Poi vedrai ci sarà ancora
Un pericolo rosso
Un pericolo viola, verde, blu
E qualche nuovo panico in più
E se qui tutto va in malora è colpa del pericolo nero
No, questo non è il discorso di un armocromista impazzito: è sempre il solito Giorgio Canali. Per alcuni pazzo, per altri bastian contrario, per altri ancora un indisponente nostalgico che sa solo lamentarsi: in mezzo a tutti questi epiteti Giorgio preferisce definirsi un vecchio di merda, nulla di più. Beh, noi possiamo dire con certezza che, pur avendo compiuto 65 anni, l’ex CCCP-C.S.I.-PGR sa ancora infiammare un palco. E in studio? Ha ancora qualcosa da dire?
Con una carriera solista avviata più di 20 anni fa, Canali arriva nel 2023 a pubblicare il suo decimo disco, in compagnia dei suoi fedelissimi Rossofuoco: “Pericolo giallo”. E dopo averci stupito con l’ambizioso “Venti” (disco uscito nel 2020, composto da 20 tracce registrate durante la pandemia), il chitarrista emiliano sembra godere di un’ispirazione artistica infinita.
Le popolazioni asiatiche invaderanno l’Occidente!
Ovviamente, verrebbe da pensare che questa sia la trama di un libro di Philip K. Dick o di qualche prodotto mediatico un po’ distopico. Per la precisione era (o è ancora?) una credenza nata a fine 800, amplificata però dai media e appunto definita “pericolo giallo”. Canali parte da qui, da quella che secondo lui è stata una delle prime manipolazioni dell’informazione – per lo più già citata in un suo brano del 2007, “Canzone della tolleranza e dell’amore universale” –, e per circa tre quarti d’ora ci canta la sua visione del mondo, sempre contro tutto e tutti.
Prima di entrare nei dettagli dell’album, un consiglio: se possibile, ascoltatelo all’alba. Magari durante un viaggio in macchina, potendo vedere il sole che inizia a sorgere ed elimina l’oscurità, portando un nuovo ciclo, un nuovo giorno. A chi vi scrive piace pensare che il nostro Giorgio abbia scritto queste canzoni anche con quest’immagine in testa.
Per darvi prova di quanto detto, la prima traccia si chiama proprio “C’era ancora il sole”. Le chitarre di Canali e Stewie Dal Col sono dolceamare mentre il primo ci racconta di come la liberazione dal virus del 2019 non ci ha resi del tutto liberi, e viene messo sul tavolo il tema più caldo e più caro all’autore: l’odio per i fascisti, figure che secondo lui non sono mai sparite dal nostro Paese e vengono nascoste dai media (“Ma quale squadrismo, quale terrore/Non c’è da gridare al lupo/Dice il telegiornale”).
Un altro sorriso, questa volta più nostalgico, compare sul nostro viso quando ascoltiamo “Solo stupida poesia”, canzone d’amore molto semplice, con un testo molto diretto e, per l’appunto, poetico (“E le rime si baciano ancora/Nonostante l’ora”) e un assolo di chitarra leggerissimo, come l’aria che si respira per questi 3 minuti. Le rime passano da baciarsi dolcemente a succhiarsi la lingua nell’orgia di “A occhi chiusi”, il flusso di coscienza che solo Canali potrebbe scrivere: politica, crisi climatica, animalismo, religione, alimentazione e arte vengono toccate, anzi colpite mentre la musica oscilla, ma c’è sempre spazio per intendere che non bisogna mai prendersi troppo sul serio (“Niente canzoni di merda, che bastano le mie”).
“Un filo di fumo” – altro singolo insieme alla traccia d’apertura – è più riflessiva, in un certo senso più matura musicalmente, dominata da una tastiera in quarti e da una chitarra che gira intorno alla sua armonia; eppure, le denunce contro lo Stato non si placano nemmeno qui (“Un paese che cammina a passi storti/Fra ingenui ragazzi morti per niente/E pezzi di merda mai morti”), lasciando il monito ai più giovani di tenersi stretta la propria vita – fa l’esempio di Carlo Giuliani –.
La tastiera è ancora protagonista nella quieta “Meteo in quattroquarti”, un esempio dell’autoreferenzialità dell’artista, questa volta perfino incatenata. Qui il cantautore bestemmia contro il vento perché rovina un momento di calma sotto il sole, mentre in “Meteo in cinque quarti” (contenuta in “Venti”) il vento portava “un’altra canzone di merda con la pioggia dentro” (riferendosi all’album precedente “Undici canzoni di merda con la pioggia dentro”). I riferimenti a se stesso tornano anche in “Cosmetico”, dove cita il suo disco “Nostra signora della dinamite” (2009).
“Morti per niente” è la canzone antifa per eccellenza, un tributo un po’ cowpunk a tutto ciò che è stato il movimento partigiano e a ciò per cui hanno combattuto, che però non è stato sconfitto del tutto. Il basso di Marco “Testadifuoco” Greco vibra veloce nei nostri timpani, sia qui che in “Pulizie etiche”, brano post-punk a difesa della cultura, ma anche nella title track, dove viene snocciolato il tema dei media.
La batteria di Luca Martelli è solidissima, sia quando occorre costruire dinamiche diverse, come in “Quando si spegne il sole” – dal sapore post-hardcore –, sia nel creare groove più quadrati insieme a Testadifuoco (“Come si sta – La guerra di Pierrot”).
Arrivati a “La fine del mondo”, l’alba giunge a termine, e forse anche voi siete giunti a destinazione – se avete seguito il consiglio –, con il sole ormai ben visibile, luminoso, e giallo. L’album termina in un modo che non ci si aspettava: in qualche modo, c’è allegria, c’è la speranza che non muore mai, anche se Canali sa benissimo di combattere battaglie che non possono essere vinte. Probabilmente è proprio per questo che decide di ballare: un po’ di gioia in quest’amara vita ce la meritiamo, soprattutto se si è vicini alla chiusura del sipario.
“Pericolo giallo” segna un altro grande capitolo per Giorgio Canali & Rossofuoco, che magari musicalmente non offrono molto di più rispetto a quanto già fatto, ma in quanto punk d’autore ciò che è importante, come dice in “Cosmetico”, è la sostanza, non la forma. E di sostanza qui ce n’è da vendere.
Tracklist
01. C’era ancora il sole
02. Un filo di fumo
03. Morti per niente
04. Solo stupida poesia
05. Pericolo giallo
06. Pulizie etiche
07. Meteo in quattroquarti
08. Quando si spegne il sole
09. A occhi chiusi
10. Come si sta – La guerra di Pierrot
11. Cosmetico
12. La fine del mondo