Pochi frontman possono vantare l’iconicità di Milo Aukerman: quale altra band vi viene in mente in cui il logo è il cantante stesso? Ma non un suo ritratto iperrealistico, lui non è uno di quei frontmen machisti degli anni 80. Una caricatura stupidissima ma al tempo stesso così fedele, così tanto che rende il logo dei Descendents uno dei più riconoscibili di tutto il mondo punk rock (e non solo). Il 15 giugno, Aukerman e compagni saranno i protagonisti del Road to Bay Fest, giornata che anticipa il festival di agosto a Bellaria Igea Marina (RN). Il frontman ex-biologo ha condiviso con noi alcune idee sul punk e sulla vita in generale.

Ciao Milo, benvenuto su Spaziorock! Come stai?

Ciao! Io sto bene, tu?

Bene, grazie! Ho letto dei tuoi problemi di salute l’anno scorso, spero che ora tu ti sia ripreso del tutto [Milo ha avuto un lieve attacco di cuore nel 2023, ndr].

Sì, sto bene ora. Sai, mi hanno prescritto qualunque medicina [ride, ndr]. Devo buttare giù un sacco di pillole, ma credo cha aiutino… E ho perso peso, sono contento. Cioè, non che fossi così tanto sovrappeso, ma ogni chilo che puoi perdere forse è meglio se lo perdi… Cerco di rimanere in salute per continuare a fare ciò che mi piace. Dobbiamo farlo tutti nella band.

Molto bene. Ti ho chiesto questo perché tra pochi giorni suonerete al Bay Fest e le aspettative del pubblico sono molto alte.

Perfetto! [ride, ndr] Non suoniamo in Italia da un po’. Credo che non suoniamo a sud di Milano da… mai [ridiamo, ndr]. Perciò è bello venire a vedere un posto diverso, persone diverse.

E tu che aspettative hai? Come hai appena detto, è passato un po’… 5 anni dall’ultima volta a Milano.

Il tempo vola [ride, ndr]. Credo che abbiamo suonato al Carroponte almeno 2 volte e sono state entrambe fantastiche. Ora voglio assolutamente vedere altro. Penso che prima o poi dovremmo fare un minitour in Italia, 5 o 6 date, perché non l’abbiamo ancora conquistata tutta [ride, ndr]. Mi sembra che abbiamo suonato a Bologna negli anni ’80, anche in qualche altro posto…

Negli anni ’90 in realtà.

Giusto. Comunque sono contento di andare più a sud questa volta. Spero che al Bay Fest i fan possano raggiungerci più facilmente del solito.

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Il Bay Fest è forse il festival punk più importante d’Italia quindi sicuramente ci saranno un sacco di vostri fan. Prima di voi suoneranno i Neck Deep, uno dei gruppi pop punk più importanti dell’ultimo decennio. Li conosci?

No, ma grazie per il consiglio, dovrei recuperarli.

Assolutamente! E cosa pensi in generale del punk, oggi?

È diventato un genere enorme e incredibilmente variegato. Continuano a venir fuori nuove band, è difficile stare al passo… Apprezzo molto il fatto che i ragazzini continuino a formare gruppi, che la gente continui ad ascoltare punk rock. Direi che è un genere in salute e vivo. A me piace ancora il punk e continuo a farlo. Ogni nuova band mi interessa. Punk’s not dead [ridiamo, ndr].

Stavo proprio per chiederti se il punk fosse morto…

No, non credo. Per me è l’essenza della giovinezza e non credo che muoia mai in un certo senso. Tutti desiderano mantenere un po’ di quell’aggressività adolescenziale. Per me è questo il punk, è ciò che ha trasmesso a me quando ero adolescente. Il punk funziona molto bene in questa cosa.

Quasi 30 anni fa cantavi “What will it be like when I get old?”. Adesso non voglio che tu mi fraintenda, ma qualcosa sarà cambiato, no?

