumulato in due anni senza musica live: il loro è stato un perfetto rito di purificazione.

Setlist

Colossus
Car Crash
Mr. Motivator
Grounds
Mother
Divide And Conquer
The Beachland Ballroom
Never Fight A Man With A Perm
Crawl!
1049 Gotho
MTT 420 RR
The Wheel
Television
A Hymn
War
Whizz
Love Song
I’m Scum
Danny Nedelko
Rottweiler

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