Ascolta l’intervista dal player qui sotto!

Ciao Scott e benvenuto su SpazioRock, è un vero piacere parlare con te. Il 15 ottobre uscirà “50 Heavy Metal Years Of Music” il cofanetto ufficiale dei Judas Priest contenente oltre 40 dischi, gadget, libri fotografici e molto altro. È probabilmente la più grande collezione della band, è così?

Certo, come hai detto tu è la collezione definitiva. Mettiamola così: se sei già un fan dei Judas Priest e hai tre o quattro dischi in qualunque formato vorrai questo boxset perché contiene tutta la nostra musica. Invece se sei un fan ma hai solo uno o due dischi, o non ne hai nessuno, probabilmente vorrai questa collezione perché ti da tutto l’intero catalogo che la band ha mai pubblicato da un punto di vista audio. Inoltre c’è il photobook, che secondo me costituisce una delle perle di questa collezione perché contiene un sacco di foto inedite, oltre a molte altre che sono state pubblicate solo in alcuni giornali nel corso degli anni o che circolano su internet, tutto questo è sicuramente unico.

Sembra inoltre la prima volta che i vostri primi due album, “Rockarolla” e “Sad Wings Of Destiny”, vengono rimasterizzati.

Sì, credo sia così, siamo emozionati al riguardo. Faremo un omaggio a questi due album durante il tour che inizierà a fine settembre negli USA. A gennaio e febbraio saremo in Europa e sicuramente suoneremo qualche pezzo da Rockarolla e da Sad Wings Of Destiny. Porteremo sul palco qualche vecchia canzone.

Cosa puoi dirci a riguardo di questi live album inediti inclusi nel cofanetto “50 Heavy Metal Years Of Music”?

Volevamo mettere più cose all’interno di questo boxset, non volevamo solo fare le nuove edizioni degli album in studio perché sappiamo che molti dei fan dei Judas ne hanno la maggior parte, se non tutti. Volevamo renderlo quindi più interessante e conferirgli un valore aggiunto includendo performance dal vivo che non erano mai state pubblicate sotto forma di cd o vinile.

50 heavy metal years of music judas priest boxset

Judas Priest boxset 50 Heavy Metal Years Of Music

Ripercorrendo la tua carriera nei Judas Priest, qual è il momento più felice che ricordi?

Wow, ce ne sono molti. Stavo facendo un’intervista oggi, e l’intervistatore ha parlato di quando i Judas Priest vinsero il Grammy Award, è forse il premio più prestigioso in ambito musicale e di solito non lo conferiscono spesso a band heavy metal anche se hanno una categoria apposita. È un riconoscimento davvero importante ed è stato bello riceverlo. Questo è stato uno dei momenti più belli.
E poi quando suonammo in Brasile per la prima volta, ci esibimmo al Rock In Rio nel 1991. Fu sicuramente un momento importante, specialmente per me perché non avevo mai suonato di fronte a tutta quella gente, c’erano circa 150mila persone, è stato surreale. Anche il primo concerto che feci con i Judas Priest a Los Angeles nel settembre del 1990 durante il periodo “Painkiller”, che stava per essere pubblicato di lì a due settimane. Abbiamo suonato al Foundation Forum, un raduno annuale che si teneva in città, e in quell’anno i Judas si esibirono e fu tecnicamente il mio primo vero concerto con la band e fu trasmesso in onda sulla radio nazionale e fu molto divertente.

Lo scorso anno sareste dovuti partire in tour per il 50esimo anniversario della band, ma sfortunatamente la pandemia lo ha reso impossibile. Oggi gli effetti della pandemia come influenzeranno il tour che sta per partire?

A dire il vero l’unica cosa che cambierà dalla nostra prospettiva è l’accesso limitato al backstage. Prima i nostri amici e familiari, nelle varie città del mondo, erano sempre nella nostra lista degli ospiti, che fossero anche staff dell’etichetta, o parte del management o la crew locale. Tutto ciò che faremo è limitare l’accesso a queste persone perché non puoi sapere chi è vaccinato o meno e dobbiamo provare a rimanere sicuri. Lo stesso vale anche per le band con cui andremo in tour, c’è sempre molta gente nel backstage ma l’unica cosa che ha limitato la pandemia è l’accesso che le persone hanno nelle aree riservate.

A parte il tour, avete altri piani per festeggiare il 50esimo anniversario?

Beh il solo fatto di salire sul palco per suonare è a suo modo un festeggiamento. C’è una cosa che mi piace pensare: non importa se vendi tacos per cinquant’anni o se lavi le macchine o che altro. Se fai qualcosa per cinquant’anni è davvero un traguardo. Il fatto che questa band, con diversi membri che sono entrati e usciti, per come è strutturata adesso abbia l’opportunità di andare là fuori e suonare dal vivo rappresenta un vero onore. E rappresentare i Judas Preist e suonare canzoni che vanno da cinquant’anni fa fino a canzoni registrate 5 anni fa in “Firepower”, è altrettanto fantastico. Speriamo che i fan apprezzino e questo è il vero festeggiamento, il fatto in sé di poter suonare dal vivo e viaggiare in giro per il mondo. Di nuovo.