Sono decisamente vecchio [ridiamo, ndr]. Lo sono per l’età, ma non mi sento tale. È ciò che mi dà la musica, mi permette di barare con questo numero e continuare a vivere in modo giovanile e vivace, andando in giro a suonare. Per il semplice fatto che queste canzoni necessitano aggressività… Ci sono frasi in quel brano, come “Will I still hop on my bike and ride around town?”, che parlano di cose a cui vorremmo rimanere attaccati per rimanere giovani. “When I Get Old” parla di questo. La musica è ciò che mi mantiene giovane, ecco perché continuiamo. Credo che lo faremo fino a quando non sarà impossibile fisicamente, fino a quando la mia voce non sarà distrutta oppure Bill [Stevenson, batterista, ndr] non riuscirà più a sollevare le bacchette [ride, ndr]. Allora ci fermeremo.

Penso che in generale nella musica, ma in particolare nel punk, l’importante sia l’attitudine e quella non invecchia mai. Il mese scorso ho visto i Circle Jerks, Keith Morris è più anziano di te, eppure ce la fa ancora.

Lui è molto forte. È di grande ispirazione per questo: se leggi la sua età ti chiedi: “Come può farcela ancora?”, ma ci riesce proprio per quello che hai detto tu, l’attitudine, la cosa più importante per questo tipo di musica. Siamo stati con loro in tour per un mese negli Stati Uniti e guardarlo esibirsi, sera dopo sera, è stato davvero motivante. Noi e i Circle Jerks siamo molto legati perché siamo una compagnia di vecchi che si rifiutano di mollare, di invecchiare.

E complimenti a voi! Il vostro ultimo disco [“9th & Walnut”, 2021, ndr] è stato realizzato dalla lineup storica, con Frank [Navetta, chitarra, ndr] e Tony [Lombardo, basso, ndr]. Ci sono invece piani per nuova musica con Stephen [Egerton, attuale chitarrista, ndr] e Karl [Alvarez, attuale bassista, ndr]?

Abbiamo scritto e registrato circa 25 canzoni, quindi sì, credo che arriverà un disco. C’è una specie di intoppo però: le abbiamo scritte solo io e Stephen, cioè il 50% della band, e non è così che lavoriamo. Quando facciamo un disco ci dev’essere il 100% di tutti noi, è sempre stato così, anche ai tempi di “Milo Goes to College”. Perciò, posso dirti che se ora abbiamo 25 pezzi scritti da 2 di noi, ne servono altri 25 da Bill e Karl [ride, ndr].

Avremo un double album dei Descendents allora!

Sì! [ridiamo, ndr] Questo ti fa capire quanto siamo prolifici. Bill scrive tantissimo in realtà, ma tende a non finire le cose, oppure ad accantonarle. Eppure lui e Karl sono i più bravi tra di noi. I pezzi scritti da Bill sono sempre i migliori.

Milo Goes to College

Aspetteremo con ansia allora. Ultima domanda: ti manca qualcosa del tuo lavoro come biologo?

Mi manca il senso di avere uno scopo. Non che la band non ce l’abbia, ma da scienziato è su tutto un altro livello. Devi immergerti in un particolare campo o meccanismo…

È una cosa più tecnica immagino.

Sì, c’è tanta tecnica… La letteratura scientifica, l’interpretazione che dai ad essa, è tutto molto stimolante. La cosa che non mi manca è l’ambiente, gli ultimi anni che ho lavorato da scienziato c’era troppo drama tra colleghi… Credo che possa presentarsi in qualunque lavoro. Però, non solo non sento il bisogno di tornare, in più ho una certa età e la musica, sorprendentemente, ora è più vicina a me di quanto lo sia la scienza. Da scienziato devi rimanere sempre aggiornato sulla tecnologia e forse è una cosa per cui sono troppo vecchio ormai. E per me è sbalorditivo, perché per la musica invece non mi sento così, sento di avere ancora delle cose da dire, di poter rimanere giovane attraverso essa. Chi avrebbe mai pensato che sarei stato troppo vecchio per la scienza e non per la musica? Ancora non lo comprendo ma è figo.

Adesso vuoi solo godertela coi Descendents.

Sì, è solo questione di divertirsi, stare coi miei amici, far cantare il mondo e far impazzire la gente, se possibile.

Sì, è possibile. Milo, grazie mille per il tuo tempo, è stato un vero onore parlare con te. Vuoi dire qualcosa ai fan dei Descendents che leggono Spaziorock?

Ci vediamo tra una settimana! Amo venire in Italia, le ultime volte è toccato sempre a Milano, ora voglio vedere altre parti d’Italia e altri fan italiani. Non vedo l’ora.

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