L’evoluzione, per un musicista, è forse il momento più difficile. Abbandonare la via vecchia per quella nuova, si sa, è sempre un po’ un salto nel buio, soprattutto sapendo che oggi un passo falso può costarti la carriera; tuttavia, se un artista ravvisa l’urgenza di cambiare pelle, non potrà che assecondare questa necessità, con tutti i rischi che ne conseguono. E quando parliamo di artisti che hanno cambiato pelle, non possiamo non parlare di Vegard Sverre Tveitan, in arte Ihsahn.

Il musicista norvegese è oramai prossimo alla pubblicazione del suo ottavo album che, come di consueto, porta in dote una corposa ventata di freschezza nel suo sound, confermando ancora una volta la voglia di alzare in alto l’asticella della qualità. A pochi giorni dalla release di “Ihsahn“, abbiamo avuto modo di scambiare qualche battuta con il suo autore che, ancora una volta, si dimostra un artista di rara umiltà e preparazione, capace di dare il giusto contesto non solo ad un disco complesso, ma anche di definire la sua formazione e che cosa lo spinga a tuffarsi ogni volta nell’ignoto.

“Ihsahan” e… colonne sonore!

Non si poteva non partire dalla genesi di “Ihsahn”, l’ottava fatica in studio dell’artista norvegese, la cui composizione è partita tutta da un unico strumento: il pianoforte. Anche se il musicista, ovviamente, precisa di averlo utilizzato prevalentemente come approccio compositivo, l’intero disco è pervaso dalle atmosfere e dalle sonorità classiche che praticamente chiunque ricollega a questo strumento.

Lo stesso Ihsahn ha definito questo suo album come il più complesso che egli abbia mai realizzato e, come scoprirete di qui a qualche giorno, c’è assolutamente da credergli. Ascoltando l’album omonimo, è quasi possibile discernere due anime: una più legata al black metal ed un’altra, invece, che affonda le sue radici nella musica classica più wagneriana. Sarà forse per questo che il compositore norvegese ha deciso di pubblicare questo suo disco in due versioni: una “standard” ed un’altra interamente orchestrale. Tuttavia, queste contaminazioni sono da sempre un suo marchio di fabbrica e, come da lui dichiarato: “Sono sempre stato affascinato dalla musica classica e dalle colonne sonore, sin da quando ho composto i miei primi pezzi black metal. [Sono affascinato ndr] soprattutto dalle colonne sonore horror, ma anche da autori come Danny Elfman, i cui lavori erano sempre molto atmosferici“.

Ihsahn continua dichiarando di aver sempre voluto portare queste atmosfere cinematografiche all’interno della sua musica, se non addirittura una vera e propria storia, realizzando così una colonna sonora immaginaria, in cui le musiche descrivono le azioni compiute dal protagonista.

Continuando a parlare di complessità sonora, è praticamente impossibile non soffermarsi su alcuni pezzi dell’album che testimoniano la poliedricità di un artista capace di sorprendere sempre l’ascoltatore. Nel momento in cui gli viene chiesto quale sia l’emozione che lo ha guidato nella composizione dell’album, Ihsahn ci espone la sua volontà di mettere in piedi una storia che, più che attingere dalla sfera personale, sviluppasse una narrativa concettuale: “Volevo che fosse tutto molto concettuale, come ‘Seventh Son of A Seventh Son’ degli Iron Maiden o un disco di King Diamond. Volevo che fossero presenti la tragedia, l’amore, l’hybris nella loro forma più archetipica“. Queste emozioni fanno parte delle nostre vite e chiunque può dire di averle vissute almeno una volta, e la musica ci consente di tuffarci al loro interno, vivendo le varie fasi della storia che Ihsahn vuole narrarci.