Parlando di festeggiamenti, l’8 febbraio sarete in Italia insieme a Ozzy Osbourne per il Rock The Castle  (data rinviata a giugno, ndr.).

Speriamo (ride, ndr.)

Si certo, incrociamo le dita! Come vi sentite a tornare di nuovo in Italia?

Ti dico una cosa, il pubblico italiano è uno dei migliori nel mondo. Rifacendomi sempre all’intervista di prima, mi è stato chiesto qual è la differenza tra suonare in Europa e suonare negli Stati Uniti, e ho risposto che per me è completamente diverso perché molte delle location europee, che siano al chiuso o principalmente all’aperto, hanno l’ingresso generale, il che vuol dire che compri il biglietto e vai dove vuoi. Se vuoi correre e aggrapparti alle transenne puoi farlo, o se vuoi stare 90 metri lontano dal palco puoi farlo lo stesso. Negli USA i posti sono quasi tutti riservati, devi rispettare il posto assegnato sul biglietto, è tutto un po’ più rigido.

Quando suoniamo in Europa e soprattutto in Italia, i fan si scatenano perché possono fare come preferiscono e andare dove vogliono, c’è proprio un’atmosfera più adatta al rock ‘n roll secondo me. Ricordo quando siamo stati in Italia forse tre anni fa, dato che non suoniamo dal vivo da due anni. Sarà un sogno che si avvera di nuovo e, incrociando le dita, saremo di nuovo lì a febbraio.

Per ciò che ne sappiamo, i Judas Priest sono al lavoro su un nuovo album, puoi darci qualche anteprima?

Ehm, no (ride, ndr.)

Onesto

Principalmente perché è un nuovo progetto e non abbiamo ancora un titolo. Non abbiamo ancora iniziato a registrare le parti di batteria. Quando ci dedicheremo a quello e inizieremo a registrarlo seriamente (forse alla fine di quest’anno dopo il tour negli USA), penso che le idee verranno fuori pezzo dopo pezzo per creare titoli di canzoni o dell’album in genere, ma a questo punto non abbiamo ancora nulla.

Posso chiederti almeno se Glenn Tipton è coinvolto in questo nuovo processo?

Sì, ne farà parte. Ci ha raggiunto una sera sul palco al Bloodstock Festival nel Regno Unito un paio di settimane fa. Se riusciamo a venire in Europa in inverno, credo che Glenn proverà ad essere dei nostri per diverse date del tour in quanto è più facile per lui viaggiare in Europa che nel resto degli Stati Uniti. Ci raggiungerà per qualche concerto e sicuramente sarà coinvolto nel progetto.

Recentemente due grandi batteristi ci hanno lasciato, Joey Jordison (ex Slipknot) e Charlie Watts dei Rolling Stones. Hai mai avuto l’occasione di incontrarli?

No, purtroppo. Avrei tanto voluto però. So che i Judas Priest hanno suonato negli stessi festival in cui c’erano anche gli Slipknot. Per esempio eravamo entrambi all OzzFest in America nel 2004 ma eravamo su palchi diversi e non ho mai avuto l’occasione di veder suonare Joey Jordison con gli Slipknot da allora. Certamente sono un grande fan della sua musica e del suo stile batteristico, è quello che chiamo uno delle nuove leve dello stile heavy metal. Ha portato l’heavy metal a un livello superiore ed è diventato più veloce e aggressivo. È stato un batterista davvero fenomenale.
Dall’altra parte dello spettro c’è Charlie Watts, sia per stile di batteria che per età ovviamente. Avevano due stili diversi, cionondimeno è stato un batterista a dir poco fondamentale e influente per il mondo della musica. Non ho mai avuto l’opportunità di incontrarlo ma sembra sia stato un’anima gentile. Il ragazzo perfetto per i Rolling Stones.

Questa era l’ultima domanda, hai qualcosa che vorresti dire ai vostri fan e ai nostri lettori?

Grazie per avermi dato l’opportunità di parlare con voi e non vedo l’ora di farlo di nuovo. Chiunque abbia delle domande può trovarmi su Instagram e Facebook e Twitter. Sono felicissimo di poter tornare in Italia ancora una volta e lasciami dire che le persone da voi sono dei veri fan dell’heavy metal. Quando suoni in Italia sai che il pubblico è sul pezzo, amano i Judas Priest e la musica metal. È sempre divertente essere tra voi.

Grazie Scott e buona fortuna per i tuoi progetti.

Comments are closed.