NUOVE USCITERECENSIONI

Mantar – Pain Is Forever And This Is The End

Un cover album di routine si è tramutato, per i Mantar, in una bussola grazie alla quale hanno deciso di direzionare il proprio sound su coordinate solo relativamente inattese, visto che già lo scorso “The Modern Art Of Setting Ablaze” (2018) non nascondeva la sua raffinata natura orecchiabile. In “Grungetown Hooligans II”, uscito nel giugno del 2020, il duo tedesco, con l’interpretazione di brani di L7, Mudhoney, The Jesus Lizard and more, faceva dunque coming out, dimostrando di possedere una salda matrice rock, le cui sovrastrutture blackened sludge costituivano una pellicola da stendere o divellere in qualsiasi momento. E quel momento pare ora giunto con il nuovo “Pain Is Forever And This Is The End”, un LP nato tra così tante difficoltà da mettere in pericolo la sopravvivenza dell’act medesimo, specialmente a causa dei problemi fisici e depressivi del singer, chitarrista e principale compositore Hanno Klänhardt. Un disco sofferto, che riflette sulla finitudine umana, profondamente influenzato da eventi personali traumatici e dalle conseguenze, psicologiche e sociali, della crisi pandemica.

L’artwork, dall’estetica molto diversa rispetto al passato, sembrerebbe più idoneo a rappresentare una release synth-pop che la musica fiammeggiante espressa di solito dal gruppo, quasi ad avvertire pubblico e addetti ai lavori del desiderio di intraprendere strade inedite, mutamento simboleggiato anche dal passaggio dalla Nuclear Blast alla Metal Blade Records. Un platter difficile da catalogare, che flirta non poco con l’alternative anni ’90 e piazza solidi riferimenti all’hard di scuola settantiana, mentre incrostazioni paludose e dissonanze nere scorrono sotterranee, conferendo corpo e sostanza ai pezzi. Eppure, qualora volessimo trovare un termine per descrivere il genere esperito dai teutonici, verrebbe spontaneo parlare di grungecore, considerato che, per quanto concerne la struttura delle canzoni, il modus operandi guarda da vicino soprattutto – ma non esclusivamente – i Nirvana.

Parimenti a Cobain e soci, la band di Brema inserisce la voce al centro della scena durante le strofe, nei pre-chorus e dopo i ritornelli, con il corredo di sostenuti power chord e di un uso schizofrenico dei legati: un continuo gioco di tensione e rilascio – arricchito dai groove spessi della batteria di Erinç Sakarya – che penetra nel cuore dell’emotività dell’ascoltatore. Se l’impronta di un full-length dell’asprezza di “Bleach” informa il black’n’roll dalle abrasioni blues dell’opener “Egoisto”, le vena melodica della comunque intransigente “Hang ‘Em Low (So The Rats Can Get ‘Em)”, la furia punk metal di “Piss Ritual”, l’abbrivio di “Of Frost And Decay” non può non ricordare i Soundgarden dell’epoca “Superunknown”. “Orbital Pus” e “New Age Pagan”, invece, pescano dalla ruspante e ibrida periferia di Seattle (Babes In Toyland, Girls Against Boys, Cop Shoot Cop), cibandosi di strati noise à la Sonic Youth e di poltiglie fuzz pantanose e atrabiliari. Dall’altra parte dello spettro pullulano i richiami classic, dagli AC/DC dell’era Bon Scott (“Grim Reaping”), agli ZZ Top con un pizzico dei Metallica della svolta mainstream (“Walking Corpse”), sino a una “Horder” che cita senza nessuna remora “Orgasmatron” dei Motörhead, benché curiosamente la canzone somigli alla versione dei Sepultura e meno all’originale degli inglesi. A latere, invece, si pone la chiusa “Odysseus”, un viaggio ai confini di un doom lievemente stonerisée dove il frontman dà prova di un discreto cantato pulito, alternandolo all’abituale muggito roco di stampo black/hardcore.

In “Pain Is Forever And This Is The End”, i Mantar incastonano le numerose citazioni all’interno di una scrittura dinamica e accessibile, che interpreta la tradizione antica e recente filtrandola attraverso lo specchio incrinato della distorsione spietata, un po’ sulla scia degli ultimi Kvelertak. Malgrado a tratti l’uniformità della metodologia di songwriting rischi di stancare, lode a una coppia capace di scegliere la metamorfosi piuttosto che riciclare sé stessa.

Tracklist

01. Egoisto
02. Hang ‘Em Low (So the Rats Can Get ‘Em)
03. Grim Reaping
04. Orbital Pus
05. Piss Ritual
06. Of Frost and Decay
07. Walking Corpse
08. New Age Pagan
09. Horder
10. Odysseus

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