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Uno sguardo al passato…

Che siate fan della prima ora, giornalisti in erba in trepidante attesa alla transenna di un festival, fotografi che hanno atteso anni (reflex in mano) per immortalarlo, dire Ihsahn significa dire Emperor, e dire Emperor significa dire black metal; da qui non si scappa. Tuttavia, è altrettanto innegabile che l’artista che con cui ci siamo trovati oggi a parlare abbia compiuto una notevole strada rispetto a quello che, nel 1994, contribuì a gettare le basi di un genere come quello menzionato in precedenza. Stando alle parole del musicista, la molla che spinge all’evoluzione si cela all’interno di un singolo concetto: la curiosità. È questo stimolo che lo ha portato a sperimentare nuove sonorità, spingendosi sempre ai confini delle proprie conoscenze ed a tuffarsi a capofitto nell’ignoto. Quanto ora descritto, ovviamente, è tanto spaventoso quanto eccitante, e questa eccitazione è l’ingrediente fondamentale per procedere alla stesura di un album.

Spostandoci sul già menzionato black metal, Ihsahn è d’accordo nell’affermare che parte di quel movimento musicale sia rimasto ancorato fermo agli standard degli anni ’90. “Se sei particolarmente legato ad un whisky o ad una birra, non vorrai mai cambiare il suo sapore con un altro.” L’artista dichiara che non c’è assolutamente niente di male nell’essere nostalgici, ma semplicemente che questo non si sposa con la sua necessità di sperimentare, presente sin dall’età di 16 anni. Il black metal, continua, è stato per lui un’enorme scoperta, che lo ha portato ad esplorare nuovi territori musicali, facendogli vivere una grandissima avventura e soddisfacendo la sua curiosità.

Non era possibile, ovviamente, non spendere qualche parola su “In The Nightside Eclipse”. “Per me è stata una grandissima esperienza, perché eravamo veramente molto giovani. È stato mettere insieme vecchie idee (presenti nelle demo ndr) e nuove idee, è stato in un qualche modo il nostro vero primo album. Entrare in studio e riunire tutti i pezzi è stata un’enorme esperienza“.

Ihsahn si sofferma brevemente anche su tutto ciò che il Black Metal ha significato, nel bene e nel male. Determinati aspetti della scena degli anni ’90 sono fortunatamente scomparsi, ma l’artista li ricollega tanto alla giovanissima età di gran parte dei suoi componenti, quanto alla decadenza ed alla tragedia che appartengono a praticamente ogni essere umano e che, alla fine della fiera, arrivano a definire chi si è veramente.

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… ed un altro al futuro!

Un altro degli aspetti peculiari della carriera di Ihsahn consiste proprio nelle collaborazioni con un elevato numero di artisti, sia metal che non. Alla nostra domanda riguardante un suo desiderio per un eventuale futuro featuring, l’autore non si sbilancia, mettendo il progetto musicale prima di ogni altra cosa: “Dipende dal progetto che c’è alla base. È come uno scambio tra amici, qualcosa di creativo più che di lavoro, forse dall’esterno può sembrare un affratellamento tra persone famose che si fanno un piacere, ma per me è tutto un momento creativo. Non c’è qualcuno in particolare a cui sto pensando, ma mi piacerebbe approfondire il mondo delle colonne sonore“.

Una chiosa finale non può che guardare al futuro. Se questo “Ihsahn” è il suo lavoro più complesso e stratificato, viene quasi in automatico chiedersi quale possa essere il prossimo passo di un artista che rifugge il concetto di appagamento: “Sto provando ad immaginarlo ora, ma è troppo presto per dirlo […] ho 48 anni, ho imparato tanto dalle mie esperienze di musicista, sono alla ricerca di un nuovo stimolo che possa spingermi ancora oltre nella mia ricerca musicale“.

L’impressione complessiva che chi vi scrive ha avuto è quella di trovarsi davanti un musicista perfettamente consapevole di ciò che può e sa fare, con lo sguardo proiettato al futuro e che si trova esattamente dove desidera trovarsi in questa fase della sua carriera. Non possiamo, quindi, che rimandarvi alla nostra recensione di “Ihsahn”, così da condividere con voi un viaggio musicale che, vi anticipiamo, avrà pochi eguali.

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