Ritmi latini contaminati, effetti abbondanti ma ben dosati, voci libere al vento sono le materie prime della ricetta ben riuscita di Lucrecia Dalt. Il 6 Agosto il suo electropop alieno è atterrato tra i sinuosi paesaggi dei monti abruzzesi, regalandoci un’esperienza da togliere il fiato.

La compositrice e sperimentatrice colombiana non tornava in Italia da quando lo scorso novembre Marta Salogni – che il nuovo album l’ha anche mixato – l’ha voluta al Transmissions a presentare “¡Ay!”, uscito il 14 Ottobre, che già dal titolo conferma un desiderio di tornare in modo più deliberato alle sue origini latine dopo aver esplorato a fondo i meandri della musica elettronica.

L’album narra le vicende di Preta, un’entità femminile aliena che sbarca sull’isola di Maiorca e impara cosa significa avere carne ed ossa, cosa vuol dire goderne, ma anche mettendo in discussione i concetti di identità e temporalità lineare e progressiva tanto cari a noi umani. Lucrecia lo fa ripescando e valorizzando le musiche ascoltate durante l’infanzia in Colombia, ma con tutto il gusto della sperimentazione che ha caratterizzato i suoi album precedenti.

Oggi ce ne presenterà una generosa selezione, nell’anfiteatro naturale nel cuore del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga scelto dai ragazzi di Paesaggi Sonori, una realtà che si riconferma decisamente da tenere d’occhio nel vasto panorama dei festival e rassegne musicali italiane.

Il rispetto per il territorio e per chi lo vive quotidianamente sono d’obbligo, e il pubblico non manca di rispondere all’invito con un comportamento irreprensibile: quasi 200 spettatori piazzano i teli nell’ampio e arioso Piano di Fugno, a 1382m s.l.m. nella frazione di Filetto (AQ), nei pressi delle sponde dell’omonimo lago. Qualcuno arriva intorno alle 17 per concedersi la sessione di meditazione, inclusa nel prezzo del biglietto, un modo per aprirsi completamente alla musica, anima e corpo.

Il palco è posizionato in modo da regalare una vista spettacolare sul tramonto dietro le vette: lo scopo è quello di regalare un’esperienza che sia totalizzante per i sensi, in cui le frequenze sonore dialogano con l’ambiente circostante senza sovrastarlo. L’esperimento sembra riuscito, con la complicità di Lucrecia, e infatti tra gli avventori si contano i pastori del luogo, i loro cani che curiosi ma un po’ intimiditi si aggirano tra la folla, greggi al pascolo.

Lucrecia e il suo percussionista, Alex, salgono sul palco in perfetto orario e per tutta la durata del live dimostrano di avere un’incredibile sintonia. Le percussioni, d’altronde, per tutto il live, verranno stravolte e rimaneggiate con sapienza da un set di effetti di tutto rispetto. “Dicen” è introdotta da uno svarione di congas al delay e voci passate al vocoder, uno strumento che Lucrecia sembra prediligere in modo particolare, che le permette di utilizzare la voce come uno strumento ed espanderne le possibilità.

Giusto per ricordarci di dove ci troviamo, il belato corale del gregge poco distante ci regala un momento di ilarità prima che Lucrecia ci metta in contatto con galassie lontane anni luce in “Enviada”, grazie a contrabbassi intensi e dolci clarinetti che sembrano decifrarne i messaggi, seppur nella forma del bolero più classico. “El Galatzò” è il luogo dell’atterraggio, c’è un territorio tutto nuovo da esplorare con gli occhi della meraviglia, e Lucrecia ci accompagna proprio lì dopo i polverosi bassi dub e l’andamento trip hop di “Ser Boca”.

Poi si diverte di nuovo con il vocoder in “La Desmesura”. I suoni organici di clarinetti e trombe volteggiano nell’aria nel pezzo che è tra più sensuali di tutta la setlist, un sòn cubano che ricorda quello tradizionale dei Buena Vista Social Club. Ci sentiamo invece negli anni ‘30 quando un trionfo di voci lamentose al vocoder chiude “No Tiempo” e il suo tappeto di organi liturgici che ci ha condotti in un mondo onirico e pieno di promesse.

Alex può finalmente sfogare un po’ delle tue tante energie in esubero con “Contenida”, in cui le dinamiche crescono fino ad un’esplosione finale. Altro che contenida! Lucrecia prosegue con una traccia del 2012, “Turmoil”, allontanandosi dal tema principale del nuovo lavoro, prima di regalarci una dub version di “Esotro”, condita con synth grezzissimi anni ‘80 e bassi ipnotici rimaneggiati fino a non averne neanche più la parvenza.

Lancia voci in lontananza rispondendo all’encore del pubblico con “Atemporal”, una traccia il cui piano latin dialoga con i suoni metallici della coscienza di Preta, che in questo brano si riconosce nella roccia, un elemento che sembra non essere soggetto alla temporalità sul nostro strambo pianeta

Il live termina così. È bello essere qui, dice Lucrecia, “tutto rimbalza da una parte all’altra, se avete capito cosa intendo”. E anche quest’artista sembra aver colto il senso ultimo della rassegna Paesaggi Sonori, e forse si tratta anche un po’ di deformazione professionale: Lucrecia infatti, prima di darsi completamente alla carriera musicale trasferendosi a Berlino, in terra natìa era ingegnere geotecnico, e di interazioni produttive con il territorio circostante ne sa qualcosa.

Rispondendo ad un paio di domande, una volta scesa dal palco, dice di aver riadattato qualche brano all’ambiente, perché voleva ottenere un effetto più morbido, soffice, qualcosa di più lento, che come una ninna nanna si adagiasse dolcemente sui monti. E l’ambiente, anche stavolta, ha reagito con entusiasmo all’intervento sonoro.

Setlist

Dicen
Enviada
El Galatzò
Ser Boca
La Desmesura
No Tiempo
Contenida
Turmoil
Esotro
Atemporal

